venerdì, maggio 09, 2008
Lo sciopero degenera in violenze confessionali, Nasrallah annuncia proposta di accordo dal governo.

da PeaceReporter

La capitale senza presidente e senza un governo (ormai) sembra essere arrivata ad un punto di non ritorno. La khat al tamas (letteralmente “linea di contatto”, conosciuta come linea verde, quella cioè che durante la guerra civile divideva Beirut in due) è stata di nuovo innalzata. Per chi l’avesse dimenticato quello di ieri era uno sciopero, indetto dalla Confederazione generale dei lavoratori, per chiedere un aumento salariale e protestare contro l’aumento dei prezzi, che ha toccato anche gli alimenti di prima necessità.

Ancora una volta il confronto sempre più aspro tra la maggioranza (Hariri- Geagea- Joumblatt, blocco 14 Marzo) e l’opposizione (Nasrallah- Berri- Aoun, blocco 8 Marzo) ha avuto la meglio spogliando lo sciopero della sua vera essenza e rivestendolo con abiti “comunitari” o di “scontro tra confessioni”. Così le milizie illegali hanno potuto giustificare la loro discesa in campo presentandosi come ai tempi della guerra civile (1975-1990) come “protettrici della loro zona”, legata chiaramente ad una confessione. Gli uomini delle milizie hanno ripreso a sparare, gli stessi uomini che nel corso di varie manifestazioni a Beirut organizzate lo scorso Aprile per commemorarare l’anniversario dell’inizio della guerra civile (13 Aprile 1975) avevano giurato che mai più avrebbero preso le armi per puntarle contro un altro libanese. “Stavolta è diverso, se il nostro leader ci chiama noi dobbiamo rispondere”, mi dice un miliziano di Amal.

Nei quartieri di Beirut, nella valle della Bekaa, a nord così come al sud ancora oggi si continua a sparare. Una donna uccisa e altre quattro persone sono rimaste ferite in scontri avvenuti nella città di Saadnayel, riferisce la tv al- Jazeera, mentre l’agenzia ufficiale libanese Nna riferisce di due feriti durante gli scontri a Tripoli, al nord del paese. Auto dell’ambasciata iraniana sono state prese a sassate al confine con la Siria mentre atitvisti del movimento al- Mustaqbal, capeggiato da Saad Hariri, hanno chiuso le strade che conducono al confine siriano. Il capo dell’esercito, Michel Sleimane, candidato alla nomina presidente della repubblica, ha dichiarato al settimanale libanese Magazine che “garantirà l’unione dell’Esercito e che i leader politici non hanno diritto di sabotare l’unità del paese”. “Hezbollah vuole il dialogo e vuole mantenere le sue armi e la sua rete telefonica” ha invece dichiarato il segretario generale di Hezbollah, Hasan Nasrallah nel corso di un discorso televisivo trasmesso dalla televisione al- Jazeera. Il leader ha inoltre riferito di una proposta del governo Seniora che gli avrebbe offerto di poter “mantenere la sua rete telefonica in cambio dello smantellamento del sit- in di piazza dei Martiri” (sit-in che blocca il centro città dal 1 Dicembre 2006 chiedendo le dimissioni del premier Sinora e nuove elezioni).

Pochi giorni fa il governo Seniora ha dichiarato illegale la rete telefonica privata e il sistema di videosorveglianza delle piste dell’aeroporto allestiti da Hezbollah. Il governo aveva tolto dall’incarico il responsabile della sicurezza il generale Wafiq Chouchair. Intanto a Beirut girano varie voci sugli avvenimenti degli ultimi giorni. Per alcuni attivisti dell’opposizione il responsabile della crisi sarebbe il leader druso Joumblatt “che sta ora portando a termine il lavoro degli israeliani”, quello cioè di creare caos nel paese. Per altri ancora Amal e Hezbollah avrebbero rifiutato l’offerta generosa di Hariri e Joumblatt di riattivare quell’alleanza tripartita del 2005 che gli permise di vincere le elezioni e ne stanno ora pagando il prezzo. Al di la di ogni supposizione e idee di complotto, che sono sempre le prime a venir alla luce in Libano, gli avvenimenti degli ultimi due giorni hanno mostrato quanto le due coalizione siano pronte ad una guerra. Se non è già questa una guerra.

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