venerdì, ottobre 17, 2008
Malnutrizione, inflazione record, crisi politica che si trascina da mesi: lo Zimbabwe è in ginocchio. Le agenzie dell’Onu chiedono 81 miliardi di dollari per far fronte alla crisi.
Intanto Mbeki di nuovo ad Harare per scongiurare la rottura tra Mugabe e Tsvangirai.


Nigrizia.it - 5 milioni di persone in Zimbabwe rischiano di morire di fame: gli ospedali del paese, già privi di medicinali sufficienti per affrontare le malattie comuni, non riescono ora a fronteggiare la malnutrizione che colpisce soprattutto i minori. L’Onu ha chiesto aiuto per 81 miliardi di dollari per far fronte al problema, ma secondo il World Food Programme con questa cifra si arriverebbe coprire le esigenze solo fino a gennaio.

È la drammatica descrizione contenuta nel reportage pubblicato martedì 14 dal quotidiani britannico Times, che racconta come le agenzie umanitarie non riescano a far arrivare gli aiuti in tutto il paese, nonostante il presidente Robert Mugabe abbia recentemente tolto il blocco imposto per “sospetto spionaggio per l’occidente”, e come a pesare sui cittadini ci sia anche la crisi economica che sembra inarrestabile, con un tasso d’inflazione ormai arrivato a 123 milioni per cento. E che costringe oltre l’80% della popolazione a vivere con meno di un dollaro al giorno.
La già drammatica situazione è aggravata anche dalla contaminazione di alcune sorgenti, che ha elevato il rischio colera. Supermercati vuoti, campi non coltivati e raccolti persi, scuole praticamente chiuse: l’immagine è quella di un paese al collasso.

Intanto però, la crisi politica del post elezioni non è ancora stata risolta: dopo il faticoso accordo per un governo di unità nazionale, il contenzioso sulla spartizione dei ministeri tiene banco da settimane. A dispetto dell’accordo di massima raggiunto il 15 settembre, che prevede la presidenza a Mugabe e il ruolo di capo del governo al leader dell’opposizione Morgan Tvangirai, Mugabe continua a prendere decisioni che possono far saltare ogni tentivo di mediazione. L'intesa prevede che allo Zanu-Pf del presidente Mugabe vadano 15 ministeri, 13 al MDC del premier Tsvangirai e tre alla fazione guidata da Arthur Mutambara. Ma Mugabe venerdì ha unilateralmente deciso di assegnare il controllo di diversi ministeri, Esteri, Interno, Difesa, Finanze, Giustizia, Enti Locali e il cruciale portafoglio di Informazione e Comunicazione , allo Zanu-Pf. Sabato, inoltre, ha insediato i suoi due nuovi vicepresidenti, senza confronto con l’opposizione. Fonti vicine al partito presidenziale affermano che la nomina dei due vicepresidenti era prevista nell’accordo ed è quindi legittima,e ribadiscono che il contenzioso sul governo si limita all’attribuzione del solo ministero delle finanze. Ma gli sviluppi della situazione hanno messo in serio allarme anche l’Unione europea, che si è detta pronta a nuove sanzioni economiche se Mugabe non rivedrà le sue posizioni.

Alcune speranze sono riposte nel contributo che potrebbe dare il mediatore sudafricano Thabo Mbeki, che in patria ha appena perso la poltrona di presidente, arrivato lunedì nella capitale Harare.
L’ex presidente sudafricano, a cui la Sadc (Comunità degli stati dell'Africa australe) ha confermato la fiducia come mediatore nella crisi, ha incontrato sia Mugabe che Tsvangirai. Le prime dichiarazioni che ha rilasciato sono state all’insegna dell’ottimismo, in realtà Mbeki deve fare i conti con il drastico calo del suo peso politico e il ristretto spazio di lavoro entro cui si trova ad operare.

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