RadioVaticana - E sarà un Natale particolare anche quello che stanno per trascorrere i cristiani nello Stato indiano dell’Orissa, dopo le violenze da parte di estremisti indù scoppiate in agosto. Tutta l’India, poi, vive giorni di tensione per la paura di nuovi attacchi terroristici, come quelli di Mumbay. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:
E’ una vigilia di Natale carica di paura e di tensione per la minoranza cristiana ed indiana, soprattutto quella dello Stato dell’Orissa dove le organizzazioni estremiste indù e un gruppo tribale hanno deciso di organizzare uno sciopero, una serrata generale. Pochi giorni fa, il governo locale aveva vietato la manifestazione prevista per il 25 dicembre e voluta dal gruppo radicale indù per protestare contro il mancato arresto dei responsabili dell’omicidio del leader indù Saraswati, attribuito falsamente ai cristiani e che è stata la scintilla che ha causato le aggressioni di agosto. Secondo i dati della Conferenza episcopale indiana, nelle violenze anti cristiane sono morte 81 persone mentre oltre 22 mila si trovano nei campi profughi del governo ed oltre 40 mila sono fuggiti dal distretto di Kandhamal, l’epicentro dei disordini. Sono state distrutte in tutto 236 chiese, 36 tra conventi, scuole ed istituti religiosi. Nonostante il dispiegamento delle forze dell’ordine e le promesse delle autorità indiane di adeguata protezione, si teme che le proteste possano provocare una nuova ondata di violenza. Nel distretto di Kandhamal e un po’ in tutta l’India, com’era già successo lo scorso Natale, di fronte al dramma dell’Orissa ed anche in solidarietà delle vittime dell’attentato terroristico di Mumbai del 26 novembre, sono state cancellate le tradizionali feste, fiere natalizie che accompagnavano le celebrazioni religiose.
"La mia preghiera per tutte le persone di buona volontà è che questa nuova nascita, questa piccola e fragile nuova vita del piccolo Gesù, incoraggi l’umanità a costruire un mondo ancora più giusto, un’umanità rinnovata con i valori del Vangelo che possa edificare una civiltà dell’amore”. E’ l’augurio rivolto per il Natale da mons. Raphael Cheenath arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, nello Stato indiano di Orissa. “Sono cosciente dei dolori e dell’agonia in cui tanti fratelli e sorelle, cristiani e indù, tribali e dalit hanno sopportato di questi tempi nel nostro Stato”. È giunta l’ora – aggiunge l’arcivescovo all’agenzia Asianews - di mostrare la nostra unità, abbandonare tutto ciò che ci divide e dire ‘basta’ ad una sola voce. Questo Natale – sottolinea il presule – “racconterà ancora una volta la nascita di Cristo a Kandhamal”. “La pace fondata sulla giustizia – afferma l’arcivescovo - non perirà mai: si potrà offenderla, emarginarla per poco tempo, ma alla fine trionferà. Vi supplico di ricordarvi e di pregare per la pace in Orissa, perché la pace possa prevalere nei cuori di tutti coloro che sono feriti”. Nello Stato dell’Orissa, una drammatica serie di attacchi anticristiani ha provocato la morte di almeno 38 persone. “Questa ondata di violenza, che ha lasciato tracce di morte e distruzione – conclude mons. Raphael Cheenath - ha anche risvegliato la coscienza dell’umanità in ogni parte del globo. Questa solidarietà universale senza precedenti è davvero un’opera di Dio”.
E’ una vigilia di Natale carica di paura e di tensione per la minoranza cristiana ed indiana, soprattutto quella dello Stato dell’Orissa dove le organizzazioni estremiste indù e un gruppo tribale hanno deciso di organizzare uno sciopero, una serrata generale. Pochi giorni fa, il governo locale aveva vietato la manifestazione prevista per il 25 dicembre e voluta dal gruppo radicale indù per protestare contro il mancato arresto dei responsabili dell’omicidio del leader indù Saraswati, attribuito falsamente ai cristiani e che è stata la scintilla che ha causato le aggressioni di agosto. Secondo i dati della Conferenza episcopale indiana, nelle violenze anti cristiane sono morte 81 persone mentre oltre 22 mila si trovano nei campi profughi del governo ed oltre 40 mila sono fuggiti dal distretto di Kandhamal, l’epicentro dei disordini. Sono state distrutte in tutto 236 chiese, 36 tra conventi, scuole ed istituti religiosi. Nonostante il dispiegamento delle forze dell’ordine e le promesse delle autorità indiane di adeguata protezione, si teme che le proteste possano provocare una nuova ondata di violenza. Nel distretto di Kandhamal e un po’ in tutta l’India, com’era già successo lo scorso Natale, di fronte al dramma dell’Orissa ed anche in solidarietà delle vittime dell’attentato terroristico di Mumbai del 26 novembre, sono state cancellate le tradizionali feste, fiere natalizie che accompagnavano le celebrazioni religiose.
"La mia preghiera per tutte le persone di buona volontà è che questa nuova nascita, questa piccola e fragile nuova vita del piccolo Gesù, incoraggi l’umanità a costruire un mondo ancora più giusto, un’umanità rinnovata con i valori del Vangelo che possa edificare una civiltà dell’amore”. E’ l’augurio rivolto per il Natale da mons. Raphael Cheenath arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, nello Stato indiano di Orissa. “Sono cosciente dei dolori e dell’agonia in cui tanti fratelli e sorelle, cristiani e indù, tribali e dalit hanno sopportato di questi tempi nel nostro Stato”. È giunta l’ora – aggiunge l’arcivescovo all’agenzia Asianews - di mostrare la nostra unità, abbandonare tutto ciò che ci divide e dire ‘basta’ ad una sola voce. Questo Natale – sottolinea il presule – “racconterà ancora una volta la nascita di Cristo a Kandhamal”. “La pace fondata sulla giustizia – afferma l’arcivescovo - non perirà mai: si potrà offenderla, emarginarla per poco tempo, ma alla fine trionferà. Vi supplico di ricordarvi e di pregare per la pace in Orissa, perché la pace possa prevalere nei cuori di tutti coloro che sono feriti”. Nello Stato dell’Orissa, una drammatica serie di attacchi anticristiani ha provocato la morte di almeno 38 persone. “Questa ondata di violenza, che ha lasciato tracce di morte e distruzione – conclude mons. Raphael Cheenath - ha anche risvegliato la coscienza dell’umanità in ogni parte del globo. Questa solidarietà universale senza precedenti è davvero un’opera di Dio”.
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