giovedì, novembre 08, 2007




Sono passati anni e, malgrado le promesse del governo israeliano, sacerdoti e suore che escono da Israele per far ritorno continuano ad aver bisogno di un nuovo visto di ingresso da parte di un consolato israeliano, che ottengono con grosse difficoltà e che comunque impone mesi di esasperante attesa per il disbrigo delle pratiche. I responsabili ecclesiastici di Terra Santa hanno preferito evitare proteste pubbliche, cercando invece di ottenere un mutamento di linea tramite negoziati discreti con le autorità civili competenti. Sulla questione Luca Collodi ha intervistato padre David Maria Jaeger, giurista francescano, appartenente alla Custodia di Terra Santa:


R. – Il problema dei visti e dei permessi di soggiorno sta attraversando l’ennesima crisi. Ogni volta i ritardi, i dinieghi, causano enormi problemi alla pastorale, al funzionamento della Chiesa. Il problema di fondo è che in Israele non c’è nessuna normativa per il rilascio dei permessi di ingresso e di soggiorno, eccetto quello che ti dice il funzionario del giorno allo sportello. Invece ci vuole che ci siano norme che permettano alla Chiesa di programmare ragionevolmente chi possa essere ammesso, come e quando. Nell’accordo fondamentale con la Santa Sede del ’93, sarebbe stato previsto in linea di massima il diritto della Chiesa a dispiegare il proprio personale nelle proprie istituzioni. Risulterebbe un impegno comune di negoziare un patto circa questa normativa e questo impegno è stato esplicitato tra le parti già nel marzo del ’94. Risulta che c’era un accordo procedurale di negoziare precisamente un patto sulle norme per il rilascio di questi permessi. Il che fino ad oggi non è avvenuto.



D. – Al momento, la situazione praticamente come si svolge sul campo? Un sacerdote che si deve muovere cosa fa?

R. – Attualmente ci sono molti che attendono il rilascio dei visti. In casa mia c’è un sacerdote siro-cattolico, destinato alla cura pastorale dei siri-cattolici di Gerusalemme. E’ l’unico sacerdote abilitato al rito che vive lì, ma invece lui non può partire per Israele perché non ha ricevuto il visto e non c'è nessuna indicazione se lo riceverà, quando lo riceverà e come o che cosa dovrebbe ancora fare per riceverlo. Ci sono anche altri, molti dei quali hanno ricevuto il visto per un solo anno o un solo ingresso. Per esempio, se devono lasciare il Paese non possono rientrare, se non avendo fatto una nuova domanda.


Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa