mercoledì, agosto 20, 2008

Indigeni: una settimana di protesta per difendere l'Amazzonia dalle compagnie petrolifere.

PeaceReporter - Una settimana di protesta. I sessantacinque popoli indigeni dell’Amazzonia peruviana, in lotta contro i soprusi delle compagnie petrolifere che, complice il governo, minacciano da decenni la loro libertà, incolumità e diritto alla terra, sono reduci da sette giorni di sommossa, culminati sabato con l’assalto a un ponte strategico. In tremila, con le facce tradizionalmente dipinte in segno di guerra, hanno bloccato il collegamento fra la regione nord-andina di Cajamarca e, appunto, l’area amazzonica, creando il caos. Un gesto dimostrativo dopo la rottura, venerdì, del dialogo con il ministro dell’Ambiente Antonio Brack, incapace di trovare soluzioni all’annoso problema: difendere queste popolazioni dai soprusi delle multinazionali del petrolio, che straziano ettari ed ettari di preziosa terra vergine per estrarre l’oro nero, adesso più che mai risorsa ambita e ricercata.

"Egoisti". Immediata la reazione del governo, che, invece di riaprire un altro canale di dialogo con gli indios, ha deciso, durante una riunione urgente della Presidenza del consiglio dei ministri, di inviare le forze di sicurezza affinché convincessero i nativi a “lasciar perdere la loro posizione violenta”, specificando che un dialogo riprenderà solo quando arriverà una tregua dai dirigenti indigeni.

Solidarietà. Ma la situazione è complessa. Questa settimana di proteste ha visto sorgere focolai di solidarietà in molti angoli del paese: dal nordest al sudest, diverse manifestazioni sono andate crescendo stimolate da quanto accadeva in Amazzonia. Quattromila indigeni Awajum e Wampis, con arco e frecce, sono insorti a Imaza, nordest, tenendo in ostaggio una ventina di poliziotti per ore. Una notizia data dal quotidiano peruviano La Republica e negata dal ministro dell’Interno che ha annunciato: “Tutto è sotto controllo”. Eppure, proprio a Imaza le installazioni statali petrolifere della Petroperù sono occupate da giorni, con pesanti conseguenze nel funzionamento dell’oleodotto che trasporta il greggio alle raffinerie della costa.

"Scontro culturale". “Si tratta di un problema culturale – ha dichiarato con insistenza il ministro dell’Ambiente – Il dialogo deve essere di alto livello”, ha ammesso, precisando di non poter risolvere personalmente la questione dato che i dirigenti indios si considerano “dei” e quindi accetteranno di parlare in modo costruttivo soltanto con il presidente della repubblica Alan Garcia. Nessun intermediario sarà preso in considerazione, come i recenti fatti dimostrano. “I nativi non capiscono – ha ribadito Brack – che il sottosuolo è di proprietà di tutti i peruviani e insistono che il suolo è loro”, ha aggiunto. E viste le due posizioni, non si può che assecondare questa considerazione: si tratta esattamente di scontro culturale, dato che il governo peruviano ha fatto ben poco per instaurare una convivenza costruttiva con tribù che vivono queste terre da sempre e che da secoli hanno subito una pesante colonizzazione senza se e senza ma. Per avere cosa in cambio? Morte e distruzione. Questa gente considera il tanto agognato petrolio ninfa vitale della terra, un’Amazzonia che loro venerano e rispettano e che vedono soffrire e venir meno ogni ora che passa. Per questo lottano, come possono, con armi e frecce. E il ministro dell’Ambiente, che dovrebbe pensarla in maniera similare quantomeno a chi vuol difendere il polmone del mondo, come reagisce? Definendoli egoisti e poco lungimiranti. Non c’è che dire: è proprio una questione di scontro culturale!

"L'Amazzonia muore". Eppure le voci che appoggiano la posizione di questi nativi “egoisti” sono tante e non provengono solo dall’opposizione politica a Garcia, che potrebbe essere tacciata di opportunismo e liquidata sotto l’etichetta di “strumentalizzazione politica”. Gli studi scientifici sullo stato della foresta amazzonica danno loro completamente ragione. Uno recente, l’ennesimo, pubblicato negli Stati Uniti ed eseguito da due Onlus dell’Università di Duke, mette in guardia che i progetti di esplorazione petrolifera e di gas naturale nella regione occidentale del bacino amazzonico si sono convertiti in una minaccia per la biodiversità e per i popoli indigeni dell’intera America Latina. La miopia, dunque, da che parte sta?

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