Agenzia Misna - “La città è in ginocchio. Moltissime case sono state distrutte o danneggiate. Tantissima gente non ha più un tetto e si rifugia nelle strutture disponibili, in particolare le scuole o gli edifici governativi che sono affollatissimi. C’è disperazione e stordimento”: così racconta alla MISNA una fonte raggiunta a Yangon che ha chiesto l’anonimato. “Non c’è corrente, i pali della luce sono stati strappati via dal ciclone e le linee telefoniche sono saltate completamente. Ma siamo preoccupati soprattutto per l’acqua: le tubature si sono rotte, interrompendo il flusso, e la rete idrica potrebbe essersi inquinata” ha detto la fonte prima che la linea cadesse. La gestione degli sfollati, dei feriti ma anche dei malati rappresenta la prima emergenza. “I nostri centri medici, in cui seguivamo 8000 pazienti sieropositivi, sono stati immediatamente riconvertiti per l’assistenza ai feriti, ma gran parte delle medicine sono andate perse e la mancanza di energia elettrica, che non permette neanche di ricaricare i cellulari, e di acqua potabile rende tutto molto difficile” dice alla MISNA Sergio Cecchini di ‘Medici Senza Frontiere’ che è in contatto con gli operatori dell’organizzazione non governativa attualmente presenti in Myanmar, dove ‘Msf’ opera dal 1992.
Difficile valutare con precisione la situazione complessiva in città e ancora di più fuori da Yangon – precisa Cecchini – a causa delle comunicazioni interrotte, per il difficile accesso alle informazioni e le restrizioni di movimento con cui hanno dovuto sempre fare i conti gli operatori umanitari in loco. “La situazione è critica e i medici sono preoccupati anche per le migliaia di pazienti a cui rifornivano medicinali antiretrovirali, che vanno presi regolarmente e sotto controllo medico, e che ora sono senza assistenza e molto probabilmente senza farmaci; rischiano di esser due volte vittime del ciclone. Inoltre – conclude - preoccupa tutto quel ristagno d’acqua in una zona fortemente malarica”.
[BF]
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