sabato, agosto 02, 2008

Riccò, Bastianelli, Baldini: tre azzurri nella rete del doping. Casualità, distrazione o consuetudine?

di Fabio Vitucci

Siamo a meno di una settimana dai Giochi Olimpici di Pechino, e lo sport italiano è scosso da tre storie molto diverse tra loro, ma con un unico, triste comune denominatore: il doping. Tre atleti, tre casi di positività, tre diverse reazioni, ma di certo la credibilità dello sport italiano subisce una botta tremenda.
Andiamo con ordine: si parte con Riccardo Riccò, giovane modenese e promessa del ciclismo internazionale, che ha appena stupito tutti con la sua forza e la sua sfrontatezza al Giro d’Italia, concluso sorprendentemente al secondo posto. Contro ogni pronostico, si presenta anche al Tour de France: “Ho recuperato bene”, dichiara alla partenza. Ed anche in terra di Francia, i suoi scatti e le sue vittorie in salita entusiasmano il pubblico… fino alla clamorosa notizia: Riccò trovato positivo all’Epo di terza generazione! E’ l’ennesimo caso che mette in ginocchio uno sport, il ciclismo, che non trova pace ormai dai tempi di Marco Pantani, e che ha perso davvero ogni credibilità agli occhi dell’opinione pubblica: ogni anno saltano fuori tantissimi casi di doping, nuove tecniche per aumentare le prestazioni, nuovi trucchi per nasconderle ai controlli… ormai nessun risultato nel ciclismo appare pulito fino in fondo. E poi come possono avere una valenza tecnica gare da cui vengono frequentemente eliminati i corridori che sembravano dominare la corsa, salvo poi scoprire che la “marcia in più” non era naturale?

Riccò qualche giorno fa ha confessato: “Dopo il Giro ero stanco, e ho commesso un errore di gioventù, e poi non sempre i controlli rilevano questo tipo di doping”. E chi ci dice che anche al Giro non era dopato, e i controlli non lo hanno pescato? E poi come si fa a partecipare ad una corsa, magari vincendola, sapendo di non aver gareggiato regolarmente? Riccò ha confessato e così ha evitato la radiazione (e non perché, come ha dichiarato il padre, “Mio figlio è un uomo”), ma lo sport delle due ruote non può continuare così: servono misure urgenti, come la radiazione immediata per chiunque risulti positivo.

Nemmeno il tempo di riprendersi dal caso Riccò, ed ecco un’altra triste notizia: Marta Bastianelli, campionessa mondiale under 23, pronta ad imbarcarsi per Pechino, risulta positiva ad un controllo antidoping. Qui il caso appare diverso: la ragazza, in lacrime, parla di una pillola presa per dimagrire, con medico e farmacista di fiducia che avrebbero controllato personalmente il medicinale. Eppure risulta una sostanza vietata, il CONI è durissimo con la ragazza e il sogno delle Olimpiadi sfuma. E dire che Bastianelli aveva firmato, come tutti gli atleti della spedizione azzurra a Pechino, il Protocollo d’Intesa proposto dal CONI contro il doping…

Lo stesso protocollo l’aveva firmato anche Andrea Baldini, 22enne livornese accreditato dei favori del pronostico nel fioretto maschile ai Giochi, nella scia della grande tradizione schermistica italiana. Il giorno prima della partenza per Pechino, arriva la notizia della positività ad un diuretico: tutti rimangono increduli, gli stessi compagni di squadra lo difendono, lui parla di un complotto… Certo, in questo caso è tutto molto strano: “La scherma è uno sport quasi statico, il doping non serve a nulla”, dichiara Raffaele Sanzo, plurimedagliato fiorettista, “Io non ho mai preso nemmeno un medicinale, e la tempistica della notizia, ad un giorno dalla partenza, è perlomeno sospetta”, accusa lo stesso Baldini, “Si tratterebbe di una forma di doping davvero arcaica, confrontata con l’Epo di Riccò”, analizza il medico della nazionale italiana di scherma.

Quale che sia la verità, anche Baldini è fuori dai Giochi Olimpici, e tutta la stampa internazionale guarderà con diffidenza ad ogni risultato vincente dei nostri portacolori, a prescindere dalla disciplina e dagli atleti. Naturalmente, non si tratta di un problema solo italiano: ormai lo sport, ad ogni livello, ha perso ogni regola ed ogni etica, e dopo i casi di doping tra i ciclisti amatoriali e il doping “meccanico” tra gli atleti disabili alle ParaOlimpiadi (spuntoni contro le parti del corpo “insensibili” per aumentare la pressione sanguigna), non c’è da stupirsi più di nulla… La speranza è che le Olimpiadi riportino lo sport al centro della scena e che le gare non vengano macchiate da altri casi di doping; tocca poi ad atleti e dirigenti, italiani e non solo, adoperarsi per far risaltare i veri principi dello sport, tra i quali anche un’onorevole sconfitta…

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