sabato, luglio 12, 2008

I coloni francesi del Nordafrica ricordano i loro morti e accusano lo Stato di averli abbandonati.

PeaceReporter - Trenta, forse quaranta persone, tutte ben oltre la sessantina. Parlano tra loro a bassa voce, reggendo in mano gerbere bianche, omaggio simbolico al tempo che fu. Alle loro spalle, sulle tre colonne del Monumento in memoria delle vittime della guerra d’Algeria e dei conflitti in Marocco e Tunisia, scorrono inesorabili i nomi di caduti e dispersi. C’è più malinconia che rancore nel raduno organizzato a Parigi dalle associazioni dei pieds noirs, i coloni francesi del Nordafrica rimpatriati dopo l’indipendenza algerina, per ricordare il massacro di Orano del 5 luglio 1962, in cui morirono o scomparvero centinaia di europei. Quello che doveva essere l’evento culminante di una giornata di rievocazione e protesta, con messe a suffragio in tutte le città della Francia, da Amiens a Vence, potrebbe passare inosservato se non fosse per le pattuglie della gendarmerie che sorvegliano la zona.

Persone scomparse. Negli anni Cinquanta Orano era la città maghrebina con il maggior numero di abitanti di origine europea. Il 5 luglio del 1962, una grande manifestazione del Fronte di liberazione nazionale (Fln) che ne attraversava il centro per celebrare l’indipendenza ufficializzata appena due giorni prima degenerò, scatenando un’ondata di violenza anti-francese. Gruppi di uomini armati si riversarono nelle strade del quartiere europeo, facendo anche irruzione nelle case, e si lasciarono andare a uccisioni sommarie, linciaggi e rapimenti. La polizia algerina non intervenne in alcun modo, e così anche i militari francesi, che avevano ricevuto da Parigi l’ordine di “non fare nulla” in situazioni simili. Il bilancio delle vittime di quella follia è ancora molto incerto: il memoriale ufficiale ne ricorda 193, ma al tempo i giornali locali ne contarono un migliaio. Secondo le associazioni dei pieds noirs, i morti di Orano sarebbero oltre 3.500, molti dei quali ancora ufficialmente scomparsi, visto che i cadaveri non furono mai ritrovati.

Neri di rancore. Per questa come per molte altre brutte storie, i pieds noirs se la prendono da sempre con lo Stato francese, che li avrebbe abbandonati nelle mani degli algerini. Fin dalla fine della guerra, quando accusarono Charles de Gaulle di “tradimento” per aver rinunciato a combattere perché l’Algeria restasse francese, riconoscendo allo Stato nordafricano prima il diritto all’autodeterminazione e poi l’indipendenza. Un rancore che ha continuato a crescere per tutti gli anni Sessanta e Settanta, quando i rimpatriati, spesso nati e cresciuti in Africa, faticavano a reinserirsi nella società francese attraversata da profondi rinnovamenti. Le istituzioni, dal canto loro, non hanno mai fatto nulla per migliorare il clima, anzi: molti ancora ricordano quando l’allora sindaco di Marsiglia nel 1962 invitò i pieds noirs ad “andarsi a riadattare altrove” perché la sua città aveva “già 150mila abitanti di troppo”.

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