giovedì, luglio 31, 2008

Così Mons. Tomasi a commento del vertice dell'Organizzazione Mondiale per il Commercio.

RadioVaticana - Clamoroso fallimento del vertice dell'Organizzazione Mondiale per il Commercio (OMC). Dopo nove giorni di riunioni, l’incontro si è concluso, ieri a Ginevra, con un sostanziale fallimento in merito alle misure soprattutto a favore dei Paesi in via di sviluppo, da adottare nei settori dell’agricoltura e dei dazi doganali. Il direttore dell'OMC, Pascal Lamy, ha sottolineato le divergenze in particolare tra i colossi asiatici, Cina e India, e Stati Uniti. Sulla conclusione negativa del negoziato Giancarlo La Vella ha sentito Adriana Cerretelli, esperta di economia internazionale del Sole 24 Ore:

R. – Il round è saltato perchè l’ingresso dei nuovi colossi asiatici e soprattutto della Cina ha fatto in modo di non facilitare il mercanteggiamento tra i vari interressi sul tavolo, come il caso della liberalizzazione dei mercati che i Paesi in via di sviluppo sarebbero stati disposti a fare a favore di alcune economie industrializzate. Hanno creato invece delle resistenze nel momento in cui la Cina, che è un Paese che ha una esportazione molto aggressiva e a basso costo, rischia di far saltare totalmente le loro economie di sviluppo. E questo vale per l’industria, vale per l’agricoltura. Il negoziato si è scoperto, quindi, molto vulnerabile a dei giochi di potenza nuovi che rendono più difficile mettere insieme le tessere di questo enorme puzzle. Non dimentichiamo che l'OMC è formato da ben 153 Paesi e che le decisioni vanno prese all’unanimità. Si tratta, quindi, veramente di un negoziato globale senza precedenti nel mondo.

D. – Qual è la via per riprendere il dialogo, soprattutto con i colossi asiatici?
R. – Credo che il multilateralismo, così come ha funzionato finora, probabilmente va ripensato, perchè è scandaloso che il “Doha round” sia durato sette anni, così come il “Paraguay round” che fu il negoziato precendente durò lo stesso tempo. Anche perchè i benefici di oggi, magari fra 5 anni o 10 anni non hanno lo stesso peso e lo stesso valore e soprattutto per i Paesi più poveri. Uno dei paradossi di questo negoziato è stato che i Paesi più poveri non hanno nemmeno visti affrontati, nel negoziato di questi ultimi giorni, i loro problemi: dal cotone agli accessi ai mercati liberi da tariffe e da quote. Sono molto delusi e giustamente!

D. - La mancanza di un accordo finale dopo sette anni di negoziati ha lanciato una serie di polemiche a livello internazionale tra i sostenitori di un accordo a tutti i costi e coloro che ritengono ancora necessario proseguire nel negoziato. Resta comunque in molti la sensazione che sia stata persa un occasione per ridurre il disequilibrio tra Paesi poveri e Paesi ricchi. Stefano Leszczynski ha raccolto il commento di mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio ONU di Ginevra.
R. - Anche se ha portato dei benefici, perché sono stati raggiunti vari accordi, non si è arrivati a una conclusione finale. Questo fallimento comporta davvero delle conseguenze importanti sia per l’aspetto del sistema multilaterale, sia per i Paesi in via di sviluppo, che si troveranno ancora isolati dall’accesso ai mercati. In questo modo le disuguaglianze che esistono fra Paesi ricchi e Paesi poveri, che non possono essere colmate semplicemente dall’aiuto che viene dato ma per cui deve essere trovato un meccanismo più equo di partecipazione, non si risolveranno.

D. – Quello che colpisce è l’aspetto etico, il persistere di egoismi nazionali. E fa ancora più impressione che questi egoismi, oltre che provenire da Paesi già ricchi, provengono anche da Paesi in via di forte sviluppo, le nuove “tigri” dei mercati globali...
R. - Ci sono vari livelli che dovrebbero essere analizzati per capire il fallimento di questi negoziati. Ci sono delle ragioni politiche e tecniche, c’è l’interesse immediato dovuto al commercio e all’accesso da parte di alcuni ai mercati più appetitosi. E’ certo che in questa situazione le nuove potenze economiche emergenti hanno fatto sentire la loro voce in maniera decisiva, per ragioni legate anche alle loro politiche interne. Quindi, ci troviamo di fronte una situazione nuova. Nello scacchiere mondiale ci sono forze e Paesi che devono essere non solo presi in considerazione ma che devono anche sentire una responsabilità particolare verso i Paesi più poveri.

D. – Eccellenza, lei faceva riferimento anche a questioni tecniche. Sarebbe necessario, secondo lei, per la comunità internazionale ripensare un metodo per prendere le decisioni...
R. – Lo statuto dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio dice che ci deve essere un consenso per le decisioni che vengono prese. La situazione dentro l’Organizzazione Mondiale per il Commercio si è complicata moltissimo perché negli ultimi anni sono diventati membri molti Paesi poveri e in via di sviluppo. La situazione oggettivamente è molto complessa, però questo non vuol dire che si deve rinunciare al negoziato multilaterale o che bisogna fare in modo che un piccolo gruppo possa parlare per tutti i Paesi perché in questo modo gli interessi dei Paesi più deboli non verrebbero adeguatamente rappresentati. Sarebbe, invece, da mettere in pratica il regolamento che fa prendere le decisioni per consenso, in modo che tutti possano veramente partecipare in maniera efficace a prendere le decisioni che interessano tutta la comunità globale.

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