martedì, febbraio 05, 2008

da Radio Vaticana

'La situazione della popolazione cristiana irachena e' quella di una comunita' che ha perso fede nel proprio Paese. Percio' l'emigrazione si e' trasformata in un esodo, in una fuga. La paura domina ogni aspetto della vita e ogni episodio di violenza diventa una minaccia mortale''. E' quanto afferma mons. Jean Benjamin Sleiman, arcivescovo latino di Baghdad in un'intervista alla rivista ''Terrasanta'' della Custodia francescana di Gerusalemme, pubblicata alla vigilia dell’appello del Papa all’Angelus di ieri, che è tornato ad invocato la pace in Iraq. ''Bisogna aggiungere poi - afferma il presule - le difficolta' economiche. Le minacce dei fondamentalisti di vendicarsi di chiunque lavori per gli alleati o addirittura per lo Stato o anche per compagnie straniere, ha fatto perdere a molti il posto lavoro.

Tanti altri lo hanno perso perche' le fazioni dominanti lo hanno preteso. Infine c'e' da segnalare che l'esodo verso il Nord procura una maggiore sicurezza ma non necessariamente il lavoro. Comunque i villaggi cristiani del Nord mancano terribilmente di infrastrutture, di imprese artigianali, industriali o commerciali''. In quanto al ruolo che i cristiani potranno avere per il futuro del Paese, mons. Sleiman sottolinea che ''purtroppo il nuovo Iraq, anche se la sua Costituzione menziona i cristiani, sembra ignorare le minoranze. Il Paese verrebbe diviso tra le tre grandi maggioranze: la sunnita, la sciita e la curda. In tale contesto c'e' uno spazio importante per le chiese cristiane d'occidente che potranno avere una funzione positiva in questa fase. ''Le comunita' cristiane d'Occidente - spiega l'arcivescovo latino di Baghdad - possono innanzitutto richiamare alla mente di tutti, specie dei governanti, che l'Oriente cristiano esiste e puo' svolgere un ruolo molto positivo a servizio della pace, della coesistenza e dei rapporti culturali. La presenza cristiana nei Paesi arabo-islamici va protetta anche per il bene delle stesse societa' arabo-islamiche: le aiuta a non chiudersi e a non isolarsi in fondamentalismi narcisisticamente violenti''. (R.P.)


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