Nella Solennità di Santo Stefano, Benedetto XVI ricorda i tanti cristiani tuttora vittime di persecuzioni
da Radio Vaticana
Con il suo straordinario esempio, Santo Stefano rammenta ad ognuno di noi che il martirio cristiano è esclusivamente un atto d’amore verso Dio e verso gli uomini: è quanto sottolineato da Benedetto XVI, all’Angelus in Piazza San Pietro, incentrato sulla figura del primo martire cristiano. Il Papa ha così messo l’accento sulla testimonianza offerta anche oggi da tanti cristiani che soffrono e muoiono per annunciare il Vangelo, come anche per vivere in comunione con la Chiesa ed essere fedeli al Papa.
“Fu lapidato alle porte della città e morì, come Gesù, invocando il perdono per i suoi uccisori”. Benedetto XVI ha sottolineato che è la “carità divina” il profondo legame tra Cristo e il suo primo martire Stefano. Quello stesso Amore “che spinse il Figlio di Dio a spogliare se stesso e a farsi obbediente fino alla morte di croce”, è stata la sua riflessione. “Ha poi spinto gli Apostoli e i martiri a dare la vita per il Vangelo”.
“Bisogna sempre rimarcare questa caratteristica distintiva del martirio cristiano: esso è esclusivamente un atto d’amore, verso Dio e verso gli uomini, compresi i persecutori. Perciò noi oggi, nella santa Messa, preghiamo il Signore che ci insegni “ad amare anche i nostri nemici sull’esempio di Stefano che morendo pregò per i suoi persecutori”.
“Quanti figli e figlie della Chiesa nel corso dei secoli – ha rammentato il pontefice - hanno seguito questo esempio!”. Una testimonianza che inizia durante la prima persecuzione a Gerusalemme, fino alle schiere dei martiri dei nostri tempi: “Non di rado, infatti, anche oggi giungono notizie da varie parti del mondo di missionari, sacerdoti, vescovi, religiosi, religiose e fedeli laici perseguitati, imprigionati, torturati, privati della libertà o impediti nell’esercitarla perché discepoli di Cristo e apostoli del Vangelo; a volte si soffre e si muore anche per la comunione con la Chiesa universale e la fedeltà al Papa”.
Riprendendo la sua Enciclica Spe salvi, il Papa ha dunque ricordato l’esperienza del martire vietnamita Paolo Le-Bao-Thin che trasformò la sofferenza in gioia “mediante la forza della speranza che proviene dalla fede”. Ed ha aggiunto: “Il martire cristiano, come Cristo e mediante l’unione con Lui, “accetta nel suo intimo la croce, la morte e la trasforma in un’azione d’amore”. La violenza, è stato il suo richiamo, “si trasforma in amore e quindi la morte in vita”: “Il martire cristiano attualizza la vittoria dell’amore sull’odio e sulla morte. Preghiamo per quanti soffrono a motivo della fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa. Maria Santissima, Regina dei Martiri, ci aiuti ad essere testimoni credibili del Vangelo, rispondendo ai nemici con la forza disarmante della verità e della carità”.
da Radio Vaticana
Con il suo straordinario esempio, Santo Stefano rammenta ad ognuno di noi che il martirio cristiano è esclusivamente un atto d’amore verso Dio e verso gli uomini: è quanto sottolineato da Benedetto XVI, all’Angelus in Piazza San Pietro, incentrato sulla figura del primo martire cristiano. Il Papa ha così messo l’accento sulla testimonianza offerta anche oggi da tanti cristiani che soffrono e muoiono per annunciare il Vangelo, come anche per vivere in comunione con la Chiesa ed essere fedeli al Papa.
“Fu lapidato alle porte della città e morì, come Gesù, invocando il perdono per i suoi uccisori”. Benedetto XVI ha sottolineato che è la “carità divina” il profondo legame tra Cristo e il suo primo martire Stefano. Quello stesso Amore “che spinse il Figlio di Dio a spogliare se stesso e a farsi obbediente fino alla morte di croce”, è stata la sua riflessione. “Ha poi spinto gli Apostoli e i martiri a dare la vita per il Vangelo”.
“Bisogna sempre rimarcare questa caratteristica distintiva del martirio cristiano: esso è esclusivamente un atto d’amore, verso Dio e verso gli uomini, compresi i persecutori. Perciò noi oggi, nella santa Messa, preghiamo il Signore che ci insegni “ad amare anche i nostri nemici sull’esempio di Stefano che morendo pregò per i suoi persecutori”.
“Quanti figli e figlie della Chiesa nel corso dei secoli – ha rammentato il pontefice - hanno seguito questo esempio!”. Una testimonianza che inizia durante la prima persecuzione a Gerusalemme, fino alle schiere dei martiri dei nostri tempi: “Non di rado, infatti, anche oggi giungono notizie da varie parti del mondo di missionari, sacerdoti, vescovi, religiosi, religiose e fedeli laici perseguitati, imprigionati, torturati, privati della libertà o impediti nell’esercitarla perché discepoli di Cristo e apostoli del Vangelo; a volte si soffre e si muore anche per la comunione con la Chiesa universale e la fedeltà al Papa”.
Riprendendo la sua Enciclica Spe salvi, il Papa ha dunque ricordato l’esperienza del martire vietnamita Paolo Le-Bao-Thin che trasformò la sofferenza in gioia “mediante la forza della speranza che proviene dalla fede”. Ed ha aggiunto: “Il martire cristiano, come Cristo e mediante l’unione con Lui, “accetta nel suo intimo la croce, la morte e la trasforma in un’azione d’amore”. La violenza, è stato il suo richiamo, “si trasforma in amore e quindi la morte in vita”: “Il martire cristiano attualizza la vittoria dell’amore sull’odio e sulla morte. Preghiamo per quanti soffrono a motivo della fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa. Maria Santissima, Regina dei Martiri, ci aiuti ad essere testimoni credibili del Vangelo, rispondendo ai nemici con la forza disarmante della verità e della carità”.
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