Il desiderio più ricorrente per le famiglie irachene è “partecipare alla messa di mezzanotte”. Problemi legati alla sicurezza non lo permettono, ma resta la speranza per il futuro. Preghiere, scambi di auguri con i “fratelli musulmani” e la condivisione del cibo della festa sono il segno di un obiettivo condiviso: il ritorno alla normalità.
Kirkuk, Iraq (AsiaNews) – Per la comunità cristiana di Kirkuk il regalo di Natale più atteso “è la partecipazione alla Messa di mezzanotte”. Un desiderio che anche quest’anno non potrà essere esaudito: le celebrazioni notturne sono vietate per questioni legate alla sicurezza. Resta però la speranza che “un giorno il Paese ritrovi la pace” e la “libertà”: questa è la ragione che spinge le famiglie a restare – fra difficoltà e sofferenze – e a testimoniare con la loro vita il senso più profondo della festività natalizia.
In questi giorni di Avvento AsiaNews ha incontrato tre famiglie di Kirkuk (di cui non pubblichiamo i nomi, per evidenti motivi di tutela della loro incolumità), grazie alle quali si può cercare di capire l’atmosfera che si respira in attesa del Natale e il significato della festa in una zona segnata da conflitti e violenze. “A Natale le famiglie si riuniscono per partecipare alla Messa”, racconta una donna. “Anche se non è più possibile celebrare la funzione della mezzanotte, è pur sempre bello vedere così tante persone che si riuniscono a contemplare il volto di Dio nel Bambino del presepe”. La messa solenne di mezzanotte – celebrata in realtà alle 5.30 del pomeriggio del 24 e trasmessa in diretta televisiva da un canale satellitare – è il momento più importante per le famiglie di Kirkuk, dopo la quale “c’è il tradizionale scambio di auguri: serenità per le famiglie e pace per tutto l’Iraq”.
Nei giorni che precedono la festa, le famiglie raccontano l’emozione con la quale si “vive l’attesa, si addobba l’albero e si prepara il presepio in tutte le case”. Vi è poi la consuetudine di “scambiarsi visite tra famiglie, recitare preghiere in comune e condividere il cibo, un elemento fondamentale”. Per il pranzodi Natale vengono preparate delle pietanze “speciali per l’occasione: il dolce tradizionale della festa, la Klecia, un composto a base di farina cotta e datteri che viene cucinato con giorni di anticipo. Poi vi sono i piatti a base di carne di agnello e le bevande. Sono tutti elementi che rendono il Natale un momento unico”, raccontano i cristiani di Kirkuk.
La ricorrenza anche qui è una speciale occasione di festa per i bambini, per i quali vi sono "momenti di svago e di gioco nella settimana fra Natale e Capodanno; tra questi l’arrivo di Babbo Natale, che distribuisce doni e dolciumi. E poi feste a tema per i giovani e le donne, momenti attesi e che vedono una grande partecipazione”.
Quello che la gente descrive, non è altro che il tentativo di “vivere in normalità” che è spesso negata alle famiglie cristiane irachene, costrette a subire violenze e persecuzioni pur non mancando le “testimonianze di solidarietà e affetto da parte di una parte preponderante della comunità musulmana”. Una vicinanza che viene confermata dagli scambi di auguri che i “fratelli musulmani” rivolgono ai cristiani in occasione del Natale. E dalle attenzioni verso i più bisognosi, con “la distribuzione gratuita di 400 polli alle famiglie povere della città, perché anche loro possano festeggiare il Natale”.
All’interno della comunità cristiana “non si vive un clima di paura. La festa, al contrario, si trasforma in un momento di rinnovata speranza: siamo pronti a celebrare il Natale – raccontano – con gioia. La preghiera diventa un mezzo per alleviare le sofferenze e per farci sentire vicini ai cristiani di tutto il mondo, che ricordano la nascita di Gesù. La nostra voce urla con forza ‘Siamo ancora qui’ per testimoniare Cristo, certi del fatto che non siamo soli”.
Mons. Louis Sako, arcivescovo della diocesi di Kirkuk, attraverso AsiaNews lancia un messaggio di auguri ai fedeli: “Per me Natale – sottolinea il prelato – significa rinascere ogni giorno nella difficoltà quotidiana. La festa ci invita ad amare, ad accogliere, a condividere senza barriere. Con questa forza profonda che sorge della nostra fede, possiamo davvero realizzare la pace”.
Kirkuk, Iraq (AsiaNews) – Per la comunità cristiana di Kirkuk il regalo di Natale più atteso “è la partecipazione alla Messa di mezzanotte”. Un desiderio che anche quest’anno non potrà essere esaudito: le celebrazioni notturne sono vietate per questioni legate alla sicurezza. Resta però la speranza che “un giorno il Paese ritrovi la pace” e la “libertà”: questa è la ragione che spinge le famiglie a restare – fra difficoltà e sofferenze – e a testimoniare con la loro vita il senso più profondo della festività natalizia.
In questi giorni di Avvento AsiaNews ha incontrato tre famiglie di Kirkuk (di cui non pubblichiamo i nomi, per evidenti motivi di tutela della loro incolumità), grazie alle quali si può cercare di capire l’atmosfera che si respira in attesa del Natale e il significato della festa in una zona segnata da conflitti e violenze. “A Natale le famiglie si riuniscono per partecipare alla Messa”, racconta una donna. “Anche se non è più possibile celebrare la funzione della mezzanotte, è pur sempre bello vedere così tante persone che si riuniscono a contemplare il volto di Dio nel Bambino del presepe”. La messa solenne di mezzanotte – celebrata in realtà alle 5.30 del pomeriggio del 24 e trasmessa in diretta televisiva da un canale satellitare – è il momento più importante per le famiglie di Kirkuk, dopo la quale “c’è il tradizionale scambio di auguri: serenità per le famiglie e pace per tutto l’Iraq”.
Nei giorni che precedono la festa, le famiglie raccontano l’emozione con la quale si “vive l’attesa, si addobba l’albero e si prepara il presepio in tutte le case”. Vi è poi la consuetudine di “scambiarsi visite tra famiglie, recitare preghiere in comune e condividere il cibo, un elemento fondamentale”. Per il pranzodi Natale vengono preparate delle pietanze “speciali per l’occasione: il dolce tradizionale della festa, la Klecia, un composto a base di farina cotta e datteri che viene cucinato con giorni di anticipo. Poi vi sono i piatti a base di carne di agnello e le bevande. Sono tutti elementi che rendono il Natale un momento unico”, raccontano i cristiani di Kirkuk.
La ricorrenza anche qui è una speciale occasione di festa per i bambini, per i quali vi sono "momenti di svago e di gioco nella settimana fra Natale e Capodanno; tra questi l’arrivo di Babbo Natale, che distribuisce doni e dolciumi. E poi feste a tema per i giovani e le donne, momenti attesi e che vedono una grande partecipazione”.
Quello che la gente descrive, non è altro che il tentativo di “vivere in normalità” che è spesso negata alle famiglie cristiane irachene, costrette a subire violenze e persecuzioni pur non mancando le “testimonianze di solidarietà e affetto da parte di una parte preponderante della comunità musulmana”. Una vicinanza che viene confermata dagli scambi di auguri che i “fratelli musulmani” rivolgono ai cristiani in occasione del Natale. E dalle attenzioni verso i più bisognosi, con “la distribuzione gratuita di 400 polli alle famiglie povere della città, perché anche loro possano festeggiare il Natale”.
All’interno della comunità cristiana “non si vive un clima di paura. La festa, al contrario, si trasforma in un momento di rinnovata speranza: siamo pronti a celebrare il Natale – raccontano – con gioia. La preghiera diventa un mezzo per alleviare le sofferenze e per farci sentire vicini ai cristiani di tutto il mondo, che ricordano la nascita di Gesù. La nostra voce urla con forza ‘Siamo ancora qui’ per testimoniare Cristo, certi del fatto che non siamo soli”.
Mons. Louis Sako, arcivescovo della diocesi di Kirkuk, attraverso AsiaNews lancia un messaggio di auguri ai fedeli: “Per me Natale – sottolinea il prelato – significa rinascere ogni giorno nella difficoltà quotidiana. La festa ci invita ad amare, ad accogliere, a condividere senza barriere. Con questa forza profonda che sorge della nostra fede, possiamo davvero realizzare la pace”.
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