sabato, luglio 26, 2008

Una carovana attraversa tutti i luoghi simbolo della lotta all'illegalità in Calabria.

PeaceReporter - Rocco Gatto era un mugnaio, un po' comunista, dicono, che si era ostinato che il pizzo proprio non lo voleva pagare e così quelli là l’hanno ucciso il 12 marzo del 1977. Da subito è diventato il simbolo dell'anti ‘ndrangheta calabrese, tanto che un gruppetto di giovani di Gioiosa Ionica, all'epoca, gli dedicarono un graffito nella piazza del paese. A trent'anni di distanza, quella parete è stata ristrutturata e per festeggiare, ma allo stesso tempo riflettere sul ruolo dell’impegno civile all'antimafia, l'associazione DaSud si è messa in marcia. Dal 16 luglio una carovana itinerante sta attraversando tutti i luoghi simbolo della lotta all’illegalità, con ospiti prestigiosi, dibattiti, iniziative, ma anche concerti e spettacoli. Perché se è vero che c’è ancora tanto da fare, è anche vero che dei risultati sono stati raggiunti.

Questa lunga marcia ne è una testimonianza. Le storie degli imprenditori che si ribellano al pizzo crescono ogni giorno di più, man mano che passa il tempo si creano delle reti di collaborazione e solidarietà in loro sostegno, spesso gli stessi si stringono in associazioni di privati cittadini. Bisogna dire che il sentimento dello stato istituzionale è ancora lontano, piuttosto si respira la responsabilità del singolo cittadino di fronte ad un problema che appare sempre più istituzionale. Alla marcia hanno partecipato i parenti delle vittime di mafia (tutte), ma anche tanti giovani, che hanno visitato le cooperative che gestiscono i territori confiscati all’’ndrangheta. Lo spunto per questa marcia è certamente la storia del mugnaio, ma quest’uomo diventa il pretesto per raccontare tante altre storie finite tragicamente, per esempio quella Adolfo "Lollò" Cartisano, un fotografo di Bovalino che si ribellava al pizzo e che non ha mai abbassato la testa. Il 22 luglio del 1993 viene rapito di fronte alla sua casa di Bovalino. Viene chiesto un riscatto alla famiglia per la sua liberazione. Un riscatto da 200 milioni che venne pagato, ma senza raggiungere l’esito sperato.

Solo un anno fa la cronaca mondiale parlava della strage di Duisburg in Germania, solo un anno fa la faida di San Luca, piccolo paesino calabrese diveniva un affare internazionale. E così da allora è stato un crescendo di ferocia ed efferatezza, in una Calabria dalle istituzioni silenti, dove la gente sparisce oppure salta in aria accendendo la propria auto per andare a lavorare. Immagini che sembrano tratte da un film ed invece appartengono alla realtà. Eppure quella provocazione “ammazzateci tutti” viene proprio da lì, dai giovani della locride che di fronte all’ennesimo omicidio, non ce l’ha fatta più ed è scesa in piazza a manifestare. Dalla cronaca di questi giorni esce fuori un territorio martorizzato, ogni paese ha la sua vittima/ eroe da ricordare, talvolta sulle insegne dei paesi si trovano dei fori di proiettile, quasi fosse la firma di una malavita che c’è e si fa sentire. Ma i ragazzi passano, festosi in segno che qualcosa di diverso si può avere anche in Calabria. Una spaccatura evidente, che lascia e dissemina piccoli graffiti lungo le sue tappe, disegni colorati che non arrugginiranno come quei fori. Un’allegria festosa, dissociata da quella scia di lutti che l’’ndrangheta ha lasciato dietro di sé. Attraverso il restauro del murales di Gioiosa Ionica si è passato un testimone importante, quello dell’impegno contro tutte le mafie, tra i giovani che trent’anni fa disegnarono quel graffito in memoria di quel mugnaio e i loro figli che non hanno lasciato sbiadire gli intenti dei loro genitori. Domenica la lunga marcia finirà proprio con il restauro ed una festa in piazza, con la consapevolezza che quella che stiamo giocando è una partita molto lunga, ma per essere vinta va giocata insieme. Rocco Gatto era uno, ma i ragazzi in marcia oggi sono tanti.

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