E' giallo sul carico della nave ucraina in mano ai pirati. Ue, Usa e Russia si mobilitano.
PeaceReporter - Ci voleva l'intrigo militare e il colore giallo che ha assunto la vicenda del “Faina”, la nave ucraina sequestrata dai pirati al largo delle coste somale la settimana scorsa, per smuovere la comunità internazionale e tentare di stroncare la banda di corsari che poco o nulla ha in comune con i personaggi tratteggiati da Robert Louis Stevenson. Il ministro della Difesa francese, Herve Morin, ha annunciato, in chiusura del meeting di Deauville con i colleghi dell'Unione, che almeno 10 paesi membri entreranno a far parte della task force per mettere all'angolo i pirati che finora hanno agito indisturbati e portato a casa un bottino che si aggira intorno ai 30 milioni di dollari.
E stiamo parlando del bilancio del solo 2008. Da inizio d'anno questi gruppi armati hanno infatti sequestrato più di trenta imbarcazioni e, attualmente, tredici sono ancora nelle loro mani, insieme a duecento membri di equipaggio.
La gallina dalle uova d'oro. Stavolta nella rete dei pirati, che si muovono su imbarcazioni veloci trasportate al largo da una nave madre, è caduta una gallina dalle uova d'oro: se in media le richieste di riscatto variavano da 500mila ai 2 milioni di dollari, per liberare il “Faina” ce ne vorranno 20 di milioni. A bordo della nave sequestrata c'è un equipaggio composto da sedici ucraini, tre russi e un lettone. Sabato scorso, il capitano Vladimir Kolobkov, di nazionalità russa, è morto a seguito di infarto. Il carico dell'imbarcazione battente bandiera ucraina è molto prezioso e ha destato l'interesse di molte marine militari che si aggirano nel Golfo di Aden. Se da subito era chiaro che si trattasse di 33 carrarmati T-72 di fabbricazione russa, mitragliatrici e lancia granate, voci da Mombasa e Nairobi parlano anche di armi non convenzionali, di munizioni all'uranio impoverito.
Il giallo internazionale. Le navi della marina Usa tengono sotto stretta osservazione il “Faina” e nello specchio d'acqua antistante Hobyo, città costiera a nord di Mogadiscio, sta arrivando anche una fregata russa che ha ricevuto il via libera dal governo di transizione somalo per usare la forza. Stando a quanto dichiarato dall'armatore del “Faina”, il carico sarebbe destinato al Kenya, ma secondo il portavoce della Quinta Flotta della marina Usa, tenente Nathan Christensen, le armi erano dirette al Sudan, in Darfur per la precisione, dove vige l'embargo per le transazioni di armi imposto con una risoluzione delle Nazioni Unite. Informazione sostenuta anche da Andrew Mwangura, portavoce keniano del Seafarers Assistance Programme (Programma di pattugliamento navale per l'Africa orientale) che la polizia di Nairobi ha provveduto immediatamente ad arrestare e che verosimilmente sarà processato per dichiarazioni false, pericolose per la sicurezza nazionale.
La maggior parte degli attacchi si verificano proprio nel Golfo di Aden, nelle acque tra Yemen Somalia del nord, una delle maggiori autostrade marine del mondo che conta un traffico di 20mila navi all'anno che vanno o vengono dallo Canale di Suez. Quello che normalmente sarebbe potuto essere un normale fatto di cronaca, avrà degli effetti negativi anche nel già tormentato quadro politico di Kiev. Dopo la lotta non troppo a distanza Yushchenko-Timoshenko, rispettivamente presidente e premier dell'Ucraina, il traffico d'armi illegali non aiuta un Paese in bilico tra Occidente e l'ombra del Cremlino.
PeaceReporter - Ci voleva l'intrigo militare e il colore giallo che ha assunto la vicenda del “Faina”, la nave ucraina sequestrata dai pirati al largo delle coste somale la settimana scorsa, per smuovere la comunità internazionale e tentare di stroncare la banda di corsari che poco o nulla ha in comune con i personaggi tratteggiati da Robert Louis Stevenson. Il ministro della Difesa francese, Herve Morin, ha annunciato, in chiusura del meeting di Deauville con i colleghi dell'Unione, che almeno 10 paesi membri entreranno a far parte della task force per mettere all'angolo i pirati che finora hanno agito indisturbati e portato a casa un bottino che si aggira intorno ai 30 milioni di dollari.
E stiamo parlando del bilancio del solo 2008. Da inizio d'anno questi gruppi armati hanno infatti sequestrato più di trenta imbarcazioni e, attualmente, tredici sono ancora nelle loro mani, insieme a duecento membri di equipaggio.
La gallina dalle uova d'oro. Stavolta nella rete dei pirati, che si muovono su imbarcazioni veloci trasportate al largo da una nave madre, è caduta una gallina dalle uova d'oro: se in media le richieste di riscatto variavano da 500mila ai 2 milioni di dollari, per liberare il “Faina” ce ne vorranno 20 di milioni. A bordo della nave sequestrata c'è un equipaggio composto da sedici ucraini, tre russi e un lettone. Sabato scorso, il capitano Vladimir Kolobkov, di nazionalità russa, è morto a seguito di infarto. Il carico dell'imbarcazione battente bandiera ucraina è molto prezioso e ha destato l'interesse di molte marine militari che si aggirano nel Golfo di Aden. Se da subito era chiaro che si trattasse di 33 carrarmati T-72 di fabbricazione russa, mitragliatrici e lancia granate, voci da Mombasa e Nairobi parlano anche di armi non convenzionali, di munizioni all'uranio impoverito.
Il giallo internazionale. Le navi della marina Usa tengono sotto stretta osservazione il “Faina” e nello specchio d'acqua antistante Hobyo, città costiera a nord di Mogadiscio, sta arrivando anche una fregata russa che ha ricevuto il via libera dal governo di transizione somalo per usare la forza. Stando a quanto dichiarato dall'armatore del “Faina”, il carico sarebbe destinato al Kenya, ma secondo il portavoce della Quinta Flotta della marina Usa, tenente Nathan Christensen, le armi erano dirette al Sudan, in Darfur per la precisione, dove vige l'embargo per le transazioni di armi imposto con una risoluzione delle Nazioni Unite. Informazione sostenuta anche da Andrew Mwangura, portavoce keniano del Seafarers Assistance Programme (Programma di pattugliamento navale per l'Africa orientale) che la polizia di Nairobi ha provveduto immediatamente ad arrestare e che verosimilmente sarà processato per dichiarazioni false, pericolose per la sicurezza nazionale.
La maggior parte degli attacchi si verificano proprio nel Golfo di Aden, nelle acque tra Yemen Somalia del nord, una delle maggiori autostrade marine del mondo che conta un traffico di 20mila navi all'anno che vanno o vengono dallo Canale di Suez. Quello che normalmente sarebbe potuto essere un normale fatto di cronaca, avrà degli effetti negativi anche nel già tormentato quadro politico di Kiev. Dopo la lotta non troppo a distanza Yushchenko-Timoshenko, rispettivamente presidente e premier dell'Ucraina, il traffico d'armi illegali non aiuta un Paese in bilico tra Occidente e l'ombra del Cremlino.
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