martedì, maggio 06, 2008
Intervista a Renzo Puccetti, studioso e ricercatore pisano e autore del libro "L'uomo indesiderato - dalla pillola di Pincus alla Ru 486", edito dalla Società Editrice Fiorentina.

Dottor Puccetti, innanzitutto, perché un altro libro di bioetica?
Il libro tratta delle tematiche bioetiche di inizio vita affrontandole con un approccio generalmente poco seguito, dal momento che in genere molta più attenzione è rivolta all’esame dell’aspetto etico delle questioni. Nel libro sono invece tornato ad affrontare il primo scalino della riflessione, quello medico-scientifico, rimanendo ad un livello di comprensibilità anche per i non addetti. Nella mia esperienza troppo spesso mi sono accorto che le persone tendono a dare per vero quello che è soltanto verosimile.

Ci può dare un esempio?
Guardi, in un recente dibattito pubblico in cui ero stato invitato a confrontarmi su questi temi mi sono sentito rivolgere questa contestazione circa l’embrione umano da una signora secondo la quale la madre avrebbe avuto comunque il diritto di decidere della vita del concepito: “Si tratta comunque di una cellula della madre e senza la madre non avrebbe alcuna possibilità di vivere”. Confesso che in quel momento mi sono venute in mente le parole del cardinale Caffarra quando parla di “catastrofe educativa”. Nel caso specifico la signora giustificava il possesso dell’embrione da parte della madre sulla base di un’identità genetica che non esiste; il figlio, anche quando è solo allo stadio di sviluppo di una cellula, non è mai una cellula della madre, non si tratta di fede, ma di biologia elementare. Allo stesso modo la presenza di un’altra persona per la nostra sopravvivenza è condizione che accomuna molte stagioni della vita, la dipendenza accomuna il neonato, il vecchio e il malato; di nuovo non si tratta di fede, ma di corretto esercizio della ragione.

Nel libro lei afferma che la contraccezione non riduce gli aborti, come si spiega?
È così. Anzi, soffro quando i cattolici non sanno che cosa rispondere di fronte all’accusa che proprio la Chiesa favorisce di fatto l’aborto per la sua opposizione alla contraccezione. Eppure gli studi medico-scientifici mostrano da un lato la fallibilità della contraccezione, quando dal piano della teoria si passa a quello del reale utilizzo, dall’altro sappiamo ormai che la diffusione della contraccezione si associa ad un incremento della propensione ad abortire e questo è il fattore più importante per determinare il livello del ricorso all’aborto. Il Santo Padre, Paolo VI, lo aveva previsto con lucidità impressionante quaranta anni fa, lo attesta l’enciclica “Humanae Vitae”, al tempo molto contestata. Da allora sono passati quattro decenni, i fatti e i dati hanno dato ragione al Papa; la scienza, la vera scienza, se volesse confermarsi tale, dovrebbe abbandonare l’ideologia e riconoscere che le sue previsioni sono state completamente errate.

Come è potuto accadere?
Perché alcuni scienziati e medici lavorano sulla base di un preconcetto riduzionistico materialista, l’idea che l’uomo non sia troppo diverso da una cavia da laboratorio. Sbagliate le premesse, è facile che le conclusioni siano altrettanto errate.

L’argomento della revisione della legge 194 è uno dei temi periodicamente ricorrenti, c’è chi pensa che il problema sia solo quello di applicare interamente la legge, lei che cosa ne pensa?
La legge è intrinsecamente iniqua in quanto privilegia un fumus di possibile rischio per la salute della madre alla perdita certa della vita umana; è inoltre profondamente ipocrita perché se almeno non sancisce l’aborto come un diritto consente nei fatti che lo sia. Non è un caso che nella scheda di raccolta dati dell’ISTAT dei casi di aborto non sia prevista la domanda più ovvia: “Perché?”. Come si può pensare di mettere in atto interventi legislativi di sostegno alle donne che si trovano ad affrontare una gravidanza difficile, se in partenza si rinuncia a domandare quale sia il motivo che spinge la donna a richiedere l’aborto. Se da trent’anni l’aborto viene gestito in questo modo senza che nessun magistrato abbia avuto alcunché da obiettare è segno che la legge consente questo tipo di gestione. È ovvio che una tale legge può essere rivista soltanto se nel paese si crea un clima culturale favorevole al cambiamento, ma l’atteggiamento del bene possibile rischia di smarrirsi se perde di vista qual è il vero bene.

Si dice che vi sono situazioni in cui bisogna scegliere tra la salute della donna e la vita del concepito.
Il problema che nel calderone della salute vengono fatti rientrare i desideri. Vi è poi la divulgazione dei dati. Mi è capitato di sentirmi dire in un dibattito pubblico dal mio interlocutore, ginecologo abortista, che vi sono donne che abortiscono la mattina e poi la sera vanno a cena fuori col fidanzato. Se lo dice sarà vero, il problema è che un medico non dovrebbe limitarsi alle conseguenze a breve termine quando considera le proprie azioni. Le donne che abortiscono hanno una mortalità tripla ed un tasso di suicidi del 700% rispetto a quelle che danno alla luce il figlio. Le complicanze psicologiche dell’aborto spesso non sono immediate, ma rimangono per lungo tempo sommerse, come un fiume carsico, per poi ripresentarsi a distanza di anni. È chiaro che questi casi non si ripresenteranno mai dal ginecologo che ha effettuato loro l’aborto, il quale sarà così indotto a pensare che il caso sia andato tutto per il meglio. Per questo è importante non sentire solamente la campana dei medici abortisti quando ci si vuole fare un quadro del fenomeno. D’altra parte all’inizio di quest’anno il Royal College of Psychiatrists inglese ha stilato un documento nel quale si afferma che le donne dovrebbero essere avvertite dei potenziali seri pericoli per la loro salute mentale derivanti dall’aborto. In Inghilterra l’aborto è stato legalizzato nel 1967, ci sono voluti quarantuno anni perché la medicina accettasse un fatto che non piace all’ideologia pro-choice.

Dottor Puccetti, per concludere, a chi è rivolto il suo libro?
In prima istanza ritengo sia uno strumento di formazione messo a disposizione di coloro che a vario titolo si interessano delle tematiche relative alla salute femminile, credo che possa essere utile anche ai rappresentanti della Chiesa, spesso sottoposta all'accusa di oscurantismo, in quanto si conferma che fede e ragione, fede e scienza, anche in quest’area, non sono tra loro assolutamente in contraddizione, non è giustificato avere atteggiamenti di soggezione, una volta che la realtà sia esaminata con onestà intellettuale, la verità non è da temere; la scienza va rispettata, ma la scienza deve avere la percezione del proprio ambito e soprattutto deve depurarsi dall’ideologia. Insomma un piccolo contributo per scoprire la verità al di là degli slogans tanto suadenti quanto inconsistenti.

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