domenica, dicembre 21, 2008
Mai così ridotta l'estensione della superficie ghiacciata. Lo scioglimento dei ghiacci è parte di una reazione a spirale che accellera il global warming. Secondo un rapporto dell'US Geological Survey il livello del mare aumenterà molto più del previsto.

QualEnergia.it - L’anno che sta per concludersi, o meglio il periodo da dicembre 2007 a novembre 2008, è stato il più "fresco" degli ultimi otto. A evidenziarlo sono i dati del Goddard Institute for Space Studies della Nasa. Una notizia che potrebbe sembrare buona solo se non si considerasse il contesto: il 2008 è stato comunque il nono anno più caldo dal 1880 (cioè da quando si hanno misurazioni attendibili) a oggi. I nove anni più caldi da quando si raccolgono i dati sono stati tutti nel periodo 1998-2008.

Se il 2008 è stato meno caldo degli anni immediatamente precedenti, inoltre, la spiegazione c’è: è stato un anno che ha visto l’apice de La Niña, la variazione ciclica nel sistema climatico del Pacifico che - al contrario di El Niño - raffredda le acque dell’oceano. Andando a vedere i dettagli delle zone climatiche si scopre così che nell’anno che sta per finire, se da una parte ci sono state temperature relativamente basse per l’oceano Pacifico, gli aumenti di temperatura maggiori si sono concentarati proprio nelle zone glaciali: parti dell’Antartide, Siberia, Artide, Alaska e Groenlandia.

Che le zone glaciali siano quelle che più stanno subendo gli effetti del global warming lo confermano anche i dati emersi nel meeting autunnale dell'American Geophysical Union, a San Francisco. Le estensioni dei ghiacci perenni misurate quest’anno sono le più ridotte da quando si è iniziato a misurarle. Tra Groenlandia, Alaska e Antartide - ha rivelato uno studio realizzato con i satelliti Nasa - negli ultimi 5 anni sono andati persi dagli 1,5 ai 2 mila miliardi di tonnellate di ghiaccio, più della metà delle quali in Groenlandia.

Il problema è che lo scioglimento dei ghiacci è un processo ormai innescato e fa parte di una reazione a spirale che velocizza ulteriormente i cambiamenti sul clima. Secondo gli esperti, i ghiacci marini stanno infatti entrando in una nuova fase nella quale la copertura glaciale diviene così sottile che ciò che succede in termini di temperature durante l’estate o di variazione di correnti incide solo relativamente. Nello stesso momento la riduzione della superficie ghiacciata significa che una grande quantità di raggi solari anziché essere riflessa viene assorbita dal mare che così aumenta ulteriormente di temperatura.

Altro rischio legato al riscaldamento delle zone artiche che potrebbe andare ad esacerbare l’effetto serra, il rilascio di metano intrappolato in idrati intrappolati nel ghiaccio (vedi articolo di Qualenergia.it). Un evento che, come ha spiegato Igor Semiletov della University of Alaska, si sta già verificando in una zona di centinaia di chilometri quadrati nel mar di Siberia orientale, dove sono state rilevate concentrazioni di questo potente gas serra 200 volte superiori alla media.

Tra gli effetti più temuti dello scioglimento dei ghiacci, infine, l’innalzamento del livello del mare, uno degli aspetti maggiormente sottolineati nel report sul cambiamento climatico pubblicato dall’US Geological Survey (vedi allegato). Le previsioni fatte dall’IPCC, secondo lo studio, sottostimerebbero il problema: alla luce dei dati sullo scioglimento dei ghiacci emersi l’aumento potenziale del livello del mare sarebbe anziché tra 28 e i 42 cm al 2100, come stimato dall’IPCC, dai 40 ai 150 cm. Il report rassicura, invece, sul problema del metano valutando come "improbabile un rilascio improvviso” e la possibile interruzione della corrente del Golfo, che secondo l’US Geological Survey non si fermerà, ma si limiterà a “rallentare del 20-25%”.p


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