di Naoki Tomasini
PeaceReporter
Un rapporto dell'intelligence Usa sconfessa la teoria di Bush su un imminente conflitto
La pubblicazione lunedì del rapporto redatto da sedici agenzie di intelligence Usa, sulle potenzialità belliche del nucleare iraniano, ha cambiato sensibilmente lo scenario della contesa tra Washington e Teheran. Il National Intelligence Estimate, Nie, presentato dal capo dei servizi segreti statunitensi Mike McConell contraddice nettamente tutti i rapporti precedenti -in particolare uno del 2005- che sostenevano che gli ayatollah stessero lavorando alla costruzione di armi nucleari. Secondo la nuova analisi, Teheran avrebbe sospeso i progetti in tal senso dal 2003, sotto la pressione della comunità internazionale, e nel contesto politico mutato dall'invasione dell'Iraq.
Reazioni. Le nuove rivelazioni tolgono fiato alle trombe di guerra dell'amministrazione Bush, e rendono più complicato il processo diplomatico per convincere le Nazioni Unite ad applicare nuove sanzioni, a cui oggi si oppongono Russia e Cina.
Commenti soddisfatti ovviamente sono giunti da Teheran: “Ora si sta chiarendo al mondo che la tecnologia nucleare iraniana è pacifica” ha dichiarato il ministro degli Esteri Manoucherhr Mottaki. “I paesi che in passato hanno sollevato dubbi e ambiguità su questo caso ora ritrattano” ha concluso. Di tutt'altro tenore la reazione di Israele, che con gli Usa da anni dipinge l'Iran come la minaccia più grave alla sua esistenza. Il ministro della Difesa Ehud Barak ha respinto le conclusioni del rapporto del Nie, sostenendo che, secondo l'intelligence israeliana, dal 2003 in avanti Teheran potrebbe avere riattivato la preparazione di armi atomiche. Mentre il premier israeliano Olmert ha invitato gli Usa a continuare gli sforzi per impedire che l'Iran possa mai acquisire capacità nucleari. “Le conclusioni del rapporto evidenziano che la comunità internazionale ha fatto bene a fare pressione sul regime iraniano affinchè cessasse con l'arricchimento dell'uranio” ha commentato un portavoce del premier britannico Brown.
Minaccia? Nel rapporto Nie si conclude che “le azioni iraniane sono state razionali, motivate da considerazioni concrete su costi e benefici e non guidate dall'intenzione malvagia di produre la bomba, senza pensare alle conseguenze”. Inoltre, “se anche l'Iran avesse poi riattivato i suoi progetti bellici, sarebbe comunque in ritardo di almeno due anni nell'opera di accumulazione del materiale fissile necessario”. Secondo indiscrezioni di politici israeliani citati da Haaretz, queste affermazioni avrebbero avuto come conseguenza un raffreddamento delle volontà di Washington di attaccare nel 2008. Ora anche l'intelligence iraeliana, che paventava una minaccia nucleare iraniana nel volgere di pochi mesi, sposta l'allarme al 2009 o al 2010. Il fatto che la minaccia sia meno impellente, tuttavia, non fa desistere i detrattori di Teheran dalla necessità di insistere con le sanzioni: “Il Nie dà ossigeno alle speranze che la questione possa essere risolta con la diplomazia senza l'uso della forza” ha commentato Stephen Hadley, Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Bush. Questa sembra essere la nuova linea rossa dell'amministrazione Usa: la minaccia da sventare non è più la bomba in sé, ma la possibilità che l'Iran ottenga le conoscenze necessarie alla sua costruzione. Cosa che richiede tra l'altro la capacità di produrre determinate quantità di uranio arricchito. Da questo punto di vista la situazione è in stallo come prima: l'Iran nonostante le sanzioni Onu, non ha intenzione di sospendere l'arricchimento, ma sta lavorando con l'Agenzia per l'Energia Atomica delle Nazioni Unite, Aiea, per fugare i timori sulla “trasparenza” del processo.
Scenari. Secondo l'analista israeliano Amir Oren, il rapporto Nie è caratterizzato dall'essere più una valutazione che il frutto di un lavoro di intelligence. “Gli americani non hanno una reale comprensione del programma nucleare iraniano -ha commentato-. Non hanno solide informazioni e nemmeno agenti di alto livello coinvolti, non è nulla di più che un lavoro di deduzione e chiacchiere”. Evidentemente Israele non possiede informazioni che gli Usa non conoscano, ma la differenza tra la posizione distensiva del Nie e quella allarmista di Tel Aviv sta nel fatto che quest'ultima si concentra sul cosiddetto worst case scenario, il caso peggiore: mentre il rapporto Nie sostiene che non è sufficiente acquisire la tecnologia per avere automaticamente la bomba. Non è possibile dimostrare o smentire l'indipendenza della pubblicazione del rapporto Nie da opportunità politiche, tuttavia è altrettanto impossibile ripensare a quando, cinque anni fa, l'intelligence Usa si diceva certa che Saddam fosse in possesso di armi chimiche e biologiche. Anche quelle conclusioni erano basate su rapporti di intelligence, che convinsero il Congresso a dichiarare guerra all'Iraq.
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