domenica, dicembre 21, 2008
Speranze e timori dei cristiani in Orissa per il rischio di violenze a Natale.

RadioVaticana - Tra tensione e speranza si prega in India perché non si verifichino ancora violenze e in particolare nello Stato di Orissa in occasione del Natale. I timori nascono dall’aggressivo appello a livello nazionale per manifestazioni di massa nelle strade proprio il 25 dicembre, per impedire ai cristiani di celebrare il Natale. Da parte sua il governo assicura di intervenire in caso di manifestazioni violente. La minaccia viene dal gruppo nazionalista indù Swami Lakhmananda Saraswati Sradhanjali Samiti (SLSSS), che prende il nome dal leader radicale indù Swami Laxanananda Saraswati ucciso il 23 agosto scorso, appartenente al partito fondamentalista Vishwa Hindu Parishad (VHP), formazione che si batte per un’India di soli induisti. Nonostante che l’omicidio sia stato rivendicato da un gruppo maoista, il People’s Liberation Revolutionary Group, gli attivisti del partito radicale VHP hanno accusato i cristiani in quanto il leader ucciso si era sempre opposto alle conversioni al cristianesimo. La campagna per i prossimi giorni denominata “blockade”, nasce come ultimatum al governo che avrebbe dovuto arrestare i veri responsabili entro il 15 dicembre. Da agosto si sono susseguiti scontri, episodi di violenza e molti atti di sanguinosa persecuzione contro i cristiani. Delle intimidazioni in particolare in relazione al Natale, al microfono di Emer McCarthy, della nostra redazione inglese, mons. Raphael Cheenath, vescovo di Cuttack-Bhubaneswar ne parla così:

R. – L’intenzione sinistra dei fondamentalisti era quella di impedire ai cristiani di celebrare il Natale, e in generale di distruggere la tradizione del Natale. Il loro progetto negativo di annientare la Chiesa nel distretto di Kandhamal continua. Hanno già distrutto tutta l’infrastruttura della Chiesa in Kandhamal nell’agosto 2008, dopo l’uccisione del leader indù. Una grande manifestazione il 25 dicembre finirebbe di distruggere la Chiesa in questo distretto. Vogliono mantenere alta la tensione e istillare il terrore nel cuore dei poveri cristiani, vittime di persecuzioni fin dal dicembre 2007.

Ma l’impegno a vivere la santità del Natale resta tra i fedeli, come conferma il racconto di mons. Raphael:
R. - Due donne cristiane, che vivono nei campi profughi, erano uscite per controllare le loro proprietà. Gli uomini della sicurezza chiesero loro: “Come fate ad uscire da qui? Se i fondamentalisti vi attaccano e vi uccidono, cosa farete?”. La loro risposta è stata significativa: “Dio è con noi. Se saremo uccise, moriremo per Cristo”. Sono stati organizzati dei comitati per la pace per dialogare con le persone di altre fedi. Il messaggio di Natale dovrebbe essere interiorizzato prima di iniziare a predicarlo ad altri. Noi stessi dovremmo sperimentarlo, in modo da poter convincere anche gli altri. Stiamo organizzando momenti in cui invitiamo anche altri: incontri di preghiera e colloqui.

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