domenica, febbraio 24, 2008
Nonostante le incertezze e l’imposizione mediatica di modelli distorti, “anche nel nostro tempo educare bene è possibile”. E’ il messaggio lanciato stamattina da Benedetto XVI alle migliaia di fedeli della diocesi di Roma, guidati dal cardinale vicario, Camillo Ruini, e radunatisi in Piazza San Pietro per ascoltare le riflessioni del Papa sull’“emergenza educativa”. Riflessioni già espresse dal Pontefice nella sua Lettera firmata lo scorso 21 gennaio, già distribuita in un milione di copie in diocesi e consegnata oggi ai romani. Ai giovani in particolare, Benedetto XVI ha chiesto di accogliere il patrimonio del cristianesimo per una sana crescita morale, culturale e spirituale. Il servizio di Alessandro De Carolis (Radio Vaticana).

Il Papa porta la “grande sfida” dell’educazione in piazza. La porta in Piazza San Pietro, davanti a oltre 50 mila persone, tra i cosiddetti “soggetti attivi” nei campi della formazione giovanile: genitori, insegnanti, catechisti, che si rivolgono a lui con espressioni di gratitudine e con esperienze che vogliono dimostrare la valenza pratica delle affermazioni pontificie. Le parole di Benedetto XVI parlano al cuore di ciascuna categoria, riprendendo e ampliando alcune delle considerazioni scritte nella Lettera inviata alla Diocesi un mese fa. Il concetto cardine della lettera e del discorso in Piazza non muta: oggi, ha affermato il Pontefice - nella sua veste più specifica di vescovo di Roma - c’è una diffusa “preoccupazione” per quella “grande emergenza educativa”, che sembra confondere gli educatori e indurli a un passo indietro, piuttosto che a un rilancio della sfida: “Educare non è mai stato facile e oggi sembra diventare sempre più difficile: perciò non pochi genitori e insegnanti sono tentati di rinunciare al proprio compito, e non riescono più nemmeno a comprendere quale sia, veramente, la missione loro affidata. Troppe incertezze e troppi dubbi, infatti, circolano nella nostra società e nella nostra cultura, troppe immagini distorte sono veicolate dai mezzi di comunicazione sociale. Diventa difficile, così, proporre alle nuove generazioni qualcosa di valido e di certo, delle regole di comportamento e degli obiettivi per i quali meriti spendere la propria vita”.

Ma se siamo qui oggi, ha incalzato, è “anche e soprattutto perché ci sentiamo sostenuti da una grande speranza e da una forte fiducia”. Speranza e fiducia che nascono dalla fede in Cristo e dai valori del Vangelo e che rispondono all’ansia di chi - in famiglia, a scuola o in Chiesa - sperimenta le complicazioni nella trasmissione di un’eredità di “fede e cultura” particolarmente ricca in una città come Roma. E qui, Benedetto XVI - a differenza della lettera nella quale offriva indicazioni concrete - ha preferito incoraggiare una ad una le varie categorie di educatori. Ai genitori ha chiesto anzitutto di “rimanere saldi per sempre” nel reciproco amore, perché questa fedeltà nutre i figli di serenità: “Il bene che volete ai figli deve poi darvi lo stile e il coraggio del vero educatore, con una coerente testimonianza di vita ed anche con la fermezza necessaria per temprare il carattere delle nuove generazioni, aiutandole a distinguere con chiarezza il bene dal male ed a costruirsi a loro volta delle solide regole di vita, che le sostengano nelle prove future. Così farete ricchi i vostri figli dell’eredità più preziosa e duratura, che consiste nell’esempio di una fede quotidianamente vissuta”.

Incomprensioni e delusioni, ha proseguito il Papa rivolgendosi agli insegnanti, non devono scoraggiare chi è chiamato a trasmettere ai giovani la conoscenza ma non solo: “Il vostro compito, perciò, non può limitarsi a fornire delle nozioni e delle informazioni, lasciando da parte la grande domanda riguardo alla verità, soprattutto a quella verità che può essere di guida nella vita. Siete infatti, a pieno titolo, degli educatori: a voi, in stretta sintonia con i genitori, è affidata la nobile arte della formazione della persona”.

Per il clero, le suore e i catechisti l’esortazione di Benedetto XVI è stata altrettanto chiara: per “far toccare con mano” ai ragazzi l’amicizia con Gesù l’unica strada è quella di “testimoni sinceri e coraggiosi della libertà che rende liberi”. Quindi, il Papa si è rivolto alla grande massa di giovani che ha affollato la piazza. La sostanza del suo invito è stata: voi non siete soltanto oggetto della vostra educazione ma anche i protagonisti: “Voi stessi siete chiamati ad essere gli artefici della vostra crescita morale, culturale e spirituale. Sta a voi, dunque, accogliere liberamente nel cuore, nell’intelligenza e nella vita il patrimonio di verità, di bontà e di bellezza che si è formato attraverso i secoli e che ha in Gesù Cristo la sua pietra angolare. Sta a voi rinnovare e sviluppare ulteriormente questo patrimonio, liberandolo dalle tante menzogne e brutture che spesso lo rendono irriconoscibile e provocano in voi diffidenza e delusione”.

Dio “è l’ospite segreto dei nostri cuori”, che vuole e illumina il nostro bene, ha concluso Benedetto XVI. “Di Lui ci possiamo fidare”.

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