domenica, giugno 29, 2008

Fantasia italiana e prudenza bizantina. Sono le armi vincenti di monsignor Paolo Pezzi e Antonio Mennini, i due ecclesiastici italiani ai quali Benedetto XVI ha affidato il futuro del dialogo con il mondo ortodosso, cui il pontefice tiene moltissimo. Monsignor Mennini, 60 anni è noto alle cronache per aver fatto da tramite tra le Br e la famiglia di Aldo Moro durante i tragici giorni del sequestro: secondo Francesco Cossiga il sacerdote, allora viceparroco, avrebbe addirittura incontrato Moro durante la prigionia. Ora Mennini è rappresentante della Santa Sede presso la Federazione Russa. Diplomatico di grande esperienza è molto apprezzato tanto dalle autorità di Mosca, quanto dalla Chiesa ortodossa.

Un deciso cambio di passo nel dialogo con gli ortodossi è avvenuto a partire dallo scorso mese di ottobre, quando il Papa ha nominato arcivescovo di Mosca un altro italiano, monsignor Pezzi, 46 anni, sacerdote della Fraternità di san Carlo Borromeo al posto del polacco Tadeusz Kondrusiewicz, divenuto arcivescovo di Minsk in Bielorussia. Il nuovo “tandem italiano” sembra aver portato fuori dalle secche il dialogo tra cattolici e ortodossi e fa avvicinare sempre di più la data di un possibile incontro tra Benedetto XVI e il Patriarca ortodosso di Mosca, Alessio II. A fine maggio, di ritorno dalla Russia dopo aver consegnato al Patriarca un messaggio del Papa, il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, ha parlato senza mezzi termini di una nuova “stagione di dialogo tra cattolici e ortodossi”. Nel frattempo, lo scorso 24 maggio, monsignor Pezzi ha ordinato il suo primo sacerdote cattolico, Nikolaj Vojtechoviã, segno di una Chiesa viva e in crescita. Il 29 giugno Pezzi riceverà in San Pietro, dalle mani di Benedetto XVI, il pallio, una stola di lana bianca ricamata con sei croci nere, riservata agli arcivescovi metropoliti, segno di speciale unione con il Papa. In vista di questo appuntamento, Panorama.it ha intervistato il giovane arcivescovo.

Monsignor Pezzi, il dialogo con il mondo ortodosso è una delle priorità di questo pontificato. Come viene accolta dal Patriarcato di Mosca questa apertura?
Molto positivamente. Mi sembra che la Chiesa ortodossa russa abbia compreso come il tendere alla piena unità tra i cristiani non è un semplice auspicio ma un desiderio profondo e un’autentica tensione spirituale di questo pontificato. Da questo punto di vista sono stati essenziali gli incontri che Benedetto XVI ha avuto con diversi esponenti del Patriarcato di Mosca, a cominciare dal metropolita Kirill.

La presenza di diocesi cattoliche sul territorio russo è ancora fonte di scontro con il Patriarcato di Mosca?
Occorre tener presente che la creazione delle diocesi cattoliche nel territorio della Federazione Russa, avvenuta nel 2002, è stato un momento di passaggio volto a garantire una maggiore stabilità e una struttura organica alla Chiesa cattolica. Questa decisione a suo tempo ha sollevato delle polemiche legate al diverso modo di concepire la propria presenza sul territorio da parte delle due Chiese. A poco a poco mi sembra che anche il Patriarcato di Mosca comprenda come la creazione delle diocesi cattoliche non è stata fatta contro qualcuno ma solo per poter meglio venire incontro alle necessità dei cristiani presenti in un territorio molto vasto e molto variegato dal punto di vista della composizione religiosa.

Le questioni sociali sono la frontiera più promettente del dialogo tra cattolici e ortodossi?
La pubblicazione del documento sui “Fondamenti della dottrina sociale della Chiesa ortodossa russa”, approvato dal Sinodo dei vescovi ortodossi nel 2000, ha rappresentato un grande passo in avanti per la Chiesa di Mosca. Su molti punti vengono espresse posizioni assolutamente condivisibili anche dai cattolici. In particolare sul riconoscimento del valore della famiglia e sulla difesa della vita. In Russia si discute di una modifica della legge sull’aborto, puntando a ridurne i margini di applicazione per garantire maggior attenzione al nascituro, alla madre e alla sua famiglia. Su questi temi possiamo fare fronte comune. Così come sul tema del lavoro: siamo chiamati a definire insieme cosa significhi nella Russia di oggi essere cristiani nel mondo del lavoro e portare la propria testimonianza.

Il dialogo ecumenico dal basso, al livello dei fedeli, è più avanti di quello che si svolge fra teologi e tra le diverse gerarchie ecclesiali?
Il dialogo procede sempre su entrambi i binari: il livello sociale e quello dottrinale. Naturalmente l’ecumenismo dal basso, quello che chiamiamo il dialogo della vita, procede più spedito perché è chiamato ad affrontare questioni molto concrete. Allo stesso tempo però la carità vissuta aiuta a superare insieme le differenze dottrinali e ideologiche che si sono sedimentate in mille anni di divisioni tra le due Chiese.

La Chiesa cattolica è accusata dal Patriarcato di Mosca di fare proselitismo. In passato questa accusa ha rappresentato un grave ostacolo al dialogo. Ora il giudizio della gerarchia ortodossa sta cambiando?
Penso che molto sia stato dovuto, in passato, ad un’ignoranza reciproca e ad una scarsa volontà di comprendersi, al di là dei casi concreti che pure possono esserci stati. Ai miei sacerdoti ripeto sempre che il proselitismo comincia là dove finisce la missione. Un’autentica azione missionaria della Chiesa non ha mai come scopo quello di andare contro qualcuno per distruggere le sue convinzioni e indurlo con ogni mezzo ad ingrossare le fila del proprio gruppo. Al contrario la missione è la proposta di qualcosa di bello, di grande e di vero che noi abbiamo incontrato nella nostra vita. Nella vera missione si è sempre rispettosi dell’altro. La missione è una forma di carità, il proselitismo invece è l’opposto della carità.

L’ultima domanda è d’obbligo: quando ci sarà finalmente l’incontro tra il Papa e Alessio II?
Non lo sappiamo ancora. Tuttavia vedo un’accelerazione, una crescita del dialogo che rende questo incontro sempre più realizzabile. Ci sono stati, anche in questi ultimi mesi, molti gesti e molti passi significativi tra le due Chiese. Nessuno di questi può ritenersi decisivo ma ciascuno rappresenta una tappa importante che ci avvicina ad un possibile incontro tra il Papa e il Patriarca di Mosca.



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