domenica, luglio 06, 2008

L’iniziativa della “Comunità di Sant’Egidio” nel quartiere romano di Trastevere: per dimostrare che non esistono mondi separati.

Radio Vaticana
- La speranza e l’amicizia si fanno strada anche tra i fornelli di un ristorante. Lo sanno bene alla “Trattoria degli Amici”, gestita da una cooperativa promossa dalla “Comunità di Sant'Egidio” che vede fianco a fianco lavoratori disabili e volontari. La Trattoria che si trova nel cuore di Roma, nel quartiere Trastevere, si distingue non solo per le specialità culinarie, ma anche per il clima di cordialità che si respira nel locale. Intervistato da Alessandro Gisotti, il responsabile della “Trattoria degli Amici”, Giuseppe Di Pompeo, ricorda i primi passi di questa originale iniziativa (ascolta):

R. – Ormai erano anni che eravamo amici di alcune persone disabili che ogni anno, dopo aver fatto due, tre, quattro, anche sei anni di tirocinio, in realtà non riuscivano a trovare un inserimento lavorativo.
Insomma, un problema serio, soprattutto per chi, finita la scuola dell’obbligo, ormai non aveva più niente da fare e seguiva questi tirocini. Tirocini che spesso, però, non avevano alcuna finalità. Allora, per rispondere proprio al problema di alcuni di questi nostri amici, abbiamo pensato di metterci in proprio e di aprire una vera e propria trattoria. All’inizio, chiaramente, era una cosa molto piccola. Abbiamo visto subito che i disabili, che in questo locale avevano incominciato a lavorare, erano praticamente “guariti”, cambiati totalmente. Il lavoro è veramente importante! Ha ridato dignità, ha ridato speranza, ha quasi guarito alcune malattie!


D. – La trattoria dimostra che non c’è un mondo diviso in due ...


R. – Esatto! Anzi, addirittura certe volte la disabilità è vista – almeno da noi – come un vantaggio, cioè è vista dalla parte positiva. Fare le cose insieme è già una cosa importante, ma è ancora più importante fare le cose insieme con qualcuno che ha una particolarità, cioè la particolarità che è specifica dell’handicap ... Mi spiego: ci sono persone che si ricordano i nomi di tutti. Si ricordano i nomi dei clienti, si ricordano dei gusti dei clienti ... Questo non è “normale”. Però è anche la cosa bella di una trattoria: c’è anche un vantaggio! C’è una serie di cose: la gentilezza, il sorriso che di per sé, purtroppo, non sono sempre spontanee. E qui, quelle punte di diversità fanno proprio la differenza.


D. – E’ anche un’iniziativa imprenditoriale ben riuscita ...


R. – Sì! Dimostra che in realtà, quando si fanno lavorare dei disabili, si possono far lavorare bene e avere, da un punto di vista gestionale, degli ottimi risultati. Siamo stati “ristorante dell’anno” nel 2002. Tutte le guide più importanti riconoscono il nostro ristorante, ne parlano molto bene ... Ci possiamo permettere, adesso, di assumere altre cinque persone; questa è una cosa molto bella!


D. – E che posto ha la fede in questa “Trattoria degli amici”?


R. – Io penso che la fede sia un po’ il cemento che lega tutta la nostra esperienza, innanzitutto perché è un’esperienza che nasce dalla Comunità di Sant’Egidio. La fede poi penso che sia anche comunicare delle buone notizie, che non sono notizie di sfruttamento ma notizie belle: i disabili possono lavorare insieme con gli altri ed è possibile un mondo integrato. La diversità è un valore, la “Trattoria degli amici” in qualche modo lo racchiude: racchiude una diversità piena di speranza!



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