Mediazione UE fallita, l'indipendenza diventa una sfida rischiosa. Conto alla rovescia carico di aspettative e pericolose illusioni: ma il 10 dicembre non potrà cambiare nulla.
dal Corriere della Sera
PRISTINA - In Kosovo aspettano Babbo Natale. Non il 25 dicembre ma il 10. «Non dipenderemo più dalla Serbia e il giorno 11 staremo meglio», è sicuro Bardt Aref, 25 anni, che vende sciarpe di lana per strada. Ne è convinto anche Ismail Kaliqi, 32 anni, che piastrella la via centrale intitolata a Madre Teresa. «Saremo più ricchi – dice con foga - Il 10 serbi via. Serbi rovina per noi». Tutti aspettano il 10 come se arrivasse l’età del Bengodi. La tv locale ha iniziato il conto alla rovescia dei giorni, delle ore e dei minuti che mancano al 10. Anche sui giornali c’è il countdown. Gli studenti dell’Università si preparano a una grande adunata. «A partire dal 10 – dice Shaqir, un ventunenne barbuto – tutti noi universitari ci accamperemo con le tende in centro fino alla dichiarazione d’indipendenza».
L'ATTESA - Il miraggio di uno Stato autonomo ha generato l’aspettativa che il Kosovo sarà presto un paradiso popolato di gente ricca e felice. L’hanno fatto credere i politici. Hanno respinto le offerte di Belgrado di un’autonomia più ampia puntando tutto sull’indipendenza. L’ha pretesa Hashim Thaci, l’ex «serpente» che ora indossa il doppiopetto e si prepara a diventare primo ministro, appena questo Paese grande come l’Umbria sarà staccato dalla Serbia. «Aspettiamo cosa decide l’Onu -, si limita a dire Thaci -. La nostra posizione l’abbiamo espressa in modo chiaro». E cioè, spiega il deputato Edi Sejdiu, un parlamentare eletto nel Pdk, il partito di Thaci, «è venuto il momento dell’indipendenza che per noi significa più benessere».
L'ONU - C’è la convinzione che su un Kosovo indipendente pioveranno enormi investimenti internazionali. «Le società straniere – ritiene Sejdiu – verranno a impiantare qui le loro aziende». L’altra illusione è che l’indipendenza comporterà un immediato ingresso nella Comunità europea. «Potremo trasferirci in tutti i Paesi europei per trovare lavoro – sostiene Xheyat Sogohya, che fa il poliziotto -. Il 10 è una grande svolta». In realtà il 10 non succederà nulla. I mediatori che non sono riusciti a mettere d’accordo serbi e kosovari consegneranno una relazione sul loro insuccesso al segretario dell’Onu Ban ki-moon, il quale poi deciderà cosa fare nel giro di qualche settimana.
ODIO ETNICO - Più del 60 per cento sono disoccupati e quando le aspettative verranno deluse c’è il rischio che le frustrazioni esplodano. L’altro grosso pericolo è che l’indipendenza riaccenda gli odi contro la minoranza etnica serba. Belgrado potrebbe reagire affamando il Kosovo. L’80 per cento della farina per fare il pane viene dalla Serbia, che minaccia di bloccare il commercio e di tagliare l’elettricità. E qui c’è un’altra illusione. E’ opinione diffusa che se la Serbia interrompe le forniture, rimedieranno gli americani. In effetti gli Stati Uniti hanno incoraggiato l’indipendenza per ragioni strategiche. Hanno creato una grande base militare, a Bondstil, verso la Macedonia, dove sono già pronte 50 piste per elicotteri e una pista per aerei. Bondstil potrebbe diventare la nuova Aviano, se in Italia continueranno a fare problemi come a Vicenza.
dal Corriere della Sera
PRISTINA - In Kosovo aspettano Babbo Natale. Non il 25 dicembre ma il 10. «Non dipenderemo più dalla Serbia e il giorno 11 staremo meglio», è sicuro Bardt Aref, 25 anni, che vende sciarpe di lana per strada. Ne è convinto anche Ismail Kaliqi, 32 anni, che piastrella la via centrale intitolata a Madre Teresa. «Saremo più ricchi – dice con foga - Il 10 serbi via. Serbi rovina per noi». Tutti aspettano il 10 come se arrivasse l’età del Bengodi. La tv locale ha iniziato il conto alla rovescia dei giorni, delle ore e dei minuti che mancano al 10. Anche sui giornali c’è il countdown. Gli studenti dell’Università si preparano a una grande adunata. «A partire dal 10 – dice Shaqir, un ventunenne barbuto – tutti noi universitari ci accamperemo con le tende in centro fino alla dichiarazione d’indipendenza».
L'ATTESA - Il miraggio di uno Stato autonomo ha generato l’aspettativa che il Kosovo sarà presto un paradiso popolato di gente ricca e felice. L’hanno fatto credere i politici. Hanno respinto le offerte di Belgrado di un’autonomia più ampia puntando tutto sull’indipendenza. L’ha pretesa Hashim Thaci, l’ex «serpente» che ora indossa il doppiopetto e si prepara a diventare primo ministro, appena questo Paese grande come l’Umbria sarà staccato dalla Serbia. «Aspettiamo cosa decide l’Onu -, si limita a dire Thaci -. La nostra posizione l’abbiamo espressa in modo chiaro». E cioè, spiega il deputato Edi Sejdiu, un parlamentare eletto nel Pdk, il partito di Thaci, «è venuto il momento dell’indipendenza che per noi significa più benessere».
L'ONU - C’è la convinzione che su un Kosovo indipendente pioveranno enormi investimenti internazionali. «Le società straniere – ritiene Sejdiu – verranno a impiantare qui le loro aziende». L’altra illusione è che l’indipendenza comporterà un immediato ingresso nella Comunità europea. «Potremo trasferirci in tutti i Paesi europei per trovare lavoro – sostiene Xheyat Sogohya, che fa il poliziotto -. Il 10 è una grande svolta». In realtà il 10 non succederà nulla. I mediatori che non sono riusciti a mettere d’accordo serbi e kosovari consegneranno una relazione sul loro insuccesso al segretario dell’Onu Ban ki-moon, il quale poi deciderà cosa fare nel giro di qualche settimana.
ODIO ETNICO - Più del 60 per cento sono disoccupati e quando le aspettative verranno deluse c’è il rischio che le frustrazioni esplodano. L’altro grosso pericolo è che l’indipendenza riaccenda gli odi contro la minoranza etnica serba. Belgrado potrebbe reagire affamando il Kosovo. L’80 per cento della farina per fare il pane viene dalla Serbia, che minaccia di bloccare il commercio e di tagliare l’elettricità. E qui c’è un’altra illusione. E’ opinione diffusa che se la Serbia interrompe le forniture, rimedieranno gli americani. In effetti gli Stati Uniti hanno incoraggiato l’indipendenza per ragioni strategiche. Hanno creato una grande base militare, a Bondstil, verso la Macedonia, dove sono già pronte 50 piste per elicotteri e una pista per aerei. Bondstil potrebbe diventare la nuova Aviano, se in Italia continueranno a fare problemi come a Vicenza.
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