lunedì, ottobre 13, 2008
Eco51 - Tempi duri per i mammiferi, mai così in pericolo quanto oggi nel corso della loro lunga storia evolutiva. Il Global Mammal Assessment, lo studio scientifico che ha fatto del controllo della distribuzione e conservazione dei mammiferi sul pianeta il suo obiettivo primario, presentato nel corso di un importante congresso internazionale tenutosi a Barcellona, ha messo in luce come una larga parte delle specie di mammiferi, dal 25% al 36%, sarebbe a rischio di estinzione nel volgere di pochi anni.>

Il condizionale è d’obbligo ma l’allarme è di quelli che mettono apprensione, non fosse altro perché si tratta della stessa categoria animale cui appartiene anche l’uomo. Che un mammifero su 4 (o 1 su 3, nei valori massimi) possa scomparire dalla faccia della Terra in un tempo relativamente breve può apparire come una delle classiche notizie allarmistiche che di tanto in tanto saltano fuori dagli articoli di seconda o terza fascia, ma questa ha delle credenziali straordinarie: lo studio, infatti, è stato condotto da oltre 1.800 scienziati di prim’ordine provenienti da 130 paesi e con una collaborazione tra atenei (tra cui anche la «nostra» Università La Sapienza di Roma) davvero sbalorditiva.

Il prof. Andrew Smith, dell’Università dell’Arizona, ha spiegato come lo studio sia nato quale completamento di un’analoga ricerca condotta sugli anfibi terminata 4 anni fa: si tratta della prima analisi che abbraccia tutte le specie di mammiferi sul pianeta a noi note, 5.487.
Di queste ben 1.141 sono a rischio di estinzione, continua il docente che vanta ben 2 delle 103 pubblicazioni di cui lo studio si compone: se a questi dati si aggiunge il fatto che, dal ‘500 ad oggi sono scomparse 76 varianti di mammiferi e su ben 836 i dati raccolti sono ritenuti scarsi, si ottiene un quadro allarmante della situazione.

Ad aggravare il tutto c’è la considerazione che in un sistema dagli equilibri delicati come quello della Natura, l’eliminazione di un componente difficilmente è priva di conseguenze sugli altri: se poi questo componente è un mammifero, vale a dire un animale che ha un comportamento complesso ed agisce sull’ambiente che lo circonda, è praticamente certo che seguiranno delle reazioni a catena difficili da arginare e che, cosa non da poco, non sappiamo né quando né in che modo si concluderanno.

La Lince Iberica, ad esempio, ha visto ridursi la propria popolazione negli ultimi decenni per via della forte diminuzione del coniglio europeo, la sua preda principale. Altre specie, invece, sembrano sopravvivere solo in aree protette come le Macroscelididi, dei piccoli oditori presenti soltanto in due foreste della Tanzania che risultano però tutt’altro che immuni agli incendi.
Altre varietà di mammiferi risultano presenti soltanto in cattività, come il Cervo di Padre David, mentre altre, non essendo più avvistate da anni, sono ritenute virtualmente estinte, come l’Hutia di San Felipe.

Le ragioni del possibile disastro ambientale che si profila sono facilmente immaginabili: l’uomo, distruggendo ettari ed ettari di bosco e contaminando l’aria e l’acqua, ha finito col rendere inospitali i loro habitat generando spostamenti, conflitti tra simili per un ridotto territorio e adattamenti non sempre andati a buon fine.

Lo studio congiunto sulla popolazione dei mammiferi non ha però lo scopo di fomentare allarmi e paure. Il suo reale obiettivo è invece quello di sensibilizzare governi e comunità scientifiche per l’elaborazione di piani di salvaguardia delle bio-diversità. E lo fa con i fatti: leggendo i documenti si possono scoprire delle storie a lieto fine, come quella del furetto dai piedi neri o del cavallo selvatico, al centro, negli ultimi dieci anni, di due importanti campagne di ripopolamento rispettivamente in Messico e Mongolia.

Contrastare questa pericolosissima tendenza è dunque possibile ma non si può delegare tutto ai governi e ai Grandi della Terra: tutti possiamo fare la nostra parte e non costa nulla, anzi, si risparmia anche qualcosa.
Una delle ragioni più significative della distruzione degli habitat naturali di molte specie in pericolo è il commercio clandestino (e talvolta anche legale, purtroppo) di animali esotici che, pur costando cifre considerevoli al mercato nero, in molti non resistono a comprare per metterli in mostra durante le cene con gli amici. Così come in tanti farebbero (e fanno) follie per legni pregiati provenienti dalle grandi foreste del Sudamerica e del Sudest Asiatico.
A queste persone vogliamo rivolgere un invito al risparmio: ve ne saranno grati gli animali, l’ambiente ed anche i vostri commensali…

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