martedì, novembre 06, 2007

di Valeria Confalonieri, Peace Repoter

Strumenti utilizzati nelle missioni nello spazio potrebbero aiutare per la tubercolosi. Casi in aumento in Uganda

Arrivare in tempi rapidi a una diagnosi. E’ uno degli obiettivi per la tubercolosi, che permetterebbe di iniziare al più presto la terapia, curando il malato e limitando la diffusione del batterio. Una nuova possibilità sembra venire dallo spazio: la tecnologia utilizzata da missioni spaziali per rilevare le caratteristiche chimiche di ciò che incontrano durante i loro viaggi potrebbe rivelarsi una risorsa per la diagnosi di tubercolosi.

Un laboratorio di ricerca da Marte ai paesi poveri. La struttura del micobatterio, responsabile della malattia, ha infatti caratteristiche chimiche che lo rendono identificabile da spettromentri di massa, strumenti utilizzati anche nella missione Beagle 2 che cercava forme di vita su Marte. E le dimensioni ridotte richieste agli strumenti utilizzati nelle missioni spaziali renderebbero questi strumenti adatti all’utilizzo anche in paesi poveri, dove è diffusa la tubercolosi e dove la diagnosi al momento richiede indagini al microscopio su campioni di sputo del paziente; indagini la cui realizzazione può essere complessa e che possono non arrivare alla diagnosi in oltre la metà dei casi. La ricerca di nuovi mezzi di diagnosi della tubercolosi rappresenta dunque un punto importante per contrastarne la diffusione, mezzi che permettano una diagnosi sicura e in tempi brevi, in contesti con risorse limitate. Le potenzialità dello spettrometro ‘spaziale’ per la tubercolosi verranno inizialmente valutate in Gran Bretagna dalla fine del 2007 o l’inizio del 2008, mentre più avanti è previsto l’invio di due spettrometri in Zimbabwe.

Farmaci in difficoltà in Uganda.
Mentre si aspettano al più presto i risultati sui diversi settori della ricerca, un allarme tubercolosi arriva dall’Uganda, dove sarebbero in aumento in casi resistenti alle terapie in diversi distretti del Paese. Nei giorni scorsi un gruppo di infermiere dell’Associazione nazionale dell’Uganda di infermiere e ostetriche ha seguito in Kenya, a Nairobi, un corso proprio per la gestione dei pazienti con tubercolosi che non rispondono ai trattamenti. Non è ancora noto se i casi in questione rientrino nella classificazione delle forme multiresistenti, sulle quali non sono efficaci i farmaci classicamente usati, o
addirittura XDR, con resistenza estrema, in cui falliscono anche alcune medicine cosiddette di seconda linea. Le forme XDR erano state segnalate in particolare oltre un anno fa in Sudafrica (a Kwalazulu-Natal), con un numero alto di morti fra i pazienti con Hiv. Forme di tubercolosi che non risponde alla terapia sono segnalate in diversi Paesi nel mondo (37) e anche in Italia, fra il 2003 e il 2006, vi sono stati oltre 80 casi di MDR e 8 di XDR. Prima dell’estate aveva avuto risonanza il caso di una persona con la forma XDR, che aveva viaggiato in aereo dagli Stati Uniti in Europa.

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