martedì, luglio 08, 2008

Il G8, ancora senza i giganti 'emergenti' e un'agenda cha fa di tutto un po'.

PeaceReporter - Due anni. Era il periodo stabilito all'ultimo G8 tedesco per arrivare a un allargamento per i cosiddetti Paesi emergenti, i giganti di economie ormai sviluppate: Cina e India. Come abbiamo scritto oggi su PeaceReporter, al G8 di Hokkaido, in apertura dei lavori, la proposta del presidente francese Nicholas Sarkozy di allargare il G8 alla Cina e all'India, ha trovato la delegazione Usa sfavorevole. Washington è contraria all'idea. L'appuntamento giapponese diventa, quindi, una tappa intermedia verso questa priorità, che diviene tale proprio perché i temi in agenda stanno diventando sempre di più e hanno bisogno di una partecipazione aggiuntiva per legittimare un così ristretto gruppo di persone a prendere decisioni per conto di una collettività così ampia. Per esempio: il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, ha proposto ai partner Ue di creare un fondo di un miliardo di euro per sostenere l'agricoltura nei Paesi in via di sviluppo. Nell'agenda del summit la crisi alimentare mondiale, il cambiamento climatico e gli incrementi del prezzo del greggio e delle materie prime. Poi lo 'scudo spaziale' che gli Usa vorrebbero piazzare nell'Europa dell'est e la questione del nucleare in Iran.

“E' difficile che il G8 da solo possa trovare delle soluzioni a problemi così vasti” dice a PeaceReporter Antonio Tricarico della Campagna per la riforma del della Banca Mondiale. “Me lo confidavano anche alcuni negoziatori prima di partire: qui il problema è quello di trovare una forma di governance differente, che tenga conto anche delle economie emergenti”. Tanti argomenti e su molti non c'è nessun tipo di conciliazione o di compromesso. Il tema degli alimenti, della crisi mondiale dell'energia con l'impennata dei prezzi del greggio e delle materie prime, per esempio, pone i rappresentanti del G8 di fronte al quesito su come affrontare le speculazioni finanziarie. “ E lì si genera conflittualità, anche perché si affrontano due schieramenti contrapposti: da una parte Italia, Francia e Germania, dall'altra, invece, Stati Uniti e Gran Bretagna”. “E non è solo la speculazione a dividere – prosegue Tricarico - che tipo di azione potrebbe mai esperire un consesso di capi di stato e di governo che affronta i cambiamenti climatici, quando mancano Cina e India?Davvero si pensa ancora che queste potenze siano sempre in attesa di poter partecipare a questi summit? In realtà, sono stanche di tavoli del genere, mentre gli incontri avvengono già fra di loro”.

La fase è intermedia e il G8 di Hokkaido, forse, deciderà come e quanti soldi stanziare per alcune aree del mondo. Anche se, in un inciso, Antonio Tricarico ci ricorda che gli ultimi finanziamenti decisi dal G8 non sono mai arrivati a destinazione. Il problema è capire che tipo di futuro possa avere un'istituzione nata trent'anni fa per armonizzare il mercato monetario e la politica delle liberalizzazione fra Stati Uniti, Europa e Giappone e che oggi si trova ad essere un meccanismo di governance del tutto insufficiente.

La data fatidica è quella dell'anno prossimo. Quando il G8 tornerà in Italia, a nove anni dai tristi giorni di Genova 2001. Quello sarà il vero appuntamento e ci si arriverà, secondo Tricarico “con una conflittualità ancora aumentata da una crisi economica che sarà probabilmente peggiore e con maggiori problemi a livello energetico ed alimentare”. Forse lì avverrà il crollo definitivo di un'istituzione ormai superata che non riesce a rinnovarsi. Gli ultimi giapponesi, appunto, Se non scopriranno, alla Maddalena, che la guerra fuori è finita.

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