giovedì, dicembre 27, 2007
Si promuove il turismo religioso nonostante le perplessità delle autorità locali

La Turchia avrà un ruolo strategico nell'Anno di San Paolo, secondo quanto spiegano i coordinatori di questa iniziativa convocata da Benedetto XVI dal 28 giugno 2008 al 29 giugno 2009.
La Chiesa nel Paese si prepara a vivere l'anno con uno spirito e un impegno speciali che derivano dal sentire come “proprio” l'apostolo nato a Tarso. Il Paese è infatti ricco di luoghi che ricordano San Paolo e i suoi insegnamenti, spiega il bollettino informativo dell'Anno Paolino.
Secondo il Vescovo Luigi Padovese, francescano cappuccino e Vicario apostolico dell'Anatolia, si può “indicare San Paolo come l’apostolo della identità cristiana in un’epoca come l’attuale in cui si vive di qualsiasi religione, in un momento in cui vengono equiparati i tanti percorsi nella ricerca di Dio”.
La Conferenza Episcopale della Turchia, formata da sette Vescovi – tre di rito latino, due armeni, un siro-cattolico e un caldeo –, sta studiando un programma per le celebrazioni in occasione dei duemila anni dalla nascita di San Paolo.

I Vescovi cattolici hanno già deciso di indirizzare una lettera ai fedeli dei vari riti in Turchia, e di organizzare con loro un pellegrinaggio a Roma.
Sono stati anche presi contatti con il patriarca greco-ortodosso di Costantinopoli Bartolomeo I e con gli Arcivescovi metropoliti siro-ortodosso e armeno-gregoriano per organizzare possibili iniziative ecumeniche comuni, con il nome di Paolo, come desidera Benedetto XVI.

“Il bimillenario servirà a richiamare l’attenzione della Chiesa verso le comunità cristiane minoritarie in Turchia, farà prendere coscienza di questa situazione”, spiega il Vescovo Padovese.
Uno dei primi impegni dei cattolici in questo Paese, a cavallo tra Europa e Oriente, è ottenere dalle autorità turche, nel corso dell'Anno Paolino, un luogo permanente ed esclusivo di culto cristiano a Tarso. Una necessità questa segnalata dai pellegrini che giungono da tutto il mondo.

Nella città che diede ai natali all'Apostolo delle genti, oggi si trova solo una chiesa-museo senza una croce, dove è necessario pagare per celebrare, previo avviso alle autorità civili locali. La preparazione dell'altare è affidato alle cure di tre suore della congregazione delle Figlie della Chiesa.
“Ho chiesto al Primo Ministro signor Erdogan che l’edificio, l’unico luogo cristiano della città non trasformato in moschea, sia concesso non soltanto ai cattolici ma a tutti i cristiani; oppure che sia loro concesso di acquistare un terreno per costruirvi una chiesa”, rivela il Vescovo.

“A Tarso c’è bisogno non della chiesa-museo ma di una chiesa dove fedeli e pellegrini possano sempre sentirsi a casa e pregare”.
Le autorità di Tarso, spiega monsignor Padovese, “manifestano un doppio sentimento: sono consapevoli dell’importanza della città per i cristiani, sono orgogliosi di essere concittadini di un personaggio di prima grandezza. Ma nello stesso tempo manifestano perplessità e imbarazzo nel gestire una situazione che coinvolge un turismo religioso che ha esigenze particolari”.
La città di Tarso conta 200.000 abitanti e non ha strutture alberghiere adatte ad accogliere dei pellegrini. “Qualcuno adesso si sta muovendo”, conclude il Vescovo, per trattenere i visitatori che normalmente pernottano nella vicina città di Adana.

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