Forti della testimonianza di Papa Wojtyla, difendiamo sempre la vita specie degli anziani e dei malati: così, Benedetto XVI alla Conferenza internazio
da Radio Vaticana
Difendere con coraggio il primato della vita e la dignità della persona umana, soprattutto se anziana e malata: è l’appello levato da Benedetto XVI nel discorso di stamani ai partecipanti alla XXII Conferenza internazionale del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari sul tema “La pastorale nella cura dei malati anziani”. Il Papa ha anche ricordato l’esempio del suo amato predecessore, Giovanni Paolo II, che negli anni della malattia ha sempre esortato i medici a non cedere mai alla tentazione dell’eutanasia. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dal cardinale Javier Lozano Barragán, presidente del dicastero vaticano.
Il servizio di Alessandro Gisotti:
Un appassionato discorso in difesa della vita, soprattutto quando l’avanzare dell’età e le malattie la rendono più fragile: Benedetto XVI ha esortato gli scienziati e i medici come anche i politici a non dimenticare che “la tentazione dell’eutanasia appare come uno dei sintomi più allarmanti della cultura della morte, che avanza soprattutto nelle società del benessere”.
Il Santo Padre ha usato le parole di Giovanni Paolo II nell’Evangelium vitae e, proprio all’esempio offerto da Papa Wojtyla di fronte alla sofferenza, ha voluto dedicare un passaggio forte del suo intervento:
"In più occasioni, il venerato mio predecessore Giovanni Paolo II, che specialmente durante la malattia ha offerto un’esemplare testimonianza di fede e di coraggio, ha esortato gli scienziati e i medici ad impegnarsi nella ricerca per prevenire e curare le malattie legate all’invecchiamento, senza mai cedere alla tentazione di ricorrere a pratiche di abbreviamento della vita anziana e ammalata, pratiche che risulterebbero essere di fatto forme di eutanasia".
Tale dovere, ha aggiunto, “tocca anche agli operatori sanitari” che devono farsi “ministri della vita in tutte le sue fasi” specie in quelle segnate dall’infermità. “Occorre un generale impegno – è stata la sua esortazione – perché la vita umana sia rispettata non solo negli ospedali cattolici, ma in ogni luogo di cura”. Il Papa si è soffermato sulla cura dei malati anziani. L’anzianità, ha rilevato, ha fasi distinte con luci e ombre che suscitano alcune domande. Ci si chiede, ha detto, “se ha ancora senso l’esistenza di un essere umano che versa in condizioni assai precarie, perché anziano e malato”. E ancora, ha proseguito, ci si domanda “se, quando la sfida della malattia si fa drammatica”, non sia il caso di accettare “l’eutanasia come una liberazione”, piuttosto che “continuare a difendere la vita”. Interrogativi ai quali il cristiano non può sottrarsi:
"Con queste domande deve misurarsi chi è chiamato ad accompagnare gli anziani ammalati, specialmente quando sembrano non avere più possibilità di guarigione. L’odierna mentalità efficientista tende spesso ad emarginare questi nostri fratelli e sorelle sofferenti, quasi fossero soltanto un 'peso' ed 'un problema' per la società. Chi ha il senso della dignità umana sa che essi vanno, invece, rispettati e sostenuti mentre affrontano serie difficoltà legate al loro stato".
E’ giusto, ha detto Benedetto XVI, “che si ricorra pure, quando è necessario, all’utilizzo di cure palliative, le quali, anche se non possono guarire, sono in grado però di lenire le pene che derivano dalla malattia”. Tuttavia, è stato il suo richiamo, “accanto alle indispensabili cure cliniche, occorre mostrare una concreta capacità di amare, perché i malati hanno bisogno di comprensione, di conforto e di costante incoraggiamento e accompagnamento”:
"Gli anziani, in particolare, devono essere aiutati a percorrere in modo consapevole ed umano l’ultimo tratto dell’esistenza terrena, per prepararsi serenamente alla morte, che - noi cristiani lo sappiamo - è transito verso l’abbraccio del Padre celeste, pieno di tenerezza e di misericordia".
Il Santo Padre non ha mancato di mettere l’accento sul ruolo della famiglia nella cura degli anziani. E’ importante, ha affermato, che “gli anziani ammalati possano trascorrere l’ultimo periodo della vita nella loro casa e prepararsi alla morte in un clima di calore familiare”. D’altro canto, ha aggiunto, anche quando si rendesse necessario il ricovero in strutture sanitarie, non deve mai venire meno “il legame del paziente con i suoi cari”. Nei momenti più difficili, ha poi sottolineato, il malato sia “incoraggiato a trovare la forza per affrontare la sua dura prova nella preghiera e col conforto dei Sacramenti”. Il malato sia circondato dai fratelli, è stato l’invito del Santo Padre, “è questo, in verità, il vero obiettivo della cura pastorale delle persone anziane”. Quindi, ha ribadito che per i cristiani è la fede in Cristo ad illuminare la malattia come ogni altro evento dell’esistenza. Morendo sulla croce, ha detto il Papa, Gesù “ha dato alla sofferenza umana un valore e un significato trascendenti”:
"Dinanzi alla sofferenza e alla malattia i credenti sono invitati a non perdere la serenità, perché nulla, nemmeno la morte, può separarci dall’amore di Cristo. In Lui e con Lui è possibile affrontare e superare ogni prova fisica e spirituale e, proprio nel momento di maggiore debolezza, sperimentare i frutti della Redenzione".
E’ il Signore, ha concluso, che “trasforma l’esistenza dando senso salvifico anche alla malattia ed alla morte”. Di qui, l’esortazione agli operatori sanitari e a tutti i fedeli ad impegnarsi sempre “a diffondere il vangelo della vita”.
Difendere con coraggio il primato della vita e la dignità della persona umana, soprattutto se anziana e malata: è l’appello levato da Benedetto XVI nel discorso di stamani ai partecipanti alla XXII Conferenza internazionale del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari sul tema “La pastorale nella cura dei malati anziani”. Il Papa ha anche ricordato l’esempio del suo amato predecessore, Giovanni Paolo II, che negli anni della malattia ha sempre esortato i medici a non cedere mai alla tentazione dell’eutanasia. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dal cardinale Javier Lozano Barragán, presidente del dicastero vaticano.
Il servizio di Alessandro Gisotti:
Un appassionato discorso in difesa della vita, soprattutto quando l’avanzare dell’età e le malattie la rendono più fragile: Benedetto XVI ha esortato gli scienziati e i medici come anche i politici a non dimenticare che “la tentazione dell’eutanasia appare come uno dei sintomi più allarmanti della cultura della morte, che avanza soprattutto nelle società del benessere”.
Il Santo Padre ha usato le parole di Giovanni Paolo II nell’Evangelium vitae e, proprio all’esempio offerto da Papa Wojtyla di fronte alla sofferenza, ha voluto dedicare un passaggio forte del suo intervento:
"In più occasioni, il venerato mio predecessore Giovanni Paolo II, che specialmente durante la malattia ha offerto un’esemplare testimonianza di fede e di coraggio, ha esortato gli scienziati e i medici ad impegnarsi nella ricerca per prevenire e curare le malattie legate all’invecchiamento, senza mai cedere alla tentazione di ricorrere a pratiche di abbreviamento della vita anziana e ammalata, pratiche che risulterebbero essere di fatto forme di eutanasia".
Tale dovere, ha aggiunto, “tocca anche agli operatori sanitari” che devono farsi “ministri della vita in tutte le sue fasi” specie in quelle segnate dall’infermità. “Occorre un generale impegno – è stata la sua esortazione – perché la vita umana sia rispettata non solo negli ospedali cattolici, ma in ogni luogo di cura”. Il Papa si è soffermato sulla cura dei malati anziani. L’anzianità, ha rilevato, ha fasi distinte con luci e ombre che suscitano alcune domande. Ci si chiede, ha detto, “se ha ancora senso l’esistenza di un essere umano che versa in condizioni assai precarie, perché anziano e malato”. E ancora, ha proseguito, ci si domanda “se, quando la sfida della malattia si fa drammatica”, non sia il caso di accettare “l’eutanasia come una liberazione”, piuttosto che “continuare a difendere la vita”. Interrogativi ai quali il cristiano non può sottrarsi:
"Con queste domande deve misurarsi chi è chiamato ad accompagnare gli anziani ammalati, specialmente quando sembrano non avere più possibilità di guarigione. L’odierna mentalità efficientista tende spesso ad emarginare questi nostri fratelli e sorelle sofferenti, quasi fossero soltanto un 'peso' ed 'un problema' per la società. Chi ha il senso della dignità umana sa che essi vanno, invece, rispettati e sostenuti mentre affrontano serie difficoltà legate al loro stato".
E’ giusto, ha detto Benedetto XVI, “che si ricorra pure, quando è necessario, all’utilizzo di cure palliative, le quali, anche se non possono guarire, sono in grado però di lenire le pene che derivano dalla malattia”. Tuttavia, è stato il suo richiamo, “accanto alle indispensabili cure cliniche, occorre mostrare una concreta capacità di amare, perché i malati hanno bisogno di comprensione, di conforto e di costante incoraggiamento e accompagnamento”:
"Gli anziani, in particolare, devono essere aiutati a percorrere in modo consapevole ed umano l’ultimo tratto dell’esistenza terrena, per prepararsi serenamente alla morte, che - noi cristiani lo sappiamo - è transito verso l’abbraccio del Padre celeste, pieno di tenerezza e di misericordia".
Il Santo Padre non ha mancato di mettere l’accento sul ruolo della famiglia nella cura degli anziani. E’ importante, ha affermato, che “gli anziani ammalati possano trascorrere l’ultimo periodo della vita nella loro casa e prepararsi alla morte in un clima di calore familiare”. D’altro canto, ha aggiunto, anche quando si rendesse necessario il ricovero in strutture sanitarie, non deve mai venire meno “il legame del paziente con i suoi cari”. Nei momenti più difficili, ha poi sottolineato, il malato sia “incoraggiato a trovare la forza per affrontare la sua dura prova nella preghiera e col conforto dei Sacramenti”. Il malato sia circondato dai fratelli, è stato l’invito del Santo Padre, “è questo, in verità, il vero obiettivo della cura pastorale delle persone anziane”. Quindi, ha ribadito che per i cristiani è la fede in Cristo ad illuminare la malattia come ogni altro evento dell’esistenza. Morendo sulla croce, ha detto il Papa, Gesù “ha dato alla sofferenza umana un valore e un significato trascendenti”:
"Dinanzi alla sofferenza e alla malattia i credenti sono invitati a non perdere la serenità, perché nulla, nemmeno la morte, può separarci dall’amore di Cristo. In Lui e con Lui è possibile affrontare e superare ogni prova fisica e spirituale e, proprio nel momento di maggiore debolezza, sperimentare i frutti della Redenzione".
E’ il Signore, ha concluso, che “trasforma l’esistenza dando senso salvifico anche alla malattia ed alla morte”. Di qui, l’esortazione agli operatori sanitari e a tutti i fedeli ad impegnarsi sempre “a diffondere il vangelo della vita”.
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