martedì, novembre 27, 2007
La denuncia: oppioidi, Italia ultima nell’Ue. Lo specialista: "non curare la sofferenza è come torturare".

MILANO—«La tragica condizione in cui versa la terapia del dolore in Italia è paragonabile alla tortura per omissione». La denuncia è di Costantino Benedetti (nella foto), docente di Anestesiologia e terapia del dolore della Ohio State University di Columbus. «Cervello» italiano da oltre 30 anni negli Stati Uniti dove è stato allievo del «padre» della moderna terapia del dolore, Giovanni Bonica, altro italiano (la sua famiglia si trasferì da Filicudi negli States quando lui aveva 7 anni). Bonica è morto nel 1994.
Benedetti ha proseguito la sua opera, restando attento osservatore di quanto «non si faceva » in Italia. «Umberto Veronesi — dice —, da ministro, si è impegnato a rimuovere alcune importanti barriere che sembravano impedire ai medici di prescrivere con facilità gli oppioidi, i farmaci morfino-simili più efficaci per la terapia del dolore intenso. Sono ormai passati sette anni e l’Italia resta ultima in Europa nell’uso di questi farmaci». Pur essendo terza per la prevalenza del dolore cronico (26% su 75 milioni di europei) e prima per il dolore cronico severo (un italiano su 4). Si soffre senza le giuste cure? Lo dicono i dati più recenti (fonte: Centro studi Mundipharma): in Italia la spesa media pro-capite annua dei maggiori oppioidi utilizzati nella lotta alla sofferenza (morfina, ossicodone, tilidina, fentanil, idromorfone e buprenorfina) risulta pari a 0,52 euro, contro i 7,25 e i 7,14 di Germania e Danimarca.

Nel resto dei Paesi europei censiti, la spesa media si aggira attorno ai 3 euro e il nostro Paese risulta ben distaccato rispetto alle realtà immediatamente precedenti: Olanda 2,47 euro, Belgio 2,38 e Francia 2,36. Una recente analisi dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sottolinea come nel 2004 l’uso di morfina annuale pro capite in Italia era di 5,32 milligrammi, mentre in Austria era di 115,71. Ancora più allarmanti sono i numeri che snocciola Benedetti: «Nel 2005 in Italia si sono consumate 22 milioni di dosi di oppioidi. Insufficienti. Le linee-guida sulla terapia del dolore sostengono che un paziente con dolori continui ed intensi, come quelli da tumore, necessita di almeno una dose di oppioidi al giorno. Totale: 365 dosi per paziente all’anno».

Calcolatrice alla mano, 22milioni di dosi servono per controllare il dolore di 60 mila pazienti. Ma in Italia ogni anno muoiono di cancro oltre 150 mila malati. «E più del 70% di loro soffre dolori incoercibili », dice Benedetti. I conti non tornano. «Qualcuno non riceve morfina — risponde Benedetti —. E parliamo solo dei malati oncologici terminali». Insomma, circa 90 mila pazienti nel 2005 sarebbero morti senza un’adeguata cura anti-dolore. Benedetti scuote la testa: «I conti non tornano». Se poi al dolore oncologico si aggiunge quello cronico di qualsiasi intensità e natura, il numero dei sofferenti—dicono le statistiche — oscilla tra il 15 ed il 25% della popolazione. Secondo l’università dell’Ohio, il 10% della popolazione soffre di dolori cronici intensi.

Calcola Benedetti: «Circa sei milioni di italiani. Di conseguenza, in base al consumo di oppioidi nel 2005, si può affermare che ad ogni paziente italiano con dolori intollerabili è stata somministrata, in media, una dose di oppioide ogni tre mesi. Altro che giornaliera ». Tutto ciò è etico? «E’ etico omettere la corretta terapia? In tutte le nazioni civili neppure il peggiore dei criminali viene sottoposto alla tortura. E un dolore intollerabile causato da una malattia, e non trattato, equivale ad una tortura continua». Benedetti conclude citando Primo Levi: «Se sappiamo che il dolore e la sofferenza possono essere alleviati e noi non facciamo nulla, noi stessi siamo dei carnefici».

Note dolenti. Ma c’è n’è una anche positiva. Arriva da Pisa. Si tratta di un test del sangue che misura la soglia del dolore individuale e come ognuno risponde ai farmaci. L’hanno messo a punto Paolo Poli, direttore dell’unità di terapia del dolore, e Paolo Barale, genetista. «Semplice quanto efficace — spiega Poli —: un normale esame del sangue consente d’identificare la risposta genetica personalizzata alla terapia farmacologia. Un risultato che emerge dopo tre anni di studi e ricerche su 300 pazienti (40% oncologici, 60% non oncologici ed afflitti da patologie comuni come il mal di schiena, dolori artrosici). L’indagine riguarda in particolare l’impiego della morfina e permette di quantizzare la dose trasportata, tramite una proteina, al suo specifico recettore cellulare. Si può ottenere così la massima efficacia con il minimo di farmaco». La scoperta è pubblicata su Clinical Pharmacology and Therapeutics.

Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa