Agenzia Misna - Un ragazzo in maglietta verde, bendato, le mani legate...un soldato col fucile che prende la mira... uno sparo e il ragazzo che si accascia, colpito a un piede: è la drammatica sequenza di un video amatoriale girato da una ragazza palestinese di appena 14 anni e diffuso dall’organizzazione israeliana "B’tselem" per la difesa dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati (Tpo). Il video è solo uno dei tanti che giungono nella sede dell’organizzazione grazie alla campagna ‘shooting back’ ('risponendo, metaforicamente, al fuoco) che, giocando sul verbo inglese ‘to shoot’ (‘sparare’ ma anche ‘riprendere’, ndr) indica un progetto ideato da B’tselem nel 2007 per denunciare gli abusi commessi da soldati e coloni israeliani in Cisgiordania: oltre 100 telecamere, distribuite ai cittadini palestinesi per ‘reagire’ alla violenza in modo pacifico e denunciare le violazioni dei loro diritti. In questo caso, le immagini testimoniano l’aggressione a Ashraf abu Rahma, 27 anni, colpito al piede con un proiettile di gomma, il 7 luglio scorso nel villaggio di Na’alin, cuore delle manifestazioni palestinesi contro la costruzione del muro di separazione israeliano - definito ‘di segregazione’ e ‘barriera di annessione coloniale’. “Shooting back cerca di offrire ai palestinesi un mezzo con cui contrastare il senso di frustrazione e impotenza che spesso si prova vivendo nei territori – afferma Oren Yakobovic, responsabile del progetto – e al tempo stesso denunciare questi episodi”. Nell’evidente imbarazzo causato dal video diffuso ieri, e ripreso dalle televisioni e siti internet di tutto il mondo, il ministero della Difesa e l’esercito israeliano hanno annunciato ‘indagini’ sull’accaduto. La scorsa settimana, grazie a una delle 100 telecamere distribuite da B’tselem, agricoltori palestinesi avevano denunciato un aggressione di coloni armati a Susya, vicino Hebron.
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