venerdì, dicembre 26, 2008
Agenzia Misna - Nei giorni precedenti il Natale padre Silvano Garello, missionario saveriano e 70 anni il prossimo 31 dicembre, mette nello zaino il necessario per servire la messa e parte da Dhaka verso il confine con lo stato indiano di Meghalaya, sulle colline dove lo aspettano i Mandi. “Esseri umani” questo significa il nome di questa minoranza etnica in grande maggioranza convertitasi al cristianesimo e per più della metà cattolica. “In questo periodo - dice alla MISNA padre Garello giunto nel paese asiatico 40 anni fa, quando era ancora il ‘Pakistan orientale’ - inizia il mio giro nei villaggi Mandi. A Natale come anche a Pasqua è importante che ci sia un sacerdote per celebrare la messa, che aspettano con ansia”. In Bangladesh - nazione di circa 160 milioni di abitanti in grande maggioranza musulmana e con una forte minoranza indù (16%) - la presenza cristiana costituisce appena lo 0,5%, quasi tutte persone appartenenti alle comunità tribali (che sono in tutto una trentina). Palestre scolastiche, aule pubbliche o piccole chiese con tetti in lamiera sono i luoghi dove si riuniranno in questi giorni i fedeli per prepararsi all’Avvento, racconta il sacerdote, mentre la messa più importante, quella della notte di Natale sarà celebrata dal missionario nel villaggio di “Sap marà”, che in lingua locale significa “uccidi il serpente”, ad alcuni chilometri dalla missione di Baromari, vicino al confine con l’India. “Arriveranno - continua padre Garello descrivendo esperienze già vissute - da tutti i villaggi della zona, sfidando il freddo che fa su quelle alte colline, per partecipare alla celebrazione, in un momento di forte unità della comunità. Alla fine della messa, alcuni gruppi canteranno i canti natalizi classici, che chiamano ‘kirton’ come i canti religiosi indù, e che sono molto apprezzati anche dalle altre religioni”. Quando sarà tempo di dormire, prosegue il sacerdote, chi non è del villaggio “tornerà in chiesa per trascorrere la notte”. La giornata del Natale sarà riempita dai balli tradizionali che evocano la semina e altre attività quotidiane come la cucina, trasformando ogni gesto in un complicato passo di danza. “La famiglia più ricca ucciderà il maiale che ha appositamente allevato nel corso dell’anno e lo offrirà a tutti nel banchetto comune” continua il sacerdote, spiegando che i mandi hanno una società matrilineare. “I primi ad essere serviti sono sempre i bambini – aggiunge, sottolineano che è una pratica propria dei mandi – forse per onorarli in un giorno speciale o forse semplicemente per metterli subito buoni e quieti”. Questa popolazione di 100.000 persone, probabilmente di antiche origini centrasiatiche, affronta grandi difficoltà per la rovina dell’ambiente naturale in cui vive (circa 20.000 abitano in foreste minacciate dal disboscamento) ma soprattutto per la difficoltà a far rispettare i loro diritti sulla terra che coltivano per il semplice sostentamento. Hanno una loro propria lingua che si esprime nei canti e nei racconti, benché nella quotidianità usino il bengalese, loro abiti tradizionali e usanze che riprendono anche l’antica religione animista. “Per il riscatto della loro identità e dei loro diritti puntano molto sull’educazione dei figli, grazie anche alle scuole delle missioni” conclude padre Garello, ricordando che il vescovo ausiliare di Mymensing è un mandi, così come un mandi in passato è stato eletto in parlamento, diventando anche l’unico parlamentare cristiano.


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