La Chiesa chiede interventi immediati al governo
Agenzia Misna - La Chiesa cattolica keniana ha espresso preoccupazione per i 5 milioni di persone (quasi il 10% della popolazione) che a causa di inflazione e siccità non dispongono di sufficiente cibo, e ha invitato il governo ad adottare con urgenza adeguate iniziative. “Servono politiche in grado di migliorare le condizioni dei poveri, ovvero della maggioranza di questo paese” ha detto l’arcivescovo Peter Kairo, presidente della Commissione giustizia e pace della conferenza episcopale keniana. Le violenze seguite alle elezioni dello scorso dicembre, la siccità, la crisi economica internazionale e l’inflazione (salita a maggio oltre il 30%), hanno tutte contribuito secondo il presule all’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, alla loro reale disponibilità e di conseguenza al peggioramento delle condizioni vita. Ricordando il risultato di un sondaggio condotto dal centro gesuita ‘Hakimani’ secondo il quale gli abitanti di 16 baraccopoli di Nairobi spendono il 53% del loro già esiguo reddito in cibo, Kairo ha anche puntato il dito contro le pratiche di imprese e multinazionali: “E’ riprovevole – ha detto - che, nonostante i problemi della nostra economia, queste registrino profitti super-elevati i cui benefici raramente raggiungono la popolazione”. A farne le spese, ha aggiunto l’arcivescovo, sono soprattutto gli sfollati che affollano i campi profughi o che vivono nei quartieri degradati della capitale. Secondo una indagine condotta a settembre dal governo, nei prossimi sei mesi il 10% dei keniani rischia di non avere sufficienti mezzi di sostentamento. “La sicurezza alimentare - aveva detto due settimane fa lo stesso ministero per i Programmi speciali in una nota – si è abbassata a un livello preoccupante tra la popolazione urbana a causa dell’aumento dei prezzi. Dati preliminari indicano che almeno 3 milioni e mezzo di abitanti delle baraccopoli rispetto ai 3 milioni di un anno fa non hanno abbastanza cibo”. A questi, aggiungeva nel suo comunicato il ministero, bisogna aggiungere un altro milione e mezzo di abitanti delle zone rurali (compresi 300.000 sfollati) stretti dall’aumento dei prezzi ma anche dalla siccità.
Agenzia Misna - La Chiesa cattolica keniana ha espresso preoccupazione per i 5 milioni di persone (quasi il 10% della popolazione) che a causa di inflazione e siccità non dispongono di sufficiente cibo, e ha invitato il governo ad adottare con urgenza adeguate iniziative. “Servono politiche in grado di migliorare le condizioni dei poveri, ovvero della maggioranza di questo paese” ha detto l’arcivescovo Peter Kairo, presidente della Commissione giustizia e pace della conferenza episcopale keniana. Le violenze seguite alle elezioni dello scorso dicembre, la siccità, la crisi economica internazionale e l’inflazione (salita a maggio oltre il 30%), hanno tutte contribuito secondo il presule all’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, alla loro reale disponibilità e di conseguenza al peggioramento delle condizioni vita. Ricordando il risultato di un sondaggio condotto dal centro gesuita ‘Hakimani’ secondo il quale gli abitanti di 16 baraccopoli di Nairobi spendono il 53% del loro già esiguo reddito in cibo, Kairo ha anche puntato il dito contro le pratiche di imprese e multinazionali: “E’ riprovevole – ha detto - che, nonostante i problemi della nostra economia, queste registrino profitti super-elevati i cui benefici raramente raggiungono la popolazione”. A farne le spese, ha aggiunto l’arcivescovo, sono soprattutto gli sfollati che affollano i campi profughi o che vivono nei quartieri degradati della capitale. Secondo una indagine condotta a settembre dal governo, nei prossimi sei mesi il 10% dei keniani rischia di non avere sufficienti mezzi di sostentamento. “La sicurezza alimentare - aveva detto due settimane fa lo stesso ministero per i Programmi speciali in una nota – si è abbassata a un livello preoccupante tra la popolazione urbana a causa dell’aumento dei prezzi. Dati preliminari indicano che almeno 3 milioni e mezzo di abitanti delle baraccopoli rispetto ai 3 milioni di un anno fa non hanno abbastanza cibo”. A questi, aggiungeva nel suo comunicato il ministero, bisogna aggiungere un altro milione e mezzo di abitanti delle zone rurali (compresi 300.000 sfollati) stretti dall’aumento dei prezzi ma anche dalla siccità.
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