Intervista con il postulatore, padre Luigi Borriello.
Radio Vaticana - La Chiesa di Napoli celebra oggi pomeriggio, alle 17.30, l'elevazione di una sua figlia agli onori degli altari. Nella cattedrale di Napoli, sarà proclamata Beata Maria Giuseppina di Gesù Crocifisso - al secolo, Giuseppina Catanea - monaca dell’ordine delle Carmelitane Scalze, morta 60 anni fa nel capoluogo campano, dopo una vita di gravi sofferenze fisiche ma anche di grande carità verso i poveri. Padre Luigi Borriello, il postulatore della Causa di Beatificazione, traccia un profilo della religiosa nell'intervista di Giovanni Peduto (ascolta):
R. - Giuseppina Catanea nacque a Napoli il 18 febbraio 1896 e in famiglia fu sempre chiamata Pinella. Dopo aver compiuto gli studi commerciali, il 10 marzo 1918 entrò nella Comunità carmelitana di Santa Maria ai Ponti Rossi, che era sorta per volontà della sorella Antonietta, divenuta suor Maria Teresa, con l’appoggio del padre Romualdo di Sant’Antonio, dei Carmelitani Scalzi. Piuttosto fragile e malaticcia, nel 1912 fu colpita da attacchi di angina, poi da turbercolosi alla spina dorsale con lesioni alle vertebre, paresi completa e da meningismo spinale. Il 26 giugno (data in cui si è stabilito di celebrare la memoria liturgica) del 1922 fu miracolosamente guarita dal contatto col braccio si San Francesco Saverio, che era stato portato a Napoli. Questo miracolo segnò l'inizio di un apostolato che la "monaca santa", come venne chiamata, portò avanti per tutta la vita, accogliendo al monastero ammalati e bisognosi di grazie, sia spirituali che materiali, cui dava il suo conforto e consiglio per trovare l'amore di Dio, spesso operando prodigi. La sua abnegazione continuò ininterrottamente, anche quando altre malattie la colpiranno inchiodandola alla sedia a rotelle e rendendola immagine di una crocifissa con Gesù, per la Chiesa ed i fratelli. Nel 1932, la Santa Sede riconobbe come monastero del Secondo Ordine dei Carmelitani Scalzi la Casa dei Ponti Rossi di Napoli e Giuseppina Catanea ricevette l’abito di Santa Teresa in forma ufficiale, con il nuovo nome di Maria Giuseppina di Gesù Crocifisso e il 6 agosto dello stesso anno professò solennemente secondo la Regola che già seguiva dal 1918. Volle essere vittima per le sofferenze dell'umanità, secondo l'ideale carmelitano di Teresa d'Avila, ripiena di una sensibilità nuova donatale dallo Spirito Santo: concretamente il dono del discernimento, della scrutazione dei cuori, del consiglio. Nel 1932, la Santa Sede riconobbe come monastero del secondo Ordine dei Carmelitani Scalzi la Casa dei Ponti Rossi di Napoli e Giuseppina Catanea ricevette l'abito di Santa Teresa in forma ufficiale, con il nome di Maria Giuseppina di Gesù Crocifisso e il 6 agosto dello stesso anno professava solennemente secondo la Regola del Carmelo, che già seguiva dal 1918. Dal 1934, il cardinale Alessio Ascalesi, arcivescovo di Napoli, la nominò sottopriora, poi vicaria nel 1945 e il 29 settembre di quell'anno, nel primo Capitolo elettivo, venne eletta priora della Comunità, incarico che tenne fino alla morte. La sua esistenza, fu ripiena di carismi mistici straordinari, sopportò per lunghi anni dure prove e persecuzioni in spirito di abbandono alla volontà di Dio. Per ubbidienza e per consiglio del padre Romualdo, scrisse l’Autobiografia (1894-1932) e il Diario (1925-45), insieme con lettere ed esortazioni per le religiose. Dal 1943, cominciò a soffrire di labirintite auricolare, parestesie varie, dolorosa sclerosi a placche, perdita progressiva della vista e altri disturbi. Convinta che la sua fosse la "malattia della volontà di Dio", la riteneva per ciò "un dono magnifico" che la univa maggiormente a Gesù sulla croce: e sorridendo offriva il suo corpo, quale altare del suo sacrificio per le anime. Madre Maria Giuseppina morì il 14 marzo 1948 con il cuore rivolto a Dio ed alle anime. Il suo corpo, pur disfatto dalla malattia, si conservò incorrotto fino al 27 marzo, data della sepoltura, per dare possibilità di venerarlo alle folle che in continuazione venivano a dare l’ultimo saluto alla “monaca santa”. Nel dicembre 1948, cioè lo stesso anno della morte, il cardinale Ascalesi, assiduo frequentatore di suor Maria Giuseppina, diede avvio al Processo ordinario della Beatificazione. Il 3 gennaio 1987, si ebbe il Decreto sulle virtù. Dopo l'accertazione di un miracolo ottenuto per intercessione della venerabile a favore del piccolo Francesco Natale, il 17 dicembre 2007 Benedetto XVI ha emanato il Decreto di Beatificazione.
D. - Qual è stato il carisma di suor Giuseppina Catanea?
R. - Più che di carisma - perché essendo Carmelitana visse il carisma di Teresa d'Avila - si deve parlare del suo modo di interpretare l'ideale carmelitano-teresiano: dare la propria vita insieme con il Crocifisso per la Chiesa. E’ difficile da comprendere il senso di questa esistenza umile e nascosta - spesa nella sofferenza alla scuola del Crocifisso per amore - ma più facile, o quanto meno avvicinabile, risulta Madre Maria Giuseppina se la si guarda dal versante della fede. Solo in questa prospettiva si potrà comprendere che ciò che conta è l'amore assoluto e folle per il Dio di Gesù Cristo, che è donazione totale di sé, senza riserva alcuna, nelle mani di Dio e attraverso queste a tutta l'umanità. Il giorno della sua vestizione aveva detto: "Mi sono offerta a Gesù Crocifisso per essere crocifissa con Lui". Il Signore la prese in parola, rendendola partecipe del Suo patire, che lei cercò di vivere silenziosamente e gioiosamente, amalgamandosi al Cuore di Maria Vergine.
D. - Vuole raccontarci qualche episodio significativo della sua vita?
R. - Chi avvicinava suor Maria Giuseppina confidava: "Mi comprende a pieno, mi vuole bene". Un vecchietto, venditore di ceste di paglia, saliva spesso al monastero. Un giorno aveva con sé mercanzia non venduta. Giuseppina ne provò compassione: col consenso della Priora, comprò molta della merce e gli fece preparare un'abbondante colazione. L'uomo restò talmente soddisfatto da dire: "Se vi fa piacere vedermi, io verrò spesso”. E ogni volta che si recava dalla buona religiosa riceveva la medesima accoglienza. Un giorno arrivò una povera donna, colpita da lupus al volto, tutta in lacrime più per l'orrore che suscitava in sua figlia che per il dolore che la tormentava. Giuseppina l'abbracciò e la baciò, sussurrandole: "Questo è il bacio di sua figlia".
D. - Quale messaggio lascia al mondo d’oggi?
R. - Madre Giuseppina si è consegnata alla storia degli uomini come madre, amica e sorella, ripresentandoci il sempre nuovo discorso di Paolo sulla sapienza della croce (1Cor 1,22-25), in chiave personale, senza finzioni o cedimenti a compromessi. L'amore e l'identificazione al Cristo sofferente la rende solidale con la sofferenza di molti, soprattutto di Napoli, che in questo momento storico vive in una grande prostrazione morale, sociale, religiosa. La sua testimonianza è ancora oggi parola di speranza, proprio perché lei ha fatto suo il male del mondo. Amo vederla come una mamma, una sorella, un'amica che, pur restando nella clausura, si pone al fianco di chi soffre o vive un momento di grande disperazione.
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