di Fabio Vitucci
Un manager raccoglie in un libro le immagini scattate durante un viaggio in solitaria. E devolve i fondi in beneficenza.
Cristiano Paladini fa il manager. Lavora per una multinazionale che si occupa di consulenze. A un certo punto della sua vita, però, ha deciso di mollare per qualche mese la carriera, è partito dalla sua casa romana con il fuoristrada e si è messo a scavare pozzi in Africa. Con la macchina fotografica. Come c'è riuscito? Gli è bastato raccogliere le immagini scattate durante il suo viaggio in solitaria verso il Golfo di Guinea in un libro, "Il colore del nero", e devolvere tutti i ricavati all'organizzazione "Bambini nel Deserto".
La raccolta di foto si è così trasformata in una serie di progetti per l'Africa sub-sahariana. Clic: sei pozzi d'acqua nelle regioni più remote e arse del Burkina Faso, del Mali e del Niger. Clic: un barrage per la creazione di un bacino di irrigazione nei villaggi di Bassi e Zanga (sempre in Burkina Faso). Clic: un'ambulanza attrezzata per portare soccorso nelle zone sabbiose del Niger. Clic: attrezzatura e bagni per la scuola di Tadonta, in Benin. Clic: banchi, sedie, materiale didattico e lezioni serali per le scuole dei due villaggi El Ghoudia in Mauritania.
«Tutto è nato come una specie di sfida» racconta Paladini. «Ero stato in quei posti come turista, ma volevo conoscerli più a fondo. Per questo ho contattato "Bambini nel deserto": avevo visto le loro macchine in quelle zone e avevo capito che si tratta di un'associazione umanitaria piccola ma molto concreta. Come piace a me. La mia proposta era quella di andare a vedere se c'era la possibilità di realizzare nuovi progetti in quelle zone». E così è stato: il manager ha offerto le sue "consulenze" agli abitanti del deserto. E non solo. «Ho raggiunto zone lontane dall'asfalto, in posti infami, dove di solito non arriva nessuno. Mi sono fermato anche per settimane in alcuni villaggi. Ho vissuto con la gente del posto, mangiato nei loro piatti. Sono stato due mesi e mezzo in Mali e non ho mai pagato per dormire».
In Benin, Paladini è stato iniziato al voodoo. «Ho imparato a fare i loro saluti e ho assistito a tutte le cerimonie - racconta in una delle molte e-mail spedite dall'Africa - Scalzo e con un panno rituale attorno alla vita. Un giorno vengono da me per dirmi che mi portano a vedere il Re. Io non sapevo neanche dell'esistenza del Re, visto che il Benin è una Repubblica. Veniamo ricevuti nel Palazzo Reale, io seduto su una poltrona a destra del Re, lasciandone una vuota, perché nessuno può sedersi accanto al Re, tutti gli altri seduti per terra. E vengo invitato, tramite il Capovillaggio, a partecipare alla festa voodoo che si sarebbe svolta l'indomani nel Palazzo Reale. La sera stessa il Grande Sacerdote mi ha prospettato la possibilità di essere "iniziato" al voodoo a patto di giurare di non "tradire". Alla fine, prima del rito di chiusura della festa, c'è stata la mia cerimonia di Iniziazione. Nel pomeriggio abbiamo comprato gli animali da sacrificare - un ariete, due polli e due galli - due bottiglie di alcol locale, una bottiglia di gin, un panno bianco, 4 noci di cola, una bottiglia di olio rosso. Sull'Iniziazione, ovviamente, non posso dire di più. Questa è la Regola. Se si tradisce, il Feticcio uccide immediatamente».
Il viaggio di Paladini è durato 160 giorni. In tutto, 28 mila chilometri percorsi attraverso gran parte dei paesi dell'Africa Occidentale. «Ho speso 4 mila euro solo in benzina». L'avventura si è trasformata poi un libro di immagini magnifiche (le foto sono in mostra per circa un mese al "Ted One" di via Solferino, a Milano; dal 1° dicembre è in programma un'altra mostra presso la Villa Sioli di Senago). Immagini che raccontano un continente vero, dove «ogni cosa ha un prezzo ma nessuno lo conosce - racconta il fotografo in un'altra e-mail - un posto dove niente è assicurato e i diritti umani sono una baggianata per europei; dove fare la puttana è tutto sommato un privilegio perché almeno hai qualcuno che ti apprezza; un posto dove c’è più sabbia che acqua; dove al mercato ci sono più mosche che carne; dove i rapporti fra gli uomini contano assai più che gli uomini stessi; dove a volte l'impotenza è la cosa più visibile tutto intorno». «Ma è una terra che ti mette in pace con te stesso e con il resto del mondo - conclude Paladini -. E lo fa tutti i giorni».
L'Africa ha bisogno di aiuto. Paladini lo sapeva anche prima di partire. Al suo ritorno questa consapevolezza è diventata un'esigenza. E così, il fotografo ha deciso di pubblicare i suoi scatti nel volume "Il Colore del Nero". «Il libro è nato in una notte: abbiamo raccolto le foto e le e-mail che avevo spedito dall'Africa. L'intenzione era quella di raccogliere fondi per costruire un pozzo». Ma il risultato ha superato le aspettative: «Abbiamo raccolto oltre 56 mila euro. Netti». Una piccola, grande cifra che da quelle parti può fare la differenza tra la vita e la morte. Anche perché «il 100% viene utilizzato per finanziare i diversi progetti, realizzati esclusivamente dagli abitanti del posto». L'impressione è che il viaggio di questo manager che ama l'Africa e la fotografia sia appena iniziato. «Quando parto di nuovo? Al più presto».
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