di Stella Spinelli
PeaceReporter
2007, 5mila lavoratori sottomessi in schiavitù liberati dal governo brasiliano
Cinquemila persone sottomesse a condizioni di vita “analoghe alla schiavitù” sono state liberate in un anno dal Governo brasiliano, che da sempre ha inserito questa piaga fra le emergenze da debellare, tanto da costruire un ufficio operativo che non si occupa d'altro.
Un po' ovunque. Erano tutti contadini, costretti a turni massacranti, in condizioni di vita misere, pagati con frustrate e violenza. Nessun diritto. Nemmeno alla salute. Gli uomini di Lula li hanno scovati nelle più sperdute fattorie del Brasile, ridotti a pelle e ossa. “Il 2007 è stato uno degli anni più vittoriosi in questa lotta - ha commentato con tono fiero il portavoce della Segreteria dei diritti umani, che dipende dalla Presidenza della Repubblica -. Ma la schiavitù continua a essere una realtà in molte regioni. Sradicarla è, comunque, una delle nostre priorità, e i risultati dimostrano quanto finora siamo stati efficaci”.
La lotta di Lula. Passo complementare sarà, però, sconfiggere l'impunità. “C'è ancora tanto da fare – ha ammesso il portavoce – in troppo luoghi i fazenderos sfruttano la gente, senza subire nessuna conseguenza, sguazzando nell'impunità”. Dal 1995, il governo ha riscattato 25mila lavoratori, mentre il numero dei responsabili finiti in carcere è miseramente basso.
Il segretario dei Diritti Umani, Paolo Vanucci, ha annunciato durante una riunione della Commissione nazionale per lo sradicamento del lavoro schiavo che nel 2008 si “rafforzerà” la lotta, sfruttando l'energia di un anniversario tanto importante, “60 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani”. La Commissione coordina i lavori dei diversi ministeri le cui competenze si intersecano in questa missione. Fra questi il ministero del Lavoro e la Polizia Federale, che è colei che direttamente affronta la battaglia sul campo.
Bolsa Familia. “Essere uno schiavo del lavoro significa non percepire un salario, essere costretti a fatiche sovrumane e non poter uscire dalla fazenda senza il permesso del padrone”, ha voluto tornare a sottolineare il portavoce, quasi per essere sicuro che il problema venga inquadrato in tutte le sue luci e ombre. Quindi, indagini, pedinamenti e blitz. Questi gli step principali, ma dopo esser stato liberato, il lavoratore dove finisce? “Non appena viene riscattato, il lavoratore viene inserito in un registro e riceve un indennizzo per i danni morali, quindi viene aiutato dal programma Bolsa Familia”, il criticato sussidio che circa 40mila brasiliani poveri ricevono dallo Stato. È degli ultimi giorni, infatti, la notizia diffusa dal governo, che 20milioni di brasiliani over 16 sarebbero passati dalle fasce D ed E - che per l'Istituto brasiliano di geografia e statistica corrispondono a povertà e povertà assoluta – a una “povertà relativa”, proprio grazie al cosiddetto “piano di distribuzione del reddito”, fortemente voluto dal presidente Lula. Ne ha dato notizia il giornale Folha de Sao Paulo, riportando uno studio basato su cifre di Datafolha: nel 2003 le classi sociali D ed E rappresentavano il 46 percento dei 190 milioni di brasiliani, oggi il 26 percento. Ma a criticare come agisce la Bolsa Familia sono in tanti. Fra questi, addirittura Frei Betto, che di Lula è amico da sempre e che nel governo ricopriva un ruolo di primo piano proprio nella gestione dei piani sociali.
La critica. Come ha sottolineato a Peacereporter Chiara de Poli, di Amici dei Sem terra, il piano "bolsa familia" era nato come piano di emergenza, per garantire un minimo di sostentamento alle famiglie più povere. Purtroppo, però, non è mai stato sostenuto da una politica sociale adeguata ed è diventato una mera elemosina. “Non si tratta quindi di 20 milioni di poveri in meno – precisa - e nemmeno di redistribuzione del reddito. A spiegarlo le parole di Frei Betto che si è dimesso dal suo incarico governativo proprio perché in dissenso con le politiche sociali del governo. 'Se il programma sociale Bolsa Familia non sarà affiancato da riforme strutturali, sarà il disastro. Già è stato pensato al giorno in cui i benefici finanziari saranno sospesi? I beneficiari diventeranno non solo più poveri ma anche incapaci di far qualcosa. Ma se ci fosse una sinergia con la riforma agraria, sanitaria, dell'educazione, del cooperativismo, del microcredito, avremo una rivoluzione pacifica in questo paese”. Tutto questo, per ora, è molto lontano dal Brasile di Lula e dai suoi passi avanti.
PeaceReporter
2007, 5mila lavoratori sottomessi in schiavitù liberati dal governo brasiliano
Cinquemila persone sottomesse a condizioni di vita “analoghe alla schiavitù” sono state liberate in un anno dal Governo brasiliano, che da sempre ha inserito questa piaga fra le emergenze da debellare, tanto da costruire un ufficio operativo che non si occupa d'altro.
Un po' ovunque. Erano tutti contadini, costretti a turni massacranti, in condizioni di vita misere, pagati con frustrate e violenza. Nessun diritto. Nemmeno alla salute. Gli uomini di Lula li hanno scovati nelle più sperdute fattorie del Brasile, ridotti a pelle e ossa. “Il 2007 è stato uno degli anni più vittoriosi in questa lotta - ha commentato con tono fiero il portavoce della Segreteria dei diritti umani, che dipende dalla Presidenza della Repubblica -. Ma la schiavitù continua a essere una realtà in molte regioni. Sradicarla è, comunque, una delle nostre priorità, e i risultati dimostrano quanto finora siamo stati efficaci”.
La lotta di Lula. Passo complementare sarà, però, sconfiggere l'impunità. “C'è ancora tanto da fare – ha ammesso il portavoce – in troppo luoghi i fazenderos sfruttano la gente, senza subire nessuna conseguenza, sguazzando nell'impunità”. Dal 1995, il governo ha riscattato 25mila lavoratori, mentre il numero dei responsabili finiti in carcere è miseramente basso.
Il segretario dei Diritti Umani, Paolo Vanucci, ha annunciato durante una riunione della Commissione nazionale per lo sradicamento del lavoro schiavo che nel 2008 si “rafforzerà” la lotta, sfruttando l'energia di un anniversario tanto importante, “60 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani”. La Commissione coordina i lavori dei diversi ministeri le cui competenze si intersecano in questa missione. Fra questi il ministero del Lavoro e la Polizia Federale, che è colei che direttamente affronta la battaglia sul campo.
Bolsa Familia. “Essere uno schiavo del lavoro significa non percepire un salario, essere costretti a fatiche sovrumane e non poter uscire dalla fazenda senza il permesso del padrone”, ha voluto tornare a sottolineare il portavoce, quasi per essere sicuro che il problema venga inquadrato in tutte le sue luci e ombre. Quindi, indagini, pedinamenti e blitz. Questi gli step principali, ma dopo esser stato liberato, il lavoratore dove finisce? “Non appena viene riscattato, il lavoratore viene inserito in un registro e riceve un indennizzo per i danni morali, quindi viene aiutato dal programma Bolsa Familia”, il criticato sussidio che circa 40mila brasiliani poveri ricevono dallo Stato. È degli ultimi giorni, infatti, la notizia diffusa dal governo, che 20milioni di brasiliani over 16 sarebbero passati dalle fasce D ed E - che per l'Istituto brasiliano di geografia e statistica corrispondono a povertà e povertà assoluta – a una “povertà relativa”, proprio grazie al cosiddetto “piano di distribuzione del reddito”, fortemente voluto dal presidente Lula. Ne ha dato notizia il giornale Folha de Sao Paulo, riportando uno studio basato su cifre di Datafolha: nel 2003 le classi sociali D ed E rappresentavano il 46 percento dei 190 milioni di brasiliani, oggi il 26 percento. Ma a criticare come agisce la Bolsa Familia sono in tanti. Fra questi, addirittura Frei Betto, che di Lula è amico da sempre e che nel governo ricopriva un ruolo di primo piano proprio nella gestione dei piani sociali.
La critica. Come ha sottolineato a Peacereporter Chiara de Poli, di Amici dei Sem terra, il piano "bolsa familia" era nato come piano di emergenza, per garantire un minimo di sostentamento alle famiglie più povere. Purtroppo, però, non è mai stato sostenuto da una politica sociale adeguata ed è diventato una mera elemosina. “Non si tratta quindi di 20 milioni di poveri in meno – precisa - e nemmeno di redistribuzione del reddito. A spiegarlo le parole di Frei Betto che si è dimesso dal suo incarico governativo proprio perché in dissenso con le politiche sociali del governo. 'Se il programma sociale Bolsa Familia non sarà affiancato da riforme strutturali, sarà il disastro. Già è stato pensato al giorno in cui i benefici finanziari saranno sospesi? I beneficiari diventeranno non solo più poveri ma anche incapaci di far qualcosa. Ma se ci fosse una sinergia con la riforma agraria, sanitaria, dell'educazione, del cooperativismo, del microcredito, avremo una rivoluzione pacifica in questo paese”. Tutto questo, per ora, è molto lontano dal Brasile di Lula e dai suoi passi avanti.
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Sono presenti 2 commenti
molto suggestivo l'uso delle immagini che fate in alcuni post. Complimenti per lo spessore giornalistico...
saluti, Giada
Certo che ce n'è ancora di lavoro da fare per avere un mondo giusto e con diritti uguali per tutti...
Simone
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