domenica, ottobre 05, 2008
Il Papa conferma l'importanza della cooperazione tra Santa Sede e Italia: la Chiesa vuole collaborare per il bene comune nel rispetto della "vicendevole sovranità".

RadioVaticana - La Chiesa non farà mai mancare il sostegno al bene comune dell’Italia, ma si aspetta anche rispetto per la sua azione pastorale, senza per questo chiedere privilegi né ledere la libertà di alcuno. Con questi pensieri, Benedetto XVI ha concluso il suo intervento di questa mattina al Quirinale, nel corso della visita al presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. Il Papa ha ribadito l’importanza della collaborazione tra Santa Sede e Stato, nel riconoscimento delle reciproche “sovranità”.

“Simbolica casa di tutti gli italiani” e, in un’epoca nemmeno troppo lontana, sede di “tante liete e di alcuni tristi pagine di storia del Papato”. Nel varcare per la seconda volta la soglia del Quirinale - la prima era stata nel 2005, accolto da Carlo Azeglio Ciampi - Benedetto XVI ha fatto correre il pensiero ai decenni della cosiddetta “questione romana”, ovvero a quando, tra il 1870 e il 1929, l’antico palazzo dei Papi “diventò - ha osservato - quasi un segno di contraddizione” tra l’Italia, che “anelava a comporsi in uno Stato unitario”, e la Santa Sede “preoccupata di conservare la propria indipendenza a garanzia della propria missione universale”. Un excursus storico che ha permesso al Papa di porre subito in risalto, all’inizio del suo intervento e una volta di più, come nella città di Roma convivano “pacificamente” e collaborino “fruttuosamente lo Stato Italiano e la Sede Apostolica”: “Anche questa mia visita sta a confermare che il Quirinale e il Vaticano non sono colli che si ignorano o si fronteggiano astiosamente; sono piuttosto luoghi che simboleggiano il vicendevole rispetto della sovranità dello Stato e della Chiesa, pronti a cooperare insieme per promuovere e servire il bene integrale della persona umana e il pacifico svolgimento della convivenza sociale”.

Accompagnato, fra gli altri, dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e dal cardinale vicario, Agostino Vallini, Benedetto XVI aveva fatto il suo ingresso al Quirinale verso le 11, seguendo un percorso e un protocollo suggestivi in una Roma passata, in pochi minuti, da sole a grandine a nuove nubi. Scortato dai Corazzieri in motocicletta del Quirinale fino a Piazza Venezia - dove a porgergli il saluto è stato il sindaco di Roma, Gianni Alemanno - di lì il corteo papale ha proseguito verso il Quirinale affiancato da uno squadrone di Corazzieri a cavallo, mentre sul Torrino del palazzo presidenziale la bandiera vaticana sventolava accanto al tricolore italiano. Dopo gli onori militari e il saluto alle autorità istituzionali radunate del Salone degli Arazzi, il presidente Napolitano e il Pontefice si sono trattenuti a colloquio in privato per oltre mezz’ora nello Studio della Vetrata. Successivamente, salutati i presidenti emeriti, è stata la volta dei discorsi ufficiali nel Salone delle Feste.

Prendendo spunto da San Francesco, del quale si celebra oggi la festa, Benedetto XVI ha notato che in questa figura che “attrae credenti e non credenti, possiamo scorgere l’immagine di quella che è la perenne missione della Chiesa, pure nel suo rapporto con la società civile. La Chiesa, nell’epoca attuale di profonde e spesso sofferte mutazioni - ha proseguito - continua a proporre a tutti il messaggio di salvezza del Vangelo e si impegna a contribuire all’edificazione di una società fondata sulla verità e la libertà, sul rispetto della vita e della dignità umana, sulla giustizia e sulla solidarietà sociale”. E dunque, ha affermato: “Per portare a compimento questa sua missione, la Chiesa ovunque e sempre deve poter godere del diritto di libertà religiosa, considerato in tutta la sua ampiezza. All’Assemblea delle Nazioni Unite, in quest’anno che commemora il 60.mo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, ho voluto ribadire che ‘non si può limitare la piena garanzia della libertà religiosa al libero esercizio del culto; al contrario, deve esser tenuta in giusta considerazione la dimensione pubblica della religione e quindi la possibilità dei credenti di fare la loro parte nella costruzione dell’ordine sociale’”.

Per far questo, tuttavia, “la Chiesa non si propone mire di potere, né pretende privilegi o aspira a posizioni di vantaggio economico e sociale”, ha ripetuto Benedetto XVI con le stesse parole pronunciate lo scorso anno, toccando uno dei punti più delicati del rapporto tra cattolici e società civile: “Non vi è ragione di temere una prevaricazione ai danni della libertà da parte della Chiesa e dei suoi membri, i quali peraltro si attendono che venga loro riconosciuta la libertà di non tradire la propria coscienza illuminata dal Vangelo”.

Da parte della Chiesa, ha assicurato il Papa: “I Pastori e i fedeli continueranno a dare il loro importante contributo per costruire, anche in questi momenti di incertezza economica e sociale, il bene comune del Paese, come pure dell’Europa e dell’intera famiglia umana, prestando particolare attenzione verso i poveri e gli emarginati, i giovani in cerca di occupazione e chi è senza lavoro, le famiglie e gli anziani che con fatica e impegno hanno costruito il nostro presente e meritano per questo la gratitudine di tutti”.

In precedenza, il presidente Napolitano aveva parlato di “sintonia” con la visione di Benedetto XVI circa la necessità di lavorare a un progresso umano e civile nel segno del “rispetto della dignità umana, in tutte le sue forme e in tutti i luoghi”, stigmatizzando per contrasto l’allarme per le “nuove manifestazioni preoccupanti” di discriminazione razziale emerse di recenti in vari Paesi: “E’ dunque rispetto a rischi e fenomeni di oscuramento di valori fondamentali, quello della dignità umana insieme ad altri, che noi sentiamo di trovarci di fronte - come Ella ha detto – a ‘un’emergenza educativa’ anche nel nostro Paese. Superare quell’emergenza è nostra comune responsabilità, su diversi terreni, se siamo convinti che si debba suscitare nel mondo d’oggi una grande ripresa di tensione ideale e morale”.

Benedetto XVI ha replicato in modo analogo mostrando “l’urgenza” del problema educativo che, ha detto, non può prescindere “dai perenni valori dell’umanesimo cristiano”: “La formazione dei giovani è, pertanto, impresa nella quale anche la Chiesa si sente coinvolta, insieme con la famiglia e la scuola. Essa infatti è ben consapevole dell’importanza che l’educazione riveste nell’apprendimento della libertà autentica, presupposto necessario per un positivo servizio al bene comune. Solo un serio impegno educativo permetterà di costruire una società solidale, realmente animata dal senso della legalità”.

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