La moratoria sull’avorio è in vigore dal 1989
Via libera all’acquisto di avorio africano per Pechino: ieri la Cites ha concesso alla Cina lo status di compratore, ma solo per avorio già stoccato. Gli ambientalisti temono l’inizio di una nuova caccia al pachiderma.
Nigrizia.it - La Cina potrà cominciare a importare l’avorio africano: la decisione è stata presa ieri dalla Cites, la commissione che dal 1973 regola il commercio internazionale delle specie di fauna e flora a rischio, con sede a Ginevra. Pechino potrà comprare una partita di 108 tonnellate di avorio, ma le zanne dovranno provenire solo da elefanti e rinoceronti morti per cause naturali o all'interno dei programmi di controllo specializzato. Un sì che riguarda esclusivamente ''stock legittimamente accatastati negli anni e derivanti da abbattimenti selettivi'', assicurano gli esperti della Cites.
La moratoria era stata decisa nel 1989, dopo una caccia al pachiderma che in pochi anni aveva dimezzato il numero di esemplari da 1 milione e 3 cento mila a poco meno di 625 mila. Una prima apertura al commercio è stata decisa nel 1997, quando la Cites autorizzò quattro paesi africani, Sudafrica, Namibia, Botswana e Zimbabwe, al commercio di zanne prelevate da elefanti deceduti per cause naturali. Nel 1999 la Convenzione autorizzò la vendita ad acquirenti selezionati, cioè a paesi concretamente impegnati nella lotto contro il commercio illegale di avorio. Fino a ieri l’unico compratore autorizzato, e solo per una quota di circa 50 tonnellate di avorio, era il Giappone.
Da qualche anno la Cina, grande partner commerciale di Sudafrica e Zimbabwe, pubblicizza il suo impegno nella lotta al traffico illegale di animali protetti. Nonostante lo scetticismo delle associazioni ambientaliste, la Cites ha trovato convincenti i risultati di Pechino nel prevedere misure che provano la tracciabilità del materiale, ed ha autorizzato l’importazione.
La richiesta di avorio in Cina è fortissima: al mercato nero cinese le zanne di elefante vengono pagate anche 750 dollari al chilo. Gli abili artigiani e orafi cinesi usano molto l’avorio, richiestissime in patria le tradizionali bacchette per mangiare. Ma gli oggetti vengono anche rivenduti all’estero, soprattutto via internet, principale mezzo del nuovo commercio nero.
Per le associazioni ambientaliste come Wwf e l’Eea, l'agenzia europea dell'ambiente, è un via libera “prematuro”: l’apertura della Cites rischia di diventare la copertura ideale per il commercio nero.
Il bracconaggio uccide ogni anno 23 mila elefanti. La popolazione di pachidermi, costretta a vivere in spazi sempre più ristretti a causa del taglio delle foreste (spesso illegale), è praticamente distrutta in Ciad, in Repubblica Centroafricana e nella Repubblica democratica del Congo.
Il timore non viene nascosto nemmeno dagli esperti della Cites: ''Non e' una riapertura al commercio dell'avorio ne' alla caccia agli elefanti'', ma l’ipotesi che, con l'apertura al mercato cinese, si apra anche la caccia selvaggia, impone ''una stretta vigilanza sugli stock e per evitare altre smagliature''. Che nel sistema ci sono, soprattutto a causa di quesi paesi africani nei quali non c’è nessun controllo, come lo Zimbabwe, e, per il passaggio delle zanne, il Sudan.
Secondo un rapporto di Wwf svizzera, Pechino non è assolutamente in grado di controllare il traffico illegale di avorio all'interno dei suoi confini. La conferma arriverebbe anche da un documento interno all'amministrazione cinese: in dodici anni si sono perse le tracce di 121 tonnellate di avorio immagazzinate ufficialmente, che equivalgono a 11.000 zanne di elefante.
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