domenica, giugno 08, 2008

Presentato un nuovo rapporto della IEA con due scenari che indicano un cambiamento di tecnologie energetiche capace anche di dimezzare le emissioni di anidride carbonica al 2050.

QualEnergia - L’eolico potrà produrre a livello globale oltre 5.000 TWh all’anno entro il 2050, cioè l’equivalente del 17% della domanda mondiale di elettricità, grazie all’installazione di 17.500 turbine ogni anno. Il dato è indicato dal rapporto “Energy Technology Perspectives”, presentato oggi a Tokyo dall’International Energy Agency. Un dato considerato sottostimato dal presidente del Global Wind Energy Council (GWEC) che comunque ritiene questo scenario proposto molto più prossimo a ciò che dovrebbe essere un sistema energetico sostenibile e di gran lunga non paragonabile con altri scenari presentati nel passato dalla IEA. Questo è uno degli aspetti che emergono dal documento IEA che indica le azioni necessario per ridurre le emissioni di anidride carbonica da qui al 2050. In sintesi la tesi presentata è che è necessario uno spostamento massiccio verso le fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica, in particolar su eolico, solare fotovoltaico e termico a concentrazione e biomassa. A dire il vero gli scenari IEA mettono in risalto anche la cattura e il confinamento della CO2 per la generazione di energia elettrica da centrali termoelettriche e l’utilizzo del nucleare.

Secondo lo scenario di base, le emissioni di CO2 dovrebbero aumentare al 2050 del 130% e la domanda di petrolio crescerà del 70%. Una prospettiva non sostenibile, come dice lo stesso rapporto IEA, e in cui la produzione di energia elettrica contribuirà pesantemente nella quota di anidride carbonica in atmosfera, cioè pari al 44%. I due scenari prospettati riguardano due possibili ipotesi: 1) la stabilizzazione delle emissioni di CO2 al 2050 ai livelli attuali (scenario Act); 2) uno scenario molto più spinto e ambizioso che prospetta il dimezzamento delle emissioni alla stessa data (scenario Blue). Nello scenario Blue il 46% dell'energia elettrica mondiale sarà prodotta da fonti rinnovabili che consentiranno una riduzione delle emissioni del 21% rispetto ad oggi. Il 19% di questo taglio è invece attribuibile alla cattura e stoccaggio della CO2 (CCS).

Lo scenario Blue stima che gli investimenti annuali siano pari in media a 45.000 miliardi di dollari, cioè pari al all’1,1% del Pil mondiale annuale, fino al 2050. Un tale costo tuttavia che consente risparmi netti sul costo (senza usare alcun tasso di sconto) per carbone, petrolio e gas. Ciò significa che i risparmi economici sulle fonti fossili sarebbero superiori per l’intero periodo al costo per investimenti addizionali delle tecnologie sostitutive, prendendo in considerazione i combustibili al prezzo odierno.

Insomma, a parte le diverse indicazioni sullo sviluppo e la diffusione delle 17 tecnologie chiave prese in considerazione, il documento IEA fa capire che non c’è più tempo da perdere e già dai prossimi anni gli investimenti addizionali dovrebbero aggirarsi intorno ai 100-200 miliardi di dollari l’anno. Tuttavia, mentre nel rapporto l’aspetto guida è la riduzione dell’anidride carbonica, sembra piuttosto trascurato il problema dell’esaurimento delle fonti fossili e delle altre risorse naturali: la crescita delle economie e quindi della domanda energetica non viene affatto messa in discussione e il problema è solo come “decarbonizzare” la produzione di energia. Un possibile cambiamento dovrebbe però rimettere in discussione l’attuale modello di crescita specialmente dei paesi industrializzati, nei quali già dal prossimo decennio potremmo annoverare a pieno titolo anche Cina e India. Ma questo approccio è nello stile della IEA e forse di tutti i governi mondiali e delle agenzie internazionali. Il più recente esempio ci viene dal congresso FAO appena conclusosi a Roma in cui l’unica ricetta per combattere la fame è la crescita della produzione agricola in un mercato globale e liberalizzato. Ricetta destinata al fallimento, come dimostra l’esperienza di questi ultimi tre decenni.

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