Accanto a Benedetto XVI, il patriarca ecumenico Bartolomeo, che pure invoca il superamento delle divisioni, e rappresentanti di altre Chiese e comunità cristiane. Prima della suggestiva celebrazione è stato acceso il braciere che per tutto l’Anno offrirà la sua fiamma a pellegrini di tutto il mondo.
Roma, Vaticano (AsiaNews) – “Riportaci insieme da tutte le divisioni”: la preghiera di Benedetto XVI per l’unità dei cristiani ha segnato oggi l’apertura dell’Anno paolino, che intende celebrare i duemila anni della nascita dell’apostolo delle genti. Desiderio di unità anche nelle brevi parole che, dopo il Papa, ha pronunciato il patriarca ecumenico Bartolomeo. Con loro, concreta immagine del cammino ecumenico, un rappresentante dell’arcivescovo di Canterbury, impossibilitato ad intervenire alla cerimonia, e di altre Chiese e comunità cristiane, e patriarchi delle Chiese d’oriente, Russia compresa.
Prima di entrare nella basilica di San Paolo fuori le mura, il Papa, accompagnato dagli esponenti delle altre Chiese, ha percorso in processione il quadriportico della basilica: accanto alla Porta paolina, Benedetto XVI ha acceso il primo cero del braciere che arderà per tutto il corso dell’Anno paolino, fino al 29 giugno 2009. Lo stesso gesto, dopo di lui hanno compiuto anche il Patriarca ecumenico ed i rappresentanti delle altre Chiese. In sintonia con le celebrazioni della Chiesa cattolica, l’Anno paolino è stato aperto oggi pomeriggio anche a Damasco – la città della conversione dell’apostolo – e coinvolge tutte le comunità cristiane: cattolici, ortodossi e protestanti. A proclamare l’apertura dell’Anno, a nome di tutti le comunità cristiane della città, il patriarca greco-ortodosso di Antiochia, Ignazio IV, mentre il patriarca greco-melchita cattolico di Antiochia, Gregorio III, è a Roma nella basilica di San Paolo. In Turchia, ove oggi è Tarso, città natale di San Paolo, l’Anno è stato aperto con qualche giorno di anticipo, il 22. A Tarso, al giorno d’oggi, ufficialmente non ci sono cristiani, né chiese. Per quest’anno è stato chiesto di poter utilizzare la vecchia chiesa di San Paolo, ufficialmente un museo, come molte altre chiese in Turchia.
“Chi è Paolo”? Questa la domanda che l’Anno Paolino, nelle parole di Benedetto XVI, rivolge a noi oggi. “Maestro delle genti, apostolo e banditore di Gesù Cristo, così – ha ricordato il Papa - egli caratterizza se stesso in uno sguardo retrospettivo al percorso della sua vita. Ma con ciò lo sguardo non va soltanto verso il passato. «Maestro delle genti» – questa parola si apre al futuro, verso tutti i popoli e tutte le generazioni. Paolo non è per noi una figura del passato, che ricordiamo con venerazione. Egli è anche il nostro maestro, apostolo e banditore di Gesù Cristo anche per noi. Siamo quindi riuniti non per riflettere su una storia passata, irrevocabilmente superata. Paolo vuole parlare con noi – oggi”.
“Nella Lettera ai Galati - ha detto ancora - egli ci ha donato una professione di fede molto personale, in cui apre il suo cuore davanti ai lettori di tutti i tempi e rivela quale sia la molla più intima della sua vita. «Vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2,20). Tutto ciò che Paolo fa, parte da questo centro. La sua fede è l’esperienza dell’essere amato da Gesù Cristo in modo tutto personale; è la coscienza del fatto che Cristo ha affrontato la morte non per un qualcosa di anonimo, ma per amore di lui – di Paolo – e che, come Risorto, lo ama tuttora, che cioè Cristo si è donato per lui. La sua fede è l’essere colpito dall’amore di Gesù Cristo, un amore che lo sconvolge fin nell’intimo e lo trasforma. La sua fede non è una teoria, un’opinione su Dio e sul mondo. La sua fede è l’impatto dell’amore di Dio sul suo cuore. E così questa stessa fede è amore per Gesù Cristo”.
“Questo amore è ora la «legge» della sua vita e proprio così è la libertà della sua vita. Egli parla ed agisce mosso dalla responsabilità dell’amore. Libertà e responsabilità sono qui uniti in modo inscindibile. Poiché sta nella responsabilità dell’amore, egli è libero; poiché è uno che ama, egli vive totalmente nella responsabilità di questo amore e non prende la libertà come pretesto per l’arbitrio e l’egoismo”.
Nella “ricerca della fisionomia interiore di san Paolo”, Benedetto XVI ha poi rievocato le parole che Gesù gli rivolse sulla strada per Damasco “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” per evidenziare come in queste parole c’è “l’identificazione” tra Cristo e la sua Chiesa. E’ “il Signore stesso”, allora, che chiede: “Come avete potuto lacerare il mio Corpo? Davanti al volto di Cristo, questa parola diventa al contempo una richiesta urgente: Riportaci insieme da tutte le divisioni. Fa’ che oggi diventi nuovamente realtà: C'è un solo pane, perciò noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo”. (continua a leggere)
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