mercoledì, dicembre 19, 2007

Intervista al premio Nobel di Fabio Gioffrè e Carlo Ungarelli


Il grande attore di teatro Dario Fo è considerato uno dei portabandiera della cultura italiana nel mondo. In un recente sondaggio pubblicato sul Daily Telegraph – uno dei più diffusi tabloid britannici – gli inglesi hanno ‘votato’ i cento geni viventi più importanti per il mondo. L’unico italiano che compare in questa classifica è proprio il nostro Dario Fo, al settimo posto, affiancato a pari merito dal famoso fisico Steven Hawking.
La carriera di Fo è stata coronata dal Premio Nobel per la letteratura, conferitogli nel 1997 con la motivazione: “Figura preminente del teatro politico che, nella tradizione dei giullari medioevali, ha fustigato il potere restituendo dignità agli oppressi”. Le sue opere teatrali fanno uso degli stilemi comici dell'antica commedia dell'arte italiana e sono rappresentate in tutto il mondo. Il ‘genio’ Fo è famoso per i suoi testi teatrali di satira politica e sociale e per il suo impegno, ultimamente soprattutto in ambito ecologico. Attore, regista, scenografo, drammaturgo, costumista e impresario della sua stessa compagnia (ma anche pittore), è un uomo di teatro a tutto tondo (un po’ come Eduardo De Filippo).
Fo è particolarmente vicino alla figura di San Francesco, di cui ha ampiamente studiato la vita e ricercato gli aspetti più profondi e significativi, tanto da realizzarne una fortunatissima rappresentazione teatrale.

Il nostro redattore Carlo Ungarelli ha intervistato l’artista a proposito dell’uscita del suo libro “Gesù e le donne” e della sua visione di San Francesco “Lu Santo Jullare Francesco”.

Intervista di Carlo Ungarelli

Avere la fortuna di aver già conosciuto Dario Fo non consente sicuramente di poter gestire un’intervista: sono consapevole che sarà il mio interlocutore a dirigere il colloquio. Tuttavia vale sicuramente la pena ascoltare le sue esperienze e le riflessioni, prendendo spunto dal suo libro “Gesù e le Donne”.
Inizia la conversazione, esordisco un po’ emozionato e chiedo: «Qual è il percorso che ti ha portato da Mistero Buffo a Gesù e le donne, passando per Lu Santo Jullàre Francesco?»

«Non è così semplice… innanzitutto ho preso ispirazione dal libro scritto da mio figlio Jacopo (“Gesù amava le donne e non era biondo”)».
Inizia così questa conversazione. E subito il mio interlocutore mi racconta di come, ancora bambino, frequentasse presso la chiesa del suo paese natale, sulla riva lombarda del lago Maggiore, una Schola Cantorum (“ero molto bravo, sai...”) ben presto imparando addirittura i canti gregoriani. A quei tempi si andava a “dottrina” - come si dice in Lombardia - e quando vi capitava, il giovane Dario tendeva l’orecchio alle lezioni per gli adulti. Passano gli anni, e già all’Accademia di Brera Dario Fo si rende conto di come parti importanti del Vangelo fossero state “cammuffate”. In particolare sono i riferimenti alla condizione della donna e alla situazione politica della Palestina che subiscono una censura.
E come si inserisce in tale contesto la figura di Gesu`?
«Era considerato quasi un malfattore dai suoi contemporanei - sottolinea Dario Fo - basta sfogliare le prime pagine di “Gesù e le donne” per rendersene conto: viene citato Adolf Holl, un sacerdote viennese, secondo cui è verosimile che Pilato, uomo duro e spietato, fosse intenzionato a “sbarazzarsi di un personaggio molesto... pericoloso, che prometteva di voler abbattere il tempio dei giudei, “spelonca di ladri” (Mt,21,13)”. Gesù è quasi un sovversivo, visto che si rivolge agli ultimi. Ha addirittura l’intenzione di superare l’idea della famiglia patriarcale: “La mia famiglia è la moltitudine, il mondo intero è la mia gente”. E in questa famiglia universale “ogni donna fra di voi è mia madre”. Gesù, agli occhi dei potenti del tempo, “è colpevole di aver portato agli uomini l’amore… egli incita ognuno a non provare né odio né rancore verso chicchessia”. Il messaggio del Nazareno è un esplicito messaggio d’amore che accomuna anche i nemici, gli infedeli, le donne “svergognate” e via dicendo».
E qui, nella nostra conversazione si inserisce il tema fondamentale del libro: le donne. «Al tempo di Gesù, la condizione delle donne nella società era terribile… Le donne non avevano diritto di parola, non potevano intervenire in pubblico senza l’approvazione del padre o del marito e venivano addirittura cacciate di casa quando avevano le mestruazioni».

In “Gesù e le donne” Dario Fo illustra come Gesù si rivolga all’universo femminile, infrangendo le consuetudini di quello che i suoi contemporanei consideravano il ‘buon comportamento’ (venendo così apostrofato dai sacerdoti del Tempio come cattivo maestro): un sabato scaccia da una donna i demoni; si rivolge a donne sconosciute, straniere (l’episodio dell’incontro con la samaritana) o addirittura inavvicinabili - si pensi all’episodio dell’incontro con la lebbrosa o a quello con l’emorroissa; accetta di miracolare una donna cananea, razza che secondo la Bibbia era considerata nemica .
«Vedi, l’emancipazione delle donne è anche il punto di partenza dei movimenti cosiddetti eretici…». La conversazione si fa oltremodo interessante.
Nel frattempo cosa è successo?
«Nel IV secolo la Chiesa diventa un’organizzazione al servizio dell’Impero - mi spiega Dario - si forma una casta di prelati che acquista privilegi e si arricchisce (anche Sant’Ambrogio ne parla). Il clero si impossessa delle città, acquista sempre più privilegi a scapito dei diritti dei fedeli, soprattutto delle donne che vengono addirittura ghettizzate nei ginecei (matronei1) delle chiese. Ma i cittadini non ci stanno e durante la formazione dei comuni ci sono atti di rivolta molto duri. Ti faccio un esempio… il Duomo di Modena: ho scoperto che lì ci sono i matronei1, ma sono finti. Questi atti di rivolta avvengono intorno al 1100, nello stesso periodo in cui nascono i primi movimenti cosiddetti “eretici”, movimenti che si richiamano al messaggio innovativo ed egualitario del cristianesimo delle origini. Le cronache del tempo ci raccontano che le persecuzioni nei confronti dei movimenti ereticali furono atroci, e molti di questi “eretici” vennero torturati e uccisi».

Al mio interlocutore tuttavia preme sottolineare anche che nella nascita e nello sviluppo dei movimenti eretici una delle questioni fondamentali è ovviamente l’interpretazione del Vangelo. Gli eretici in particolare accusavano il clero di manipolare le parole di Gesù narrate nei Vangeli. Fo nel suo libro riporta le affermazioni di uno dei più conosciuti eretici del 1200: «Come dice Gherardino Segalello da Parma – grande innovatore del XIII secolo, bollato di eresia e per questo condannato a morte - “la Chiesa non cancella mai le parole del Messia, le cosparge semplicemente di finissima polvere. Così che solo i dottori possano leggerci le massime che servono loro”».

«Anche San Francesco si rende conto dell’importanza della divulgazione del Vangelo: chiede a Innocenzo III di avere la possibilità di raccontare e spiegare il Vangelo in dialetto umbro. Questo è sicuramente un atto molto coraggioso, visto che a quel tempo leggere il Vangelo in una lingua diversa dal latino era assolutamente proibito e poteva portare a supplizi feroci. Pensa alla protesta di Lutero: anche questa nasce dalla volontà di tradurre il Vangelo (scritto in latino e/o in greco) nella lingua parlata del tempo…»

Anche i cosiddetti Vangeli apocrifi - che la Chiesa non riconosce tra i testi ufficiali della dottrina cattolica, ritenendo che siano frutto di episodi inventati - hanno avuto un ruolo significativo nel teatro di Dario Fo. Egli ne analizza alcuni aspetti, da cui emerge una descrizione del Nazareno come di una persona che nutre profondo rispetto e gratitudine nei confronti delle donne. L’immagine di Gesù, e in particolare il suo amore per le donne, viene quindi sintetizzata da una splendida frase ad effetto del mio interlocutore: «Se calcoli i miracoli presenti nei Vangeli, quelli per le donne sono più del doppio di quelli per gli uomini!» .

Riesco finalmente a fare una domanda: Qual è il rapporto tra San Francesco e Gesù?

«San Francesco capisce veramente chi era Gesù: un giullare pieno di ironia e sarcasmo…». Come sottolineato nel prologo di “Lu Santo Jullàre Francesco”, nelle ricerche sul Santo di Assisi, Dario Fo scopre, grazie a uno studio condotto da Chiara Frugoni, che lo stesso Francesco si era definito giullare (“Io sono il giullare di Dio”), scelta assai pericolosa per quei tempi: i giullari erano amati dal popolo ma perseguitati dai potenti, che emettevano editti contro di loro (si veda l’editto di Federico II di Svevia datato circa 1220 “Contra Jogulatores Obloquentes”).

Dario Fo mi racconta di come Francesco non disdegnasse l’irrisione del potere: «Quando Innocenzo III lo invita a predicare a una mandria di porci, Francesco accetta la provocazione e gli dà persino ragione, sbeffeggiandolo. A questo punto Innocenzo III, sentitosi preso in giro, dà ordine di incarcerarlo. Viene però fermato dal Cardinale Colonna, che avverte il Papa che Francesco ha un seguito immenso tra la gente. E sempre con la forza dell’ironia il Santo umbro riesce a riappacificare, con uno straordinario sermone tenuto il 15 agosto 1222, i bolognesi e i romagnoli che erano in guerra tra loro. Altro punto di contatto tra Gesù e San Francesco è la denuncia del malcostume e dell’ipocrisia. Le cronache del tempo - continua il racconto del mio interlocutore - narrano che quando le autorità ecclesiastiche di Bologna cercarono di ingraziarsi Francesco approntando un intero palazzo per i bisognosi e i derelitti, il Santo umbro - intuendo l’ipocrisia di una falsa carità - arrivò addirittura a gettare il mobilio (i letti) dalla finestra»

Siamo così arrivati alla conclusione di questa lunga e piacevole conversazione e ci dobbiamo lasciare; il mio saluto si accompagna alla speranza di poter ascoltare di nuovo da Dario Fo, con i suoi tratti sempre visionari e illuminati, altri racconti così densi di straordinaria umanità.

(1) In architettura il matroneo è un balcone o un loggiato posto all'interno di un edificio e originariamente destinato alle donne, soprattutto nelle basiliche cristiane e nelle sinagoghe.
Nelle chiese medievali i matronei persero la funzione di separazione e divennero esclusivamente elementi architettonici.

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