Dismettere le centrali nucleari obsolete in Gran Bretagna costerà 10 miliardi di sterline più del previsto. E ci vorranno 130 anni. Il Comitee for public accounts: "Prima di costruire nuove centrali pianificarne il decomissioning".
QualEnergia.it - La Gran Bretagna, secondo il suo primo ministro, sarà in prima fila nel cosiddetto “rinascimento nucleare”. La settimana scorsa Gordon Brown annunciava che nei prossimi 15 anni nel paese bisognerà costruire nuove centrali, per rimpiazzare le esistenti. La vita di una centrale nucleare è infatti di qualche decennio (dai 25 ai 40 anni) e 8 delle 9 centrali inglesi smetteranno di funzionare entro il 2023. Ma chiudere una centrale è complicato e costoso almeno quanto costruirla: per il "decomissioning" delle centrali britanniche occorreranno 130 anni e molti più soldi di quanto si pensava. Nuove stime sui costi del decomissionamento infatti sono state rese note giovedì 17 luglio dalla Nuclear Decomissioning Authority: per chiudere le centrali inglesi giunte a fine carriera e smaltire le scorie servono 10 milardi di sterline in più rispetto agli ultimi calcoli.
La spesa totale, dai 73 miliardi di sterline stimati nel 2007, nei calcoli dell’NDA è infatti salita a 83: oltre 104 miliardi di euro. A far lievitare il preventivo, segnala l’NDA, i costi crescenti delle opere di ingegneria, le spese per affrontare problemi di sicurezza più complicati del previsto alla centrale di Sellafield, e i fermi dovuti a vari problemi tecnici di due centrali per il riprocessamento del combustibile: Thorp e Mox. Proprio dal riprocessmento del combustibile e dalla generazione elettrica, secondo l’Authority, dovrebbero però venire 10 miliardi di utili che aiuterebbero ad ammortizzare le spese di decomissioning. Utili messi in dubbio da Greenpeace che mette in evidenza i diversi problemi che hanno tenuto a lungo ferme le due maggiori centrali inglesi per il riprocessamento del combustibile.
Secondo alcuni esperti - ha riportato John Sauven direttore di Greenpeace UK - il costo totale per il decomissionamento sarebbe di oltre 85 miliardi di sterline. “Una cifra a carico dei contribuenti pari a quella spesa per la missione lunare Apollo, solo che in questo caso non c’è niente da festeggiare”, ha commentato Sauven sul Guardian, e ha aggiunto: “le promesse del Governo che non ci saranno sussidi pubblici per il suo nuovo programma sul nucleare di fronte a queste cifre si dimostrano senza valore”.
La revisione delle stime, resa nota nei giorni scorsi, probabilmente non sarà definitiva, dato che si sta parlando di operazioni da svolgersi, come detto, nell’arco di almeno 130 anni.
Solo due anni fa, nel 2006, si prevedeva che il decomissioning sarebbe costato 53 miliardi di sterline. Dal 2003 al 2007 - segnalava la settimana scorsa, dunque prima delle ultime stime, il Commons Comitee for public accounts (una sorte di Corte dei conti britannica) - i costi previsti per il decomissioning sono aumentati del 30%. Proprio questo organo istituzionale, in un documento pubblicato il 10 luglio, criticando l’incertezza delle stime della NDA metteva in guardia anche per le centrali del futuro. “Una lezione importante, è che, quando si costruiscono nuove centrali, i piani per il decomissioning devono essere già pronti” ha dichiarato il presidente del Comitee, Edward Leigh. “Il Dipartimento degli affari, (che in Gran Bretagna si occupa del nucleare e da cui dipende la NDA, ndr)” ha sottolineato Leigh “non è in grado di assicurare che i costi per lo smantellamento delle nuove centrali non ricadrà sui contribuenti del futuro”.
GM
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