Don Franco Tassone se ne va, lascia la Comunità Casa del Giovane a Pavia, va a fare il parroco. Emanazione di don Enzo Boschetti, il fondatore di questa grande casa, Don Franco va a formare sempre nuove e mature personalità, come prosecutore di una profezia d’amore. Tra i fogli sparsi sulla mia scrivania ho trovato sottolineata una frase: un uomo saggio crea più occasioni di quante ne trova. Questo mi fa pensare a quegli uomini che molto hanno fatto, continuano a fare, facendolo bene, soprattutto per quanti sono ultimi e affaticati della loro vita, spesso avendone sprecato il meglio. Una persona rivolge lo sguardo al cielo, riconosce le sembianze di Dio, senza averlo mai visto, ne percepisce il calore, la prossimità, la forza con cui indica la strada da percorrere ai ciechi, agli ottusi e ai conclusi.
Ogni giorno incontro sul mio cammino incognite e false certezze, brandelli di me stesso in rettangoli dove confrontare le mie trepide attese, in un tempo necessario a scoprire un compagno di viaggio importante, in un tragitto iniziato insieme, un pezzo di strada percorso con i palmi delle mani a sfiorarsi. Servire il fratello non è solo uno slogan, è di più, resiste alle intemperie umane confidando in questa premessa-promessa di amore e di fiducia. Se è vero che Dio si mostra in tante maniere, molteplici domande, è anche più vero che è possibile scoprirne la presenza in tante facce, orme digitali indelebili, lasciate qua e là, pezzi di storia che ci consentono di sopravvivere a esperienze quasi mortali, a dolori molto più seri delle tante parole spese male.
Segni e suoni di Fede, dentro la forza di un uomo che ha attraversato la mia strada, mi ha condotto alla sua grande casa, insegnandomi che per rispettare gli altri, occorre dapprima rispettare se stessi, nel volersi un po’ più bene. Quando ho conosciuto quest’uomo, non sapevo nulla dell’importanza del contatto degli occhi e della direzione dello sguardo, non sapevo neppure dell’importanza di un’amicizia senza calcolo d’accatto, che offre respiro a una esistenza costretta ai ceppi, un’amicizia ben oltre la condanna. Se penso al mio amico che sfreccia con la sua bicicletta per le strutture della Casa del Giovane, per le strade della città, mi rendo conto che gli devo molto, non solamente perché mi aiuta a credere con fede attiva, infatti vedendo lui, comprendo che Altro lo spinge avanti, a intuire, a creare, a fare bene, dentro il bene che c’è negli altri. Se fossi capace anche solo per un momento di imitare don Franco, di certo potrei riconoscermi come il più vero dei rivoluzionari, quello che sa parlare al cuore e alla mente degli uomini, al punto da fare rinnegare gli anni passati a usare il fratello come uno sgabello ai propri piedi.
Tanto tempo fa scrissi sul muro di una cella che Dio era morto proprio lì dentro, poi su un foglio bianco, senza più panico e ricatto, scrissi della riemergenza dagli inveterati luoghi comuni, creati a misura da una ingiustizia ipocritamente senza errore. Qualcuno mi insegnò una nuova punteggiatura con cui fare i conti, guardare avanti con fede che è speranza, attraverso sensibilità differenti ma con bene impresso il dovere delle responsabilità, intraprese con questo servizio, in risposta alle urgenze dei più diseredati, avendo in ogni frangente come riferimento questa comunità, nella consapevolezza di un progetto comune, indipendentemente dalla fede che ognuno professa, per ritrovare equilibrio e un senso da dare alla propria esistenza. Siamo sempre insieme don Franco.
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