mercoledì, maggio 14, 2008
Testimonianze delle violenze avvenute in una piccola città del nord del Libano.

da PeaceReporter

Sami ha 26 anni. Vive ad Akkar, una città situata al nord del Libano. La barbarie delle milizie che in questi ultimi giorni ha incendiato il paese dei cedri non ha risparmiato né lui né la sua famiglia. Gli scontri avvenuti nel fine settimana, tra la milizia di Hariri e quella del partito social-nazionalista siriano (SSNP, pro-opposizione) ad Halba, città del Libano Nord, situata al confine con la Siria saranno ricordati come l’ennesimo massacro nella storia del Libano.

Ragazzi a terra, pieni di sangue, la maggior parte morti e coperti con un lenzuolo scuro altri ancora vivi ma gravamente feriti, grida e insulti è questo lo scenario che offriva “il campo di battaglia” a pochi minuti dalla fine, immagini crudeli, atroci, simbolo di una lotta o di una guerra incivile. “Eravamo nella sede del nostro partito quando verso le 11 di mattina un centinaio di miliziani del movimento Mostaqbal di Hariri”, ha cominciato a raggrupparsi attorno al nostro ufficio”, racconta Sami. “Hanno tentato di entrare con colpi di armi e spranghe ma noi ci siamo difesi. Dopo sette ore di combattimenti tramite la mediazione di qualche sheikh del villaggio siamo giunti ad un patto: noi saremmo usciti senza armi e l’esercito avrebbe preso il controllo del nostro ufficio. Siamo usciti fuori e mentre aspettavamo che l’esercito arrivasse hanno cominciato a sparare. Eravamo senza armi non potevamo difenderci. Mio fratello Fadi di 28 anni è morto”. Il tragico bilancio dello scontro è di undici morti e otto feriti, uno dei quali, a sentire un’attivista del SSNP, sarebbe deceduto mentre veniva trasportato in ospedale. Gli avevano stato sparato davanti a un medico.

Al telefono Ali Kanso, segretario generale del partito SSNP commenta: “Questa è la conseguenza delle decisioni del 14 marzo di combattere la resistenza in tutte le regioni. Questi attacchi sono di tipo confessionale. E’ il governo Seniora ad essere responsabile di questo massacro. Chiedo che gli autori siano consegnati alla giustizia. Hanno attaccato questa sede perché è di un partito laico che da sempre lotta contro il regime confessionale in Libano”. A notte fonda alcuni attivisti del movimento Moustaqbal di Hariri avrebbero anche attaccato alcune case di persone pro-opposizione, si legge sul giornale As-Safir. “Hanno sfondato le porte di casa mia e mi hanno distrutto tutto, questo è lo Stato che abbiamo? LA gente muore a causa di una confessione?, dice Alia, 55 anni, piangendo. “Sono costretto a prendere le armi e a combattere”, dice Hani, 25 anni, altrimenti rubano il mio paese, non ho altra scelta”. “Tutti qui hanno delle armi, anche partiti di quella maggioranza al governo che vuole il disarmo di “altre milizie”, dice Samia, una donna di Halba di 49 anni.

Il ricordo di un Libano unito e solidale così come si era manifestato durante e dopo la guerra dell’estate 2006 sembra davvero essere sparito.

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