lunedì, agosto 18, 2008

La leadership cinese ha bisogno dei Giochi per legittimarsi agli occhi del mondo e mostrare i suoi successi: la stabilità raggiunta dopo il massacro di Tiananmen. Ma le apparenze – e il salvare la faccia - non riescono a coprire l’incapacità del governo di Pechino a dare giustizia al suo popolo. Un saggio del più autorevole dissidente nella Cina attuale.

Pechino (AsiaNews) – Bao Tong, 75 anni, è una delle personalità più in vista della dissidenza democratica e non violenta in Cina. Ex membro del Comitato centrale comunista, segretario personale ed amico dell’ex segretario Zhao Ziyang, nell’89 è stato insieme a lui contrario all’intervento dell’esercito, che ha portato al massacro di Tiananmen. Per questa sua opposizione egli ha scontato 7 anni di carcere. Dal ’97 si trova agli arresti domiciliari, vigilato 24 ore su 24. Il suo telefono è sempre sotto controllo e spesso disattivato. Prima di cadere in disgrazia, aveva lavorato a stretto contatto con l’attuale premier Wen Jiabao. Il saggio che presentiamo, offerto ad AsiaNews, risente della sua grande cultura e conoscenza della storia della Cina. Nella traduzione abbiamo cercato di renderlo più facile per i lettori meno preparati aggiungendo espressioni fra parentesi quadre e note a pié di pagina. Traduzione dal cinese a cura di AsiaNews.

Il problema della “faccia”. Lo svolgimento delle Olimpiadi a Pechino è una magnifica opportunità per la Cina di dimostrare il suo splendore al mondo intero. Le Olimpiadi si tengono ogni 4 anni. Si deve sempre trovare una sede, o qui o lì. Per i leader di tutti i Paesi del mondo non è difficile trattare questo problema con una psicologia “normale”. Per i leader cinesi è difficile, anzi temo proprio impossibile.

Perché è impossibile in Cina? Perché la Cina ha ottenuto la possibilità di ospitare le Olimpiadi dopo il massacro di piazza Tiananmen. In appoggio e sostegno al popolo cinese, la comunità internazionale ha condannato e denunciato in modo incessante alcuni “macellai cinesi”. Ma per dimostrare amicizia verso oltre un miliardo di cinesi, essa ha anche deciso di scegliere Pechino come sede delle Olimpiadi. Tutto questo è scaturito dall’amicizia fra i popoli. Ma i successori nell’eredità del massacro, considerano il primo gesto [la condanna] come un voler demonizzare la Cina – “non è ancora spento il desiderio delle forze ostili di sterminarci”; il secondo gesto [le Olimpiadi], lo considerano come una fortunata occasione piovuta dal cielo mostrare tutti i nostri cambiamenti: [quasi a voler dimostrare che] la cenerentola si è trasformata nella più bella principessa della storia.

Da decine di anni, vi sono persone che parlano sempre delle Olimpiadi come il centro di tutto, come la forza motrice [della Cina]. L’unico scopo è dimostrare il [nostro] splendore, facendo tutto il possibile, senza badare alle spese in risorse umane o economiche. Di certo, questo splendore non è per nulla quello delle Madri di Tiananmen, o di coloro che consegnano petizioni per chiedere giustizia, o quello dei lavoratori migranti.

Lo splendore che si vuole dimostrare è quello della stabilità che ha schiacciato tutto, da cui sono emerse la grandezza e l’armonia attuali. Tutti devono capire che questo è il risultato del massacro. Senza massacro, non ci sarebbe stato l’innalzamento [del Paese], senza massacro non ci sarebbe stata l’armonia attuale. Ospitare le Olimpiadi è la legittimazione che il sistema di leadership con caratteristiche cinesi è il migliore, testimoniato anche dalla pratica. Stranieri: glorificateci! Patrioti: siate orgogliosi! Se penso a questo, il sangue mi bolle nelle vene. Come si può definire questa una “psicologia normale”?

Atleti, amanti dello sport, turisti di ogni Paese vengono in Cina con gioia, non in pellegrinaggio, né per creare incidenti. Vengono per che cosa? Per partecipare alle competizioni, per turismo, per vedere, ascoltare, divertirsi, gioire, avere nuove esperienze. Cosa c’è in Cina? Ci sono i guerrieri di terracotta, sepolti per accompagnare l’ imperatore cinese Qin Shi Huang; c’è quell’atmosfera esotica molto apprezzata da Marco Polo. La Cina è anche il luogo dove è scoppiata la rivolta dei Boxer; la terra saccheggiata dalle 8 potenze occidentali. Piazza Tiananmen, davanti alla Città Proibita ha testimoniato l’oceano delle Guardie Rosse all’epoca di Mao Zedong; l’ondata dei carri armati e delle mitragliatrici di Deng Xiaoping. Dopo la caduta del comunismo, la Cina è l’unica fortezza che resta in piedi del marxismo, del socialismo e della dittatura del proletariato. Tutto ciò rappresenta dei miracoli a livello mondiale, sufficienti per incantare milioni e milioni di turisti e spingerli a ricordare con nostalgia. Una volta tornati, essi raccontano ad amici, parenti, perfino nipoti, di generazione in generazione: nel 2008 io sono stato in Cina. Sono stato in quel posto misterioso, miracoloso, nel magico Regno di Mezzo [nel centro del mondo]….

Oltre ai visitatori a caccia di avventure e di curiosità, ci sono anche visitatori che riflettono. Sono abitanti del villaggio globale, vogliono osservare la Cina in profondità, studiarla con attenzione. Hanno bisogno di capire la verità della Cina. Se scoprono qualcosa di buono, la Cina viene additata all’ammirazione generale, diventando un’attrazione anche per altri. Qualcuno potrebbe anche decidere di trasferirsi in Cina, diventando cittadino cinese, godendosi la felicità di essere guidati dal dominio comunista.

Il problema è che da lungo tempo conoscere la verità in Cina è un problema difficile e imbarazzante. Perché? Perché le notizie cinesi sono notizie imbrigliate. I giornalisti cinesi devono ubbidire in modo assoluto, passo dopo passo, alla guida del Dipartimento centrale di propaganda del partito comunista cinese: cosa possono pubblicare, cosa non, seguendo sempre il tono stabilito. I media stranieri devono accettare in modo assoluto le direttive del governo e del Ministero degli esteri: dove è permesso andare, quale avvenimento coprire, chi potere intervistare. È stato così per lungo tempo. Alla fine del 2006, per dare una nuova immagine di apertura in prossimità delle Olimpiadi, il governo ha annunciato che dal 1° gennaio 2007, ai media stranieri è concesso il “diritto” di libera intervista. Veramente, bisognerebbe dire “il privilegio” di libera intervista, perchè i giornalisti cinesi non godono di tale privilegio. E’ un passo coraggioso. Ma i risultati nella realtà mostrano che questo tipo di libertà di stampa è limitato solo a ciò che è armonioso[3]. Dove non c’è [carattere] armonioso, non si dà libertà – allo stesso modo, la libertà di parola è data solo ai cittadini “armoniosi”, non a quelli “non armoniosi”. Per questo, conoscere la verità in Cina non è cosa facile, nemmeno per chi vive qui da lungo tempo. Figuriamoci per chi viene soltanto per uno sguardo rapido e poco profondo!

Se non si riesce a sapere la verità, si può prevedere che saranno pochi quelli disposti a trasferirsi e diventare sudditi della Cina grazie all’effetto delle Olimpiadi: su questo possiamo essere certi. Per quanto riguarda voci di lodi, ce ne saranno a volontà, sia nel mondo diplomatico, sia nelle consultazioni interne del governo. Anche questo è sicuro. Chi dice che la verità in Cina è impossibile da raggiungere? Questi due punti sono certissimi!

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