PapaBoys - Sconcertante esito di una ricerca 'siciliana' sui giovani: due diciottenni su dieci - pur di ottenere un lavoro - si rivolgerebbero ad un mafioso, il 16%, invece, di fronte ad una ingiustizia si rivolgerebbe alla mafia per chiedere un aiuto. E' quanto viene fuori da una inchiesta condotta dagli studenti dell'Itcg "Jacopo del Duca" di Cefalù, sui giovani che sono andati per la prima volta al voto nei paesi delle Basse Madonine. I risultati sono stati pubblicati sull'ultimo numero del giornale d'istituto. L'inchiesta - divulgata dall'Agenzia Ansa - è stata condotta fra i giovani delle basse Madonie che ad aprile sono andati a votare per le politiche per la prima volta. Hanno risposto al questionario 328 neo diciottenni. Alla domanda "Stai per terminare gli studi e presto vorrai inserirti nel mondo del lavoro. Cosa faresti pur di ottenere un buon posto lavoro?" il 19% ha risposto che si rivolgerebbe persino ad un mafioso, il 21% si farebbe raccomandare e solo il 45% cercherebbe di farsi assumere dimostrando quello che vale senza alcuna raccomandazione.
Il restante 15% darebbe il voto a chi lo chiede indipendentemente dalla propria ideologia politica. Alla domanda, invece, "Se tu o la tua famiglia doveste subire un'ingiustizia a chi ti rivolgeresti per chiedere aiuto?" il 16% ha risposto dicendo che si rivolgerebbe alla mafia, il 18% alla politica e il 66% alle forze dell'ordine. Dalla stessa inchiesta viene fuori che solo il 44% dei neo votanti reputa utile la sua prima esperienza di voto. Il 33%, infatti, non conosce il sistema elettorale e solo il 38% lo condivide.
Che risposte dare a questi giovani disorientati?
Partiamo da quanto ha affermato Papa Benedetto XVI nel Suo messaggio di apertura della Settimana sociale dei cattolici italiani (ottobre 2007): “Che dire, poi, dei problemi relativi al lavoro in rapporto alla famiglia e ai giovani? Quando la precarietà del lavoro non permette ai giovani di costruire una loro famiglia, lo sviluppo autentico e completo della società risulta seriamente compromesso”.
L’Italia purtroppo è l’ultimo fra i Paesi dell’UE per il tempo trascorso in ricerca di un posto di lavoro stabile, dove per stabilità si deve intendere un primo contratto di lavoro per almeno 6 mesi e 20 ore alla settimana. È quindi una preoccupazione legittima quella fatta propria anche dal Papa, di non trasformare una flessibilità sul lavoro in una precarietà nella vita. È riconosciuto che a queste degenerazioni si dovrebbe ovviare introducendo norme e regole adeguate, che possono essere definite o per legge o per via pattizia dalle Parti sociali. Di recente, ospite di 'A Sua Immagine' su Rai Uno, è intervenuto anche il Segreterio Generale della Conferenza Episcopale Italiana Betori con queste dichiarazioni: "Nei giovani ci sono le risorse migliori ma il contesto è avverso. Non sono una generazione malata, è la cultura degli adulti che fa sì che i giovani siano rinchiusi: la precarietà nel lavoro, l'impossibiltà di trovare spazio in un mondo che è fabbricato per gli adulti, frena l'aspirazione che essi hanno a formarsi una famiglia". Ha proprio ragione, caro Monsignor Betori, nei giovani ci sono le risorse migliori, ma il contesto è avverso! E meno male che le nostre mamme ci hanno insegnato a non andare dai boss! VERGOGNAMOCI TUTTI, che è meglio!
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.