mercoledì, gennaio 30, 2008
La mediazione tra Kibaki e Odinga non ferma il massacro: oltre mille morti

da PeaceReporter

Mentre nelle stanze della politica si riunivano i principali attori della crisi, il presidente Mwai Kibaki, il candidato dell'opposizione sconfitto Raila Odinga, e l'ex Segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan, attorno a loro esplodeva l'inferno. Il Kenya brucia, devastato da una guerra civile che giorno dopo giorno sta assumendo proporzioni sempre più catastrofiche. Ieri decine di cadaveri sono rimasti sul terreno dopo gli scontri tra le etnie minoritarie, coalizzatesi contro i kikuyo, 'padroni' dell'economia e della politica kenyota. Le violenze sono iniziate dopo che Kibaki ha vinto - secondo molti in modo illegittimo - le elezioni presidenziali del 27 dicembre scorso.

Migliaia di sfollati. Sale il bilancio dei morti, di pari passo con l'estensione del conflitto a numerose città del Paese. Nella Rift Valley, regione occidentale del Kenya, la mattanza ha sinora mietuto oltre mille vittime. Kakamega, Kisumi, Eldoret, Nakuru sono in guerra, mentre scontri sono segnalati anche al confine con l'Uganda. Nella capitale Nairobi è stato ucciso un deputato del partito di opposizione Orange Democratic Movement, Mugabe Were. Elicotteri dell'esercito hanno sorvolato ieri Navaisha, aprendo il fuoco su una folla di persone che aveva attaccato la stazione di polizia. Sempre a Nairobi, la baraccopoli di Kibera, un milione di abitanti, è attraversata da bande armate di machete, e numerosi edifici sono in fiamme. Testimonianze raccolte da PeaceReporter negli ambienti dell'organizzazione di Padre Kizito, Africa Peace Point (App), hanno raccontato che la polizia sta pattugliando le strade della capitale. In alcuni casi la gente viene dispersa sparando. Gli agenti hanno l'ordine di fare fuoco sui saccheggiatori, sulle persone armate e su chiunque blocchi le strade.

Case confiscate. Nei sobborghi di Satelite, Kawangare e Waithaka, fonti della App hanno detto che ai kikuyu residenti nella zona restano 24 ore, dal pomeriggio di ieri, per andarsene prima che alle loro case venga appicato il fuoco. L'organizzazione, che lanciò numerosi appelli all'indomani delle prime - sottovalutate - violenze innescate dalla terza etnia del Paese, quella dei Luo, ha reso noto che gli sfollati negli slums della capitale, dall'Eastland a Kibera, si contano nell'ordine delle decine di migliaia. "Migliaia di famiglie - si legge nel comunicato della App - non sono state in grado di recuperare i loro beni, e le loro case sono state bruciate o confiscate. La maggior parte di loro sono arrivate senza cibo ai campi profughi. Molti, soprattutto tra gli abitanti di Kibera, non hanno voluto abbandonare le loro abitazioni nemmeno sotto costrizione, perchè una volta abbandonate, le case non sarebbero state loro restituite".

Mediazione disperata. Alcune zone di uno dei sobborghi più grandi dell'Africa sono inaccessibili, e l'emergenza umanitaria è destinata ad aggravarsi man mano che il tempo passa. La stima, ma sono cifre del tutto aleatorie, parla di oltre 270 mila profughi. La disperata mediazione di Kofi Annan, che ieri vaticinava una soluzione politica entro un mese, giunge dopo cinque settimane di violenze, esplose dopo le elezioni ma, secondo molti, preordinate per rovesciare il potere dei kikuyu. Tuttavia, la sensazione predominante, tra le voci raccolte sul luogo da PeaceReporter, è che, anche se Kibaki e Odinga trovassero un accordo, le faide e le vendette tra comunità potrebbero continuare a lungo. L'odio etnico - la storia dell'Africa insegna - è un fuoco assai difficile da spegnere.

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