Don Cappio (nella foto), il vescovo francescano in sciopero della fame per salvare il semiarido nordestino, è in ospedale
“Trenta minuti dopo aver ricevuto la notizia che il Supremo tribunale federale (Stf) ha dato il via libera alla ripresa dei lavori per la deviazione del rio San Francisco, don Cappio è svenuto”. Queste le parole scelte da Antonio Lupo, del Movimento Sem Terra Italia, per diffondere la notizia che il combattivo vescovo in sciopero della fame da 23 giorni è stato ricoverato in condizioni critiche all'ospedale di Petrolina, a 50 chilometri da Sobradinho, dove il francescano ha trascorso gli ultimi giorni. La sua tenacia, dunque, non l'ha spuntata. La sospensione dei lavori imposta dal verdetto preliminare del 10 dicembre è stata cancellata: il futuro percorso del fiume nordestino è ormai nelle mani del governo, che a breve aprirà la gara d'appalto per i lavori.
Il peggio all'orizzonte. "É scoraggiante sapere che la giustizia, che dovrebbe essere l'ultimo rifugio dei cittadini, si è piegata ai potenti”. Stava dettando proprio queste parole al momento del malore. “Don Cappio è svenuto mentre stava dettando una nota di risposta alla sentenza del tribunale – spiega Lupo - Subito dopo la decisione del Tribunale, il ministro dell'Integrazione nazionale Geddel Vieira Lima ha annunciato che oggi sarà divulgato il nome del vincitore del primo bando di appalto di uno dei lotti dei lavori. Una dichiarazione che arriva mentre il governo dice di negoziare con don Cappio e i movimenti sociali che lo appoggiano, e che va letta in seguito alla proposta che due giorni fa lo stesso vescovo aveva presentato al Governo, nella speranza di arrivare a un accordo e impedire il peggio”. Ma il peggio pare all'orizzonte.
Atto di umiltà. Il documento del vescovo era un “venirsi incontro”. Pur mantenendo la richiesta di ritirare l'esercito dai cantieri di Cobrobó, dov'era stato mandato a giugno per iniziare la deforestazione, ammetteva la possibilità di captare l'acqua dal rio São Francisco per uso umano e animale. Una scelta di real politik, dato che è chiaro come il governo si sia impuntato sulla questione. Quindi, non si parlava più di archiviare il progetto come condizione per la fine del digiuno, ma di "mantenere la sospensione dei lavori iniziati" a tempo indeterminato, apportando alcune modifiche. Quindi, se in origine era prevista la costruzione di 720 chilometri di canali artificiali che dovrebbero provvedere a irrigare 300mila ettari, rifornendo Pernambuco e Paraíba, la richiesta era sostituire il canale con una rete di adduttori e la riduzione del volume di acqua captata, da 28 mila litri al secondo a 9 mila. Questo volume è considerato sufficiente, dal vescovo e dai movimenti sociali che sottoscrivono la proposta, per l'approvvigionamento umano e animale nelle regioni più critiche del Semi-Arido. Una proposta scaturita dalla certezza che, altrimenti, il rio, già in deficit di acqua, sarebbe ulteriormente impoverito, andando così a colpire sia i piccoli agricoltori e pescatori sia gli ecosistemi dei bacini ricettori.
Soluzione falsa. Ad appoggiare la posizione del vescovo ci sono molti ricercatori e ambientalisti, per non parlare delle popolazioni locali che sono da mesi sul piede di guerra. Uno per tutti, Joao Abner dell'Università federale del Rio Grande do Norte, che precisa come l'opera servirà prevalentemente a favorire le industrie di gamberi e prodotti ortifrutticoli destinati all'esportazione. Per protestare, il 19 agosto partì da Belo Horizonte una carovana trainata moralmente da don Cappio, che non portò a nessun concreto risultato. Quindi, il 4 ottobre scorso, il vescovo scrisse a Lula, accusandolo di non aver onorato la parola data. Personalmente, nell'ottobre 2005, davanti al primo sciopero della fame di don Cappio, infatti, Lula firmò un accordo in cui si impegnava a indire un ampio, trasparente e partecipativo dibattito nazionale sul futuro sviluppo della regione semiarida. Promessa mai mantenuta. Di qui, il nuovo digiuno. “Da molte generazioni sostengono che solo la grande opera della deviazione risolve la siccità – scrisse il francescano - Tra i maggiori interessati a essa ci sono persone che conoscete bene, dato che sono le stesse che da molti anni dominano e sfruttano la regione, usando lo spettro della siccità per deviare il denaro pubblico e vincere le elezioni. Ma la siccità non è un problema che si risolve con le grandi opere”.
“Trenta minuti dopo aver ricevuto la notizia che il Supremo tribunale federale (Stf) ha dato il via libera alla ripresa dei lavori per la deviazione del rio San Francisco, don Cappio è svenuto”. Queste le parole scelte da Antonio Lupo, del Movimento Sem Terra Italia, per diffondere la notizia che il combattivo vescovo in sciopero della fame da 23 giorni è stato ricoverato in condizioni critiche all'ospedale di Petrolina, a 50 chilometri da Sobradinho, dove il francescano ha trascorso gli ultimi giorni. La sua tenacia, dunque, non l'ha spuntata. La sospensione dei lavori imposta dal verdetto preliminare del 10 dicembre è stata cancellata: il futuro percorso del fiume nordestino è ormai nelle mani del governo, che a breve aprirà la gara d'appalto per i lavori.
Il peggio all'orizzonte. "É scoraggiante sapere che la giustizia, che dovrebbe essere l'ultimo rifugio dei cittadini, si è piegata ai potenti”. Stava dettando proprio queste parole al momento del malore. “Don Cappio è svenuto mentre stava dettando una nota di risposta alla sentenza del tribunale – spiega Lupo - Subito dopo la decisione del Tribunale, il ministro dell'Integrazione nazionale Geddel Vieira Lima ha annunciato che oggi sarà divulgato il nome del vincitore del primo bando di appalto di uno dei lotti dei lavori. Una dichiarazione che arriva mentre il governo dice di negoziare con don Cappio e i movimenti sociali che lo appoggiano, e che va letta in seguito alla proposta che due giorni fa lo stesso vescovo aveva presentato al Governo, nella speranza di arrivare a un accordo e impedire il peggio”. Ma il peggio pare all'orizzonte.
Atto di umiltà. Il documento del vescovo era un “venirsi incontro”. Pur mantenendo la richiesta di ritirare l'esercito dai cantieri di Cobrobó, dov'era stato mandato a giugno per iniziare la deforestazione, ammetteva la possibilità di captare l'acqua dal rio São Francisco per uso umano e animale. Una scelta di real politik, dato che è chiaro come il governo si sia impuntato sulla questione. Quindi, non si parlava più di archiviare il progetto come condizione per la fine del digiuno, ma di "mantenere la sospensione dei lavori iniziati" a tempo indeterminato, apportando alcune modifiche. Quindi, se in origine era prevista la costruzione di 720 chilometri di canali artificiali che dovrebbero provvedere a irrigare 300mila ettari, rifornendo Pernambuco e Paraíba, la richiesta era sostituire il canale con una rete di adduttori e la riduzione del volume di acqua captata, da 28 mila litri al secondo a 9 mila. Questo volume è considerato sufficiente, dal vescovo e dai movimenti sociali che sottoscrivono la proposta, per l'approvvigionamento umano e animale nelle regioni più critiche del Semi-Arido. Una proposta scaturita dalla certezza che, altrimenti, il rio, già in deficit di acqua, sarebbe ulteriormente impoverito, andando così a colpire sia i piccoli agricoltori e pescatori sia gli ecosistemi dei bacini ricettori.
Soluzione falsa. Ad appoggiare la posizione del vescovo ci sono molti ricercatori e ambientalisti, per non parlare delle popolazioni locali che sono da mesi sul piede di guerra. Uno per tutti, Joao Abner dell'Università federale del Rio Grande do Norte, che precisa come l'opera servirà prevalentemente a favorire le industrie di gamberi e prodotti ortifrutticoli destinati all'esportazione. Per protestare, il 19 agosto partì da Belo Horizonte una carovana trainata moralmente da don Cappio, che non portò a nessun concreto risultato. Quindi, il 4 ottobre scorso, il vescovo scrisse a Lula, accusandolo di non aver onorato la parola data. Personalmente, nell'ottobre 2005, davanti al primo sciopero della fame di don Cappio, infatti, Lula firmò un accordo in cui si impegnava a indire un ampio, trasparente e partecipativo dibattito nazionale sul futuro sviluppo della regione semiarida. Promessa mai mantenuta. Di qui, il nuovo digiuno. “Da molte generazioni sostengono che solo la grande opera della deviazione risolve la siccità – scrisse il francescano - Tra i maggiori interessati a essa ci sono persone che conoscete bene, dato che sono le stesse che da molti anni dominano e sfruttano la regione, usando lo spettro della siccità per deviare il denaro pubblico e vincere le elezioni. Ma la siccità non è un problema che si risolve con le grandi opere”.
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