mercoledì, dicembre 17, 2008
Agenzia Misna - “Il consiglio di amministrazione ha identificato nel settore agricolo in Africa l’area di attività più sicura per realizzare profitti anche nella congiuntura economica attuale”: scrivono così i dirigenti di ‘White Nile Limited’, una società petrolifera inglese che ha deciso di fare dell’acquisizione di grandi estensioni di terreno nella regione del Nilo una delle sue attività fondamentali. Presente anche in Etiopia, Nigeria e Kenya con una serie di progetti controversi, il gruppo ha annunciato il cambiamento di linea alcuni giorni fa: “L’attuale strategia di concentrarsi nei settori del petrolio e del gas naturale – si afferma in una nota – non è oggi nell’interesse degli azionisti. (…) A causa di alcuni fattori al di fuori del nostro controllo, come l’instabilità della situazione politica nel Sudan meridionale e il rallentamento dell’economia mondiale, non è stato finora possibile massimizzare il valore dei beni della società”. Dopo anni di rialzi, culminati in luglio con un record di quasi 150 dollari al barile, le quotazioni del greggio hanno subito un forte calo (alla borsa merci di New York il petrolio quotava ieri meno di 50 dollari); secondo dati diffusi questo mese dall’Onu, d’altra parte, negli ultimi due anni i prezzi dei generi alimentari di base sono aumentati in media del 20%. “Imprese occidentali ma anche russe e cinesi – dice alla MISNA monsignor Antonio Menegazzo, vescovo della città sudanese di El Obeid – hanno mostrato interesse per l’acquisto di grandi estensioni di terreno soprattutto nelle zone al confine con la Repubblica democratica del Congo e l’Uganda: grazie a piogge abbondanti nove mesi su 12, in queste regioni si fanno due raccolti l’anno”. Di recente il direttore generale della Fao Jacques Diouf ha usato l’espressione “neo-colonialismo” per descrivere gli acquisti o i progetti di acquisto di grandi appezzamenti in Africa e in altre regioni del Sud del mondo da parte di società di paesi ricchi ma poveri di terre; a produrre cibo per il mondo benestante sarebbero sempre più i paesi poveri, a spese delle loro popolazioni affamate.


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