giovedì, ottobre 09, 2008
Al processo per lo scandalo Probo Koala in dodici rischiano l'ergastolo.

PeaceReporter - Sono passati più di due anni dal peggior scandalo ambientale nella storia della Costa d'Avorio. Nell'agosto del 2006, un carico di più di 500 tonnellate di rifiuti tossici venne sversato in 18 siti della città portuale di Abidjan, provocando la morte di almeno 16 persone e il ferimento di altre 100.000. Alla sbarra, nel processo apertosi da pochi giorni nel Paese, ci sono i responsabili delle autorità portuali ivoriane che diedero l'ok allo scarico del materiale e i vertici della Tommy, la società che avrebbe scaricato i rifiuti. Ma la grande indiziata, la compagnia olandese Trafigura a cui apparteneva il carico, non è sotto processo. Un accordo con il governo l'ha messa al riparo.

Le associazioni delle vittime sperano che il processo possa fare luce su una vicenda ancora poco chiara, ma che potrebbe avere conseguenze inimmaginabili sull'ambiente e la salute di decine di migliaia di persone. Finora, però, l'unica cosa che gli imputati e la Trafigura hanno fatto è rimpallarsi le responsabilità. Gli allora responsabili delle autorità portuali sostengono di non aver ricevuto i documenti che attestavano il contenuto della nave, e accusano la società olandese e la Tommy di aver loro nascosto la natura del carico. Finora, nessun esponente della compagnia olandese è apparso in tribunale, neanche in veste di testimone. I vertici della Puma Energy, la sussidiaria della Trafigura in Costa d'Avorio, hanno lasciato il Paese qualche giorno fa, tanto da spingere gli avvocati della difesa ad abbandonare il processo per protesta. Se ritenuti colpevoli dell'accusa di avvelenamento, i 12 imputati potrebbero essere condannati alla prigione a vita.

L'imbarcazione in questione, la Probo Koala, di proprietà di una società greca ma affittata dalla Trafigura, nella notte del 19 agosto 2006 scaricò centinaia di tonnellate di materiale di scarto (un misto di residui oleosi, soda e altre sostanze, che avrebbero dovuto essere trattate in maniera particolare) nel porto di Abidjan. Il carico venne preso in consegna dalla compagnia Tommy, nata solo pochi giorni prima, che avrebbe poi provveduto a sversarlo, senza autorizzazione, in 18 siti della capitale, tra cui la laguna di Abidjan. Nei giorni successivi, dal carico si sprigionarono alcune sostanze chimiche, come l'idrogeno solforoso, altamente tossiche. Migliaia di persone finirono in ospedale nelle settimane immediatamente successive. Un'inchiesta condotta da Greenpeace appurò che l'imbarcazione, proveniente da Amsterdam, aveva in precedenza tentato di scaricare il materiale in altri Paesi, tra cui Olanda e in Nigeria, prima di desistere perché il costo per il trattamento dei rifiuti sarebbe stato troppo alto.

La tesi dell'accusa è che la Probo Koala sia giunta ad Abidjan per liberarsi di un carico scomodo, con la connivenza delle autorità portuali, e senza rispettare i limiti della Convenzione di Basilea del 1992, che regola proprio il trasporto dei rifiuti ad alto rischio. Oltretutto, pare che il porto di Abidjan non avesse la capacità di trattare rifiuti tossici di quel tipo. La Trafigura ha sempre negato qualsiasi responsabilità, sostenendo di non essere a conoscenza del luogo dove i rifiuti sarebbero finiti. Nel febbraio del 2007, la compagnia raggiunse un accordo con il governo ivoriano, pagando 214 milioni di dollari per garantirsi l'immunità da qualsiasi processo in Costa d'Avorio. Ma i guai della Trafigura potrebbero non essere finiti: uno studio legale di Londra sta infatti organizzando una class action tra gli ivoriani che hanno sofferto problemi di salute in conseguenza dello sversamento. Un'altra causa sarebbe in preparazione in Olanda, e riguarderebbe, oltre alla Trafigura, il capitano della Probo Koala e le autorità portuali olandesi per un possibile ruolo nella vicenda.

Intanto, la popolazione civile continua a subire le conseguenze del disastro: centinaia di persone ammalate, costrette a vivere nelle vicinanze dei luoghi dello sversamento, accusano ancora problemi di salute. Il governo, a corto di denaro, non è riuscito a pulire adeguatamente tutti e 18 i siti, e ha garantito l'assistenza sanitaria gratuita alle vittime della tragedia solo per le prime settimane, secondo quanto riferito nel rapporto del professor Okechukwu Ibeanu, l'inviato speciale dell'Onu che lo scorso agosto visitò i luoghi del disastro. A prescindere dall'esito del processo, le ferite rimarrano a lungo sui corpi e nei cuori di chi ha subìto questa vicenda.

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