sabato, gennaio 26, 2008

da Radio Vaticana

Unanime la condanna della comunità internazionale per l’attentato che, ieri mattina in Libano, ha ucciso quattro persone, tra le quali anche il responsabile dei servizi che indagava sulla morte dell’ex premier Hariri. E la crisi politica libanese si fa ancora più incandescente. Nessuna esitazione da parte della Casa Bianca a puntare il dito ancora una volta contro Damasco, accusata di finanziare il terrorismo in Libano. Sulle ragioni di questa nuova ondata di violenza Stefano Leszczynski ha intervistato Roger Bouchaine, direttore dell’Osservatorio geopolitica mediorientale (
ascolta):

R. – Già da parecchio tempo si è accertata in territorio libanese la presenza di gruppi salafiti legati ad al Qaeda. Questo inasprimento del terrorismo era già nell’aria da parecchio tempo. Da quando, cioè, l’esercito libanese è intervenuto nel nord del Libano, e precisamente nel campo profughi palestinese di Nahr al-Bared, per fermare ed eliminare tutte le attività del gruppo salafita che aveva preso il controllo del campo profughi palestinese. Chiaramente questi attentati sono il prezzo che l’esercito e la polizia libanese stanno pagando per avere riportato la stabilità in quell’area del Paese.

D. – Lei ritiene dunque che questi attentati siano più legati alla attività di sicurezza interna esercitata negli ultimi mesi, che non alla crisi politica in atto nel Paese...


R. – Entrambe le cose sono fortemente legate tra loro, perché tutto quello che sta accadendo è riconducibile al comportamento di ciascun politico libanese, sia egli un leader di partito, un rappresentante istituzionale o un responsabile della sicurezza.

D. - Sembra che in questo periodo l’attenzione della comunità internazionale non sia particolarmente concentrata sul Libano. Come si può leggere quello che sta avvenendo?


R. - Ogni volta che accade un attentato in Libano sembra sempre che la Comunità internazionale non possa occuparsi della sicurezza e della salvaguardia della vita delle persone. Questo, nonostante la presenza massiccia dell’ONU, presente sul territorio libanese con migliaia di soldati. Ogni volta sembra che una soluzione della crisi sia a portata di mano, ma è una sensazione che viene smentita ogni volta che un attentato provoca decine di vittime. E l’ONU non può fare nulla, il contingente internazionale sta lì a guardare.


D. - Come si potrebbe immaginare una soluzione della crisi libanese?


R. - Finché in Libano ci sarà una milizia, come quella di Hezbollah, con a disposizione più armi dell’esercito, e che rappresenta un vero e proprio Stato dentro lo Stato, resterà uno squilibrio tra chi vuole applicare la democrazia nel Paese e chi preferisce lascia il Paese in mano a bande sostenute da forze esterne.


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