di Matteo Fagotto, Peace Reporter
Esercito e ribelli dell'Onlf si accusano a vicenda per i massacri in Ogaden
Che a compierli siano state le Forze Armate etiopi oppure i ribelli dell'Ogaden National Liberation Front, poco importa. Fatto sta che, negli ultimi mesi, la recrudescenza del conflitto nell'Ogaden, la regione orientale etiope abitata in maggioranza da somali, ha portato alla morte di un alto numero di civili. Impossibile avere stime attendibili, visto che la zona è interdetta alla maggior parte degli operatori umanitari e dei giornalisti. Ma i profughi che abbandonano il Paese per rifugiarsi nei campi del Kenya settentrionale raccontano di attacchi ai villaggi, stupri etnici e massacri sistematici.
Guerra. Rimasta a bassa intensità per anni, la guerra nell'Ogaden ha conosciuto un'improvvisa impennata ad aprile, a séguito di un attacco degli uomini dell'Onlf a una installazione petrolifera cinese che provocò la morte di 74 persone. Da allora, l'esercito ha lanciato una vasta offensiva per sconfiggere i ribelli, che dal 1984 chiedono l'autodeterminazione per i somali che abitano la regione. Esercito e Onlf ogni settimana emettono comunicati stampa in cui dichiarano di aver ucciso centinaia di nemici, smentendo l'uno i bilanci dell'altro: la scorsa settimana, le Forze Armate etiopi avevano reso noto di aver ucciso almeno cento ribelli, mentre i ribelli avevano dichiarato di aver eliminato circa 700 soldati.
L'unica cosa sicura, confermata da fonti diplomatiche ad Addis Abeba contattate da alcune agenzie di stampa internazionali, è l'escalation del conflitto: l'esercito avrebbe trasportato in Ogaden l'artiglieria pesante e alcuni elicotteri d'assalto, che i ribelli sostengono siano stati usati per bombardare alcuni civili nei pressi di un pozzo lo scorso fine settimana.
L'assistenza alle vittime rimane proibitiva, nonostante un recente accordo tra governo e Nazioni Unite che permetterà al personale dell'Onu di fornire aiuti, i quali compenseranno in parte le recenti espulsioni dalla regione della Croce Rossa Internazionale e di Medici senza Frontiere.
Abusi. Ma se è estremamente difficile far luce nella cortina di fumo delle accuse reciproche, le testimonianze dei profughi che fuggono dal conflitto non lasciano spazio a dubbi: ospitati principalmente nel campo di Dadaab, nel Kenya settentrionale, i civili dell'Ogaden raccontano di attacchi sistematici contro i villaggi (colpiti fino a dieci volte di séguito), di stupri, di sparizioni di civili e di esecuzioni sommarie di uomini, soprattutto tramite impiccagione. Abusi commessi per la maggior parte, sempre secondo le testimonianze, dai soldati etiopi, che accuserebbero i civili di connivenza coi ribelli, arrivando fino a bruciare, radendoli al suolo, interi centri abitati. Fatti smentiti dalle autorità etiopi, che bollano i ribelli come “terroristi” e li accusano di fabbricare false informazioni per nascondere i loro abusi contro i civili.
Fuga. repubblica del Quale che sia la verità, i numeri parlano chiaro: solo ad ottobre, sono stati almeno 1.500 i rifugiati dell'Ogaden arrivati in Kenya, ai quali vanno aggiunti quelli finiti nell'autoproclamataSomaliland e nella vicina Somalia. Molti sarebbero stati costretti a fuggire non solo per le violenze, ma per la mancanza nella regione di generi di prima necessità, causata da un blocco delle importazioni da parte del governo, sempre stando a quanto riferito dai rifugiati. E, se le previsioni degli analisti dovessero rivelarsi esatte, la guerra nell'Ogaden potrebbe conoscere a breve un nuovo peggioramento. Lontano dalle telecamere.
Esercito e ribelli dell'Onlf si accusano a vicenda per i massacri in Ogaden
Che a compierli siano state le Forze Armate etiopi oppure i ribelli dell'Ogaden National Liberation Front, poco importa. Fatto sta che, negli ultimi mesi, la recrudescenza del conflitto nell'Ogaden, la regione orientale etiope abitata in maggioranza da somali, ha portato alla morte di un alto numero di civili. Impossibile avere stime attendibili, visto che la zona è interdetta alla maggior parte degli operatori umanitari e dei giornalisti. Ma i profughi che abbandonano il Paese per rifugiarsi nei campi del Kenya settentrionale raccontano di attacchi ai villaggi, stupri etnici e massacri sistematici.
Guerra. Rimasta a bassa intensità per anni, la guerra nell'Ogaden ha conosciuto un'improvvisa impennata ad aprile, a séguito di un attacco degli uomini dell'Onlf a una installazione petrolifera cinese che provocò la morte di 74 persone. Da allora, l'esercito ha lanciato una vasta offensiva per sconfiggere i ribelli, che dal 1984 chiedono l'autodeterminazione per i somali che abitano la regione. Esercito e Onlf ogni settimana emettono comunicati stampa in cui dichiarano di aver ucciso centinaia di nemici, smentendo l'uno i bilanci dell'altro: la scorsa settimana, le Forze Armate etiopi avevano reso noto di aver ucciso almeno cento ribelli, mentre i ribelli avevano dichiarato di aver eliminato circa 700 soldati.
L'unica cosa sicura, confermata da fonti diplomatiche ad Addis Abeba contattate da alcune agenzie di stampa internazionali, è l'escalation del conflitto: l'esercito avrebbe trasportato in Ogaden l'artiglieria pesante e alcuni elicotteri d'assalto, che i ribelli sostengono siano stati usati per bombardare alcuni civili nei pressi di un pozzo lo scorso fine settimana.
L'assistenza alle vittime rimane proibitiva, nonostante un recente accordo tra governo e Nazioni Unite che permetterà al personale dell'Onu di fornire aiuti, i quali compenseranno in parte le recenti espulsioni dalla regione della Croce Rossa Internazionale e di Medici senza Frontiere.
Abusi. Ma se è estremamente difficile far luce nella cortina di fumo delle accuse reciproche, le testimonianze dei profughi che fuggono dal conflitto non lasciano spazio a dubbi: ospitati principalmente nel campo di Dadaab, nel Kenya settentrionale, i civili dell'Ogaden raccontano di attacchi sistematici contro i villaggi (colpiti fino a dieci volte di séguito), di stupri, di sparizioni di civili e di esecuzioni sommarie di uomini, soprattutto tramite impiccagione. Abusi commessi per la maggior parte, sempre secondo le testimonianze, dai soldati etiopi, che accuserebbero i civili di connivenza coi ribelli, arrivando fino a bruciare, radendoli al suolo, interi centri abitati. Fatti smentiti dalle autorità etiopi, che bollano i ribelli come “terroristi” e li accusano di fabbricare false informazioni per nascondere i loro abusi contro i civili.
Fuga. repubblica del Quale che sia la verità, i numeri parlano chiaro: solo ad ottobre, sono stati almeno 1.500 i rifugiati dell'Ogaden arrivati in Kenya, ai quali vanno aggiunti quelli finiti nell'autoproclamataSomaliland e nella vicina Somalia. Molti sarebbero stati costretti a fuggire non solo per le violenze, ma per la mancanza nella regione di generi di prima necessità, causata da un blocco delle importazioni da parte del governo, sempre stando a quanto riferito dai rifugiati. E, se le previsioni degli analisti dovessero rivelarsi esatte, la guerra nell'Ogaden potrebbe conoscere a breve un nuovo peggioramento. Lontano dalle telecamere.
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